Mentre sono sulla 90, autobus mistico per chi abita a Milano, con la sua fauna variopinta e profumata, e ascolto la mia playlist molto poco punta, penso alle parole che il direttore di MOW, Moreno, mi ha detto quando ancora ci conoscevamo da poco: “Tu sei una punk vestita bene”. Ho sempre pensato di aggiungerlo alla mia bio di Instagram. Subito dopo mi viene in mente l’adesivo “Being kind is punk” che ho attaccato un po’ ovunque: sul pc, sull’agenda, in un ristorante vicino casa. L’ha fatto una mia cara amica, che è davvero punk, a differenza mia che sono più una poser (devo, tristemente, ammetterlo). Il viaggio alle 19:30 sulla 90 è per raggiungere, in un lungo lunedì lavorativo che sembra non terminare mai, il concerto de La Sad all’Alcatraz. Arrivata, mi rendo conto che ci sono molti più “punk vestiti bene” di quello che si possa pensare. Tra il pubblico c’è persino un bambino, con mega cuffioni per evitare che si spacchi i timpani e ricordi per sempre questo concerto, ma nel modo sbagliato. I suoi genitori sono davvero punk. Se mai avrò dei figli, voglio portarli anch’io ai concerti, magari anche de La Sad.
Quello a cui assisto, insieme al (numerosissimo) pubblico dell’Alcatraz, è uno show che dimostra che è proprio quando dicono “punk never dies”. E i punk puristi a leggere queste parole verranno a cercarmi e a riempirmi di insulti. Ma è la verità: La Sad è mucho punk. C’è un po’ di tutto: rutti, preservativi che volano, cartine lanciate al pubblico perché “in questo paese è ancora illegale la marijuana” e “Matteo Salvini non è un bimbo sad” (non lo dico io, lo dice La Sad). C’è persino Don Punx, che ci benedice tutti e ci ricorda di andare a messa la domenica alle 8 del mattino. Se mai dovessi essere sveglia a quell’ora, è molto probabile che abbia di meglio da fare. Così quei “tre tossici che dovevano essere squalificati (da Sanremo ndr.) e invece hanno cambiato l’Italia” portano a casa uno show di quasi due ore in cui succede veramente di tutto. Ovviamente, con tanto di ospiti: dai bunker44 a Dario dei Dari (e qui è resuscitata la me adolescente), fino a Naska. C’è persino il “Sad Quiz”, anche rinominato “Chi vuole essere sadonario”, con tanto di partecipanti dal pubblico e tre premi, tra cui una vaschetta di sushi, il vero piatto tipico di Milano. È tutto così assurdo, sopra le righe, folle, da essere davvero punk.
Ma il vero premio per i più punk non lo vincono i La Sad, ma Giulia, una fan presa dal pubblico per cantare “Summer Sad 3”, che tra lacrime e abbracci, è la vera star della serta. E tra un “viva la diversità” e qualche frase che non riesco a comprendere del tutto (sarà la stanchezza), la verità è che è proprio vero che “being kind is punk”. Perché dietro quell’aria da scappati di casa, Theø, Plant e Fiks sono più punk di tanti altri che provano a fare la vita da rockstar “ma poi hanno tre infarti” (e qui la cit è a un altro che ha “riportato” il punk in Italia, Naska). Questi sono i concerti che ci