TikTok fa bene alla musica o la sta definitivamente uccidendo? Sapessimo rispondere con precisione a questa domanda, come alle grandi domande della vita, a quest’ora saremmo diventati ricchi investendo tutto in prodotti ritenuti al loro arrivo improbabili, ma che hanno fatto il botto. Ora starei ai Caraibi a lanciare i cubetti di ghiaccio del mio Negroni ai delfini. Ma qui siamo fantascienza, non scienza. E siccome la fantascienza è un genere letterario, ora vi racconterò una storia. La storia che sto per raccontarvi può essere letta come mera trama, o, seguendo l’esempio della Bibbia e di tante storie tradizionali, come metafora per veicolare un messaggio altro. Quindi quella che state per leggere può essere una storia di un successo folgorante e meritato, arrivato quasi per caso a un certo punto della carriera di una artista di grande talento. O come la metafora di chi, tenendo duro, alla lunga arriva a farsi conoscere da un pubblico vastissimo, l’ostinazione come segno di infaticabile mezzo per arrivare alla meta finale. Volendo, ma qui apriremmo anche la strada a una critica neanche troppo velata alla discografia attuale, quella che ha appaltato ai social il compito di fare scouting, poco importa se nel caso specifico con risultati encomiabili, la si potrebbe anche leggere come una storia velata di frustrazione e di impotenza, una grande artista che per arrivare a essere conosciuta da tutti ha dovuto giocare, e solo col gioco è arrivata al successo, poco conta che sia un gioco fatto alla perfezione. Questi i fatti, poi proviamo a trarre le conclusioni. Serena Brancale è una artista di grandissimo talento. Formazione jazz, pianista e cantanti di primissimo livello, un passaggio veloce da Sanremo Giovani, che l’ha fatta momentaneamente conoscere a un pubblico mainstream, ma poi una carriera rivolta a un pubblico alto, con sperimentazioni che non hanno disdegnato certo il pop, sempre colto, la tradizione, il dialetto napoletano come quello della sua città, Bari. Un nome di culto per chi segue la musica di qualità. Una personalità importante che non ha disdegnato, da che esistono i social, specie Instagram, di spiazzare spesso i propri follower. Donna di bellezza prorompente, infatti, ha spesso giocato sulla propria bellezza, piazzando tra video nei quali ci diletta con suoi pezzi o cover jazz, foto o video nei quali si mostra quasi come mamma, Dio la benedica, l’ha fatta. Un modo ironico per spiazzare, certo, postmoderno quanto efficace. Proprio perché le piace giocare, quindi, dopo aver da poco percorso una sua rilettura di parte del repertorio del grandissimo Pino Daniele, qualche settimana fa Serena Brancale ha proposto un video giocoso, nel quale, in compagnia di Dropkick, un giovane musicista che suonava una batteria elettronica con le dita, ha presentato un suo inedito dal titolo U Baccalà. Un funk brasilianeggiante con un testo molto volgare in barese, il titolo Baccalà, non essendo il tipico modo di preparare il merluzzo piatto tipico della zona, mera scelta fonetica.
Una canzone divertente, certo, ma anche che richiede una notevole preparazione vocale, con tutti quei cambi di tempo, quei vocalizzi, quel rappato così stretto su uno slang barese piuttosto insolito, almeno al grande pubblico. Perché, questa la notizia, la canzone ha incontrato il placet di un grande, grandissimo pubblico. Prima su Instagram e poi su TikTok la canzone sta veleggiando intorno ai dieci milioni di visualizzazioni, molto più che virale. Il video nel quale la nostra scherza col suo collaboratore in auto, cantandola e suonandola, a fare il resto. Viralissimo ovunque, verrebbe da dire. Al punto che la nostra, e come non capirla, ha cavalcato il tutto andando a tirare fuori un’altra canzone, La zia, sempre in barese, sempre su quel genere musicale, andando a rafforzare viralità e quindi successo. A breve Serena uscirà con un album, nel quale questo genere e questo slang troverà, si suppone, grande spazio, andando quindi a capitalizzare quanto fatto fin qui a beneficio di un pubblico molto più vasto di quello che l’ha seguita fin qui. A lato, tanto per andare a mettere altra carne al fuoco, la vicenda buffa di Nina Zilli. La quale, per merito di un suo fan sconosciuto, tale Giuseppe, durante il Festival di Sanremo ha visto la sua Per sempre, di dodici anni prima, divenire virale su TikTok, fatto che l’ha resa di nuovo popolare. La conseguenza è stata l’ingresso del brano in classifica su Spotify, per uno di quei miracoli impensabili a tavolino, il tutto proprio nei giorni nei quali Universal, la sua casa discografica dei tempi, ha deciso di scontrarsi frontalmente con il colosso social cinese, TikTok, imponendo di togliere tutte le proprie canzoni dalla rete. In sostanza, nel momento in cui la sua Per sempre stava diventando virale su TikTok, come in una commedia black, il brano scompariva proprio da quel social, andando però in classifica su Spotify. Strano il suo destino, canterebbe Giorgia, perché il tutto proverebbe come TikTok aiuti le case discografiche, Spotify è molto vezzeggiato dalla Universal, andando in qualche modo a vanificare il motivo dello scontro tra la major e il social stesso. Ora, proviamo a trarre qualche conclusione. TikTok è il male, siamo d’accordo. Un social che propone gare di rutti, gente che si sfila le t-shirt rimanendo a zizze di fuori, senza però farle vedere bene, scherzi e altre cazzate non può che essere il male. Ma come tutti i mali TikTok non viene solo per nuocere, ma se usato bene può servire a far diventare famosa una artista di grande talento come Serena Brancale, per di più non per un video nel quale si sfila la t-shirt rimanendo a zizze di fuori, non che non sia auspicabile, ma con due brani, U baccalà e La zia che sono due perle di bravura e potenziali hit internazionali (i miei figli me le hanno fatte sentire, come se non la conoscessi, provando a farmi l’indovinello: in che lingua canta?, convinti che dicessi portoghese). Nina Zilli, artista Universal, ha visto una sua canzone tornare in classifica dopo dodici anni, alla faccia della generazione usa e getta che ascolta musica di merda distrattamente. Insomma, anche TikTok (e Instagram) ha fatto cose buone, verrebbe da chiosare. Ora fuori le zizze.