Se nella vostra vita non avete fatto altro che cantare le canzoni dei Queen siete delle brave persone e il Signore - o chi per lui - vi ha dotati di buon gusto e gioia per la vita, il che dimostra che siete pure fortunati. Avere delle canzoni da cantare è una grossa eredità personale, perché permette di attingere al proprio ‘sacco’ di consolazione come e quando si vuole. L’arte, si sa, è consolatoria e i Queen hanno prodotto veri e propri capolavori artistici. Se poi si dal caso che abbiate l’occasione di incontrare dal vivo chi questa arte aiutò a regalarla al mondo, essendo uno dei più cari amici di Freddie Mercury, allora siete proprio degli eletti. Ebbene, noi di MOW abbiamo svalicato i confini del mondo mortale e siamo andati a condividere la carbonara più ignobile del mondo con Rudi Dolezal, il deus ex machina dei videoclip leggendari dei Queen. Il che ci pare già abbastanza assurdo, rammentando le parole di una compagna di merenda di gioventù, che avendo saputo del nostro incontro con un famoso attore di Hollywood a Los Angeles e del pollo fritto che ci mangiammo insieme in quell’occasione ci disse, incredula: "Ma co uno così ce vai a magnà er pollo fritto? Ma nun t’ho insegnato gnente?". Ecco, essendo questa tutt’altra occasione e non volendo assolutamente prendere una deriva trash accomunando i due eventi, rassicuriamo i lettori precisando che l’incontro con Rudi Dolezal aveva l’incredibile quanto raro scopo di chiedere a Freddie (tramite Rudi) tutto ciò che avremmo sempre voluto sapere. Effettivamente un fan di Mercury che si rispetti vive addosso lo spirito dei suoi brani immortali e ciò che egli ha voluto lasciare al suo pubblico come un’eredità morale, oltre che artistica. Brani come The show must go on, I want to break free, Don’t stop me now, sono spinte propulsorie al vivere la vita in quel modo ‘wild’ al quale allude Rudi parlando di Freddie. Il messaggio del vivere l’esistenza nella piena, compiaciuta, talvolta sofferta libertà di essere noi stessi, fino alla fine, divertendosi, è qualcosa che rappresenta Freddie pienamente e che vive per sempre nel cuore dei fan.
Certo ammettiamo che effettivamente, non sono poi troppe le curiosità insoddisfatte su Freddie Mercury, oltre a quel che ha voluto celare al pubblico. Sembra che la parabola umana e artistica di Freddie come uomo e come mito del rock ci sia stata personalmente consegnata conclusa, completa, priva di sbavature, così come l’autore della personale pazzesca storia avesse deciso di lasciarci. Nulla di più. E a noi basterebbe, nonostante si sia avvertita l’esigenza, a posteriori, di scavare, indagare, reinventare, fare del personale revisionismo a fatti storici e privati del frontman dei Queen ad uso e consumo speculativo, facendone un film. "Freddie non avrebbe gradito", ci dice Rudi girando degli spaghetti incollati, seduto sotto ad un enorme orso di peluche installato su uno scaffale, accanto ad una colonna di cassette di vino alla sua destra, a proposito di Bohemian Rhapsody a cura dei Queen, "ed io nemmeno ho apprezzato l’operazione di trarre profitto dalla gallina dalle uova d’oro. Io fui invitato alla première mondiale pomeridiana del film ma non lo vidi. Ero l’autore del documentario The untold story e Brian e Roger mi dissero di fare una versione del documentario da far uscire parallelamente al film. Ma Jim Beach mi disse ‘non farlo Rudi, il documentario è così accurato, mentre il film non lo è - ride Rudi -. Tutto ciò che Freddie era non è espresso nel film, la sua immensa generosità e discrezione d’animo con la quale aiutava le persone, la gentilezza estrema e la capacità di intrattenere, solo con la sua personalità, intere compagnie di amici e la precisione ed il perfezionismo con cui costruiva le canzoni. Tutto questo è ciò che la gente non conosce di Freddie, ed il motivo per il quale lui è nel mio cuore". Rudi ce l’ha anche con Mary Austin, che ha venduto ogni oggetto, ricordo, premio appartenuto a Freddie nella proprietà londinese di Garden Lodge. "E’ milionaria – dice – non aveva bisogno di vendere ogni cosa, avrebbe potuto almeno chiamarmi per chiedermi se avessi avuto piacere di avere le fotografie che ci ritraggono insieme e i premi vinti. Alcun museo in onore di Freddie è stato organizzato e tantomeno i Queen hanno riacquistato qualcuno di quegli oggetti".
