L’ispettore generale di Nikolaj Vasil’evič Gogol’ è in scena al Teatro Carcano di Milano per la regia di Leo Muscato, con un frizzante e inedito protagonista: Rocco Papaleo. Il celebre attore e regista lucano interpreta infatti il ruolo del severo quanto maldestro podestà, al fianco di un buffo Daniele Marmi nel ruolo di Chlestakov. L’ambientazione della commedia è quella di una remota provincia russa di inizio Ottocento, in cui ad un tratto, a sorpresa, gli abitanti si trovano a dover affrontare l’arrivo di un importante funzionario della capitale, mandato a ispezionare le loro attività amministrative e soprattutto, incaricato d’indagare proprio sull’operato del podestà, ovvero il sindaco del paese. L’azione si sviluppa intorno ad un assurdo e improbabile equivoco dal gusto tipicamente gogoliano, che vede due sempliciotti proprietari terrieri, Bobčinskij e Dobčinskij, scambiare un giovane squattrinato alloggiato alla locanda del paese, Ivan Chlestakov, per l’importante ispettore in arrivo da Pietroburgo. Così, in breve tempo, tutti gli abitanti del paese, ignari dell’equivoco, si presentano al cospetto di Chlestakov porgendogli omaggi, offrendogli ogni sorta di servigi e soprattutto, ricoprendolo di una quantità infinita di mazzette, con l'intento di corromperlo per cercare di nascondere tutte le irregolarità presenti presso gli uffici e gli enti pubblici del paesino. Quindi in sintesi, si tratta di una storia di maldestri tentativi di corrompere le autorità, e forse proprio per questo, è una storia senza tempo, in grado di sbalordire, quanto di far sbellicare dalle risate. Lo spettacolo, in scena al Teatro Carcano dal 28 novembre al 3 dicembre, mantiene pienamente lo spirito assurdo gogoliano, aggiungendo però un'importante dose di modernità, con battute che fanno simpatia, e talvolta pungenti e inaspettati rimandi comici al nostro presente.
Quando si parla dell’arrivo del temibile ispettore generale nel paesino, per esempio, una volta inscenato l’equivoco che fa scambiare a tutti il povero e squattrinato Chlestakov per l’importante funzionario pietroburghese, si allude al fatto che non può che essere proprio lui, il funzionario, del resto si parla di uno che “mangia, non paga, non fa niente tutto il giorno, non può che essere un funzionario!”, con un qualche beffardo richiamo forse all’odierna classe politica, fino a una citazione ben più esplicita messa in bocca a una povera vedova contadina, fatta frustare dal podestà, che si difende per i suoi crimini dicendo “abbiate pietà di me, io sono una donna, sono una madre…”. Pausa. Una pausa che rende ancora più ovvio il riferimento. La scenografia di Andrea Belli e gli splendidi costumi di Margherita Baldoni ricreano una magnifica e glaciale atmosfera tipicamente russa: tra colbacchi e montoni, tra bicchierini di vodka e parole russe buttate qui e là, l’assurdità la fa da padrone, con un malinconico e intimo fioccare di neve, che ricorda a tutti gli effetti le remote e fredde terre russe. La brillante comicità di Rocco Papaleo anima l’affezionatissimo pubblico per oltre 90 minuti e tra chi ride e non riesce a trattenersi, e chi invece prova segretamente a scattare una foto, nella penultima messinscena di sabato 2 dicembre, a fine spettacolo la compagnia ha perfino deciso di omaggiare il pubblico scendendo tra le poltrone in una sorta di animata danza, a ritmo di musica e battendo le mani, in un tripudio di applausi. Lo spettacolo, dopo l’esperienza milanese al Carcano, sarà in tournée in giro per tutta Italia fino febbraio 2024, con numerose date fra Verona, Livorno, Torino, Padova, Genova, Venezia e molte altre città italiane. Un inno al teatro, dunque, e in particolare a Nikolaj Vasil’evič Gogol’, con uno dei più grandi capolavori mai scritti della drammaturgia russa. Una pièce con un intreccio curioso, che prendendo in giro le figure caricaturali di una sperduta cittadina della provincia russa, ci mostra, nei loro gesti, tutti i vizi più assurdi e meschini dell’uomo, nascondendo una piccola, velata, ma anche sinceramente provocatoria, denuncia sociale contro gli imbroglioni e i farabutti. “Di che ridete? Di voi stessi ridete!... Eh, voi!... Lo so io che farei a tutti questi imbrattacarte! Scribacchini, maledetti liberali! Figli del diavolo! Farei di tutti voi un bel fascio, vi ridurrei in polvere, vi manderei all’inferno, a incontrarsi a tu per tu col diavolo!... (…) È proprio vero che se Dio ti vuole punire, per prima cosa ti priva della ragione…” . (Da L’Ispettore (1832-1836) Atto V, scena VIII, in traduzione di Serena Prina, Feltrinelli).