La cosa che oltre alla musica affascina di Freddie Mercury è probabilmente la sua mente, i suoi pensieri. A cosa pensava Freddie nella sua quotidianità, nei suoi momenti più solitari. Questo è ciò che vorremmo sapere per poterci immaginare almeno un po’ in sua compagnia, possibilmente mentre finiamo la focaccia col prosciutto e la mozzarella insieme a Rudi. "Freddie era una persona vitale, voleva vivere la vita al massimo e più che poteva, organizzava feste strepitose, era uno che prendeva lo champagne e festeggiava. Lui era un bohemien, poteva parlare di tutto: di musica, pittura, di arte cinese e giapponese che amava collezionare, di opera, di musica classica, moda, letteratura, era anche un cineasta. Conosceva un sacco di cose. Io conosco tre Freddie, quello sul palco adorato da migliaia di fan, il Freddie timido, fuori dalle scene e quello spontaneo in un ristretto gruppo di persone. Certo faceva uso di alcool e assumeva droga e molta cocaina, era come una candela che bruciava da entrambe le parti. Viveva molto velocemente. Dieci anni di Freddie erano come venti per altre persone. Ma in termini di ‘buio’, ha sempre tentato di scacciare via i cattivi pensieri. Quando ebbe la notizia di essere malato, ad esempio, non richiamò il suo medico per settimane". Non sembra approfondire, Rudi, la questione intima dei pensieri di Freddie in generale, non allude a cosa in particolare potesse impegnare la testa e il cuore di Freddie a parte la musica, l’amore e la malattia degli ultimi tempi. Di certo la personalità dell’artista emerge più chiaramente dalle pagine del libro di Rudi Il mio amico Freddie. Un ritratto inedito (Sperling & Kupfer) presentato alla libreria Eli di Roma in via Somalia insieme allo scrittore Massimiliano Parente, tanto fan dei Queen da aver scritto un libro dal titolo Volevo essere Freddie Mercury. In questa sorta di ultimo testamento redatto dal suo intimo collaboratore e amico, vi sono infatti interi pezzi di vita condivisi, aneddoti, ricordi, interviste personali inedite, video di canzoni celebri girati insieme. Sono trentadue i videoclip diretti da Rudi per i Queen, tra i quali Friends will be friends, The show must go on, Under pressure, Innuendo, One vision, I’m going slightly mad e These are the days of Our Lives, veri capolavori immortali. "Ma non ho mai voluto parlare di aspetti troppo intimi della persona di Freddie. E non mi riferisco alla sessualità. Ho scritto questo libro prima che la mia mente cancelli ogni cosa e io passi a fare altro – spiega - un giorno io sarò molto lontano ad occuparmi dei miei ragazzi e di me stesso, a fare le cose che amo fare e che a lungo non ho fatto. La gente mi ha sempre fatto centinaia di domande riguardo Freddie Mercury ed io ho pensato di dover consegnare ormai questi ricordi, prima che possa dimenticare qualcosa, metterli da qualche parte prima che me ne vada anche io, prima o poi". Rudi accenna alla difficoltà di adempiere al compito, ai tempi della morte di Freddie, di dover tracciare un ricordo pubblico del suo amico. Dopo un lungo momento di buio disperato, l’eredità umana e morale del genio dei Queen irruppe in soccorso esplodendo come in vita. "Cerca di essere sempre il migliore", gli avrebbe detto Freddie, "divertiti". L’attitudine di celebrare la vita come cosa estremamente preziosa e in nome della quale erano stati festeggiati i compleanni del frontman nel modo più memorabile e grandioso, ricordò a Rudi l’urgenza di asciugare le lacrime ed uscire dal black out.
Per quanto riguarda il rapporto di Freddie con la religione, pare che non andasse in chiesa, non ne parlasse mai e tantomeno parlasse di Dio. L’omosessualità, che non era lontanamente concepita nel credo religioso dei suoi genitori, essendo peccato mortale e ancor più nell’isola di Zanzibar ove nacque, non era un tema ricorrente. Freddie ebbe molti partners, certo, e solo negli ultimi tempi della sua vita Jim fu l’unico e il solo e Freddie lo presentava agli altri come "suo marito. Non ha mai neanche pensato di sedurmi, eravamo amici", dice Rudi sottolineando la sua schietta propensione per il femminile. Freddie era molto ‘wild’, ama ripetere Rudi, "ma ho in mente tante serate insieme a guardare Miami Vice alla tv, giocando a Scarabeo, che amava parecchio". Rudi parla a ruota libera di Freddie saltando di palo in frasca e raccontando il suo modo di organizzare gli eventi a Londra meticolosamente, assegnando i posti a tavola ai suoi invitati personalmente. Ricorda di essere stato seduto al tavolo tra Rod Steward e Elton John, in un enorme convivio organizzato da Freddie, parlando di una band che avrebbe dovuto chiamarsi Denti, quelli di Freddie, Orecchie, quelle di Elton John e Nose, quello di Rod Steward- ride- e di essere stato introdotto quindi nel Gotha del rock. "Freddie mi ha aperto molte porte nella storia del rock". Rudi racconta di quando Freddie era triste perché la relazione con un suo boyfriend finì, sebbene ognuno di loro parlasse un’altra lingua e non sapessero come capirsi. "Certo a letto non serve parlare la stessa lingua, ma era molto divertente quando cercavano di comunicare tra loro e lui soffrì quando il suo ragazzo lo lasciò. Ma era anche molto promiscuo e credo che nel mondo gay questo sia frequente e normale". Rudi racconta di uno degli incredibili party quando, girando One vision, Freddie ebbe l’idea di di dipingere totalmente il club che li ospitava a tema black and white, ordinò una torta strepitosa dalla quale avrebbe dovuto uscire, ma al momento topico lui era totalmente fuori di sé e non riuscì nell’intento, perché qualcuno aveva messo nel suo bicchiere qualche droga pesante. Come al solito voleva essere certo che ognuno avesse del ‘good time’, ma fu l’unico che non lo ebbe. "La cosa tragica è che tutti gli uomini gay che erano a questo party morirono di Aids, eccetto uno. Un momento tutti sono nel pieno della gioia e un attimo dopo realizzi tristemente che non ci sono più". Rudi ricorda l’assoluta stupidità del proprietario del locale, che decise di ripristinare lo stato originale dell’arredo dopo la festa, mandando all’aria guadagni esorbitanti, se solo lo avesse lasciato come Freddie lo volle per il suo sua party esagerato. Rievoca uno dei doni ricevuti dal cantante, "una enorme cassa del migliore e più costoso champagne in circolazione". Parla della convivialità e dell’entusiasmo di Freddie nell’ incontro con Monserrat Caballé, della passione per la cucina inglese semplice della mamma e al contempo della raffinatezza dei suoi gusti quando frequentava i ristoranti, essendo un vero gourmet. Riguardo gli ultimi tempi della vita di Freddie, Rudi spiega che Freddie che non aveva voluto parlare della malattia per paura che la stampa inglese lo avrebbe distrutto e per il timore di perdere gli amici. Ormai aveva deciso da tempo di non prendere più le medicine, che all’epoca avevano ancora effetti collaterali molto pesanti, sapendo, li a Montreux che la fine sarebbe arrivata in qualche mese. Decise così di mollare. Racconta che è morto tra le braccia di Peter Freestone, un amico di entrambi, e Peter gli disse che proprio negli ultimi momenti, mentre vedeva e rivedeva tre video, Radio Gaga , I want to break free e I’m going slightly mad, Freddie continuava a ripetere "questo è un vero capolavoro". Ogni fotogramma racconta una storia. Se Freddie fosse vissuto un anno di più forse oggi sarebbe ancora vivo – dice - visto che nuove medicine per l’Aids furono disponibili. Suo marito Jim Hudson, affetto da Aids ha infatti vissuto fino a qualche anno fa. È arrivato il momento del caffè e di lasciare Rudi alla presentazione del suo libro in giro per Roma, con la promessa di un ritorno in Italia molto presto per organizzare nuovi incontri. Mentre ci firma la nostra copia personale de Il mio amico Freddie con il suo classico mantra ‘Love and respect’, Rudi accenna anche alla sua simpatia per Gianna Nannini, per la quale ha girato i videoclip delle hit più famose, come I Maschi, Bello e Impossibile e Un’estate italiana. Racconta di Falco, che ebbe successo in Italia con Rock Me Amadeus, di cui narra la morte improvvisa nel libro. Certo l’artista che più ha reso speciale la vita di Rudi è Freddie, nella stessa maniera in cui forse ha reso speciale la nostra. "Lui è immortale per la sua innata capacità di convincere la gente grazie alla forza della sua intensità e del suo carisma. A quel suo essere un gigante dinanzi alla folla oceanica del suo pubblico, così timido, fragile ed umano in privato e tanto ‘wild’ tra pochi amici. Senza dimenticare la potenza straordinaria della sua voce". Tutto ciò fa di Freddie Mercury una rockstar che la gente non vede – e non vedrà più - per molto tempo ancora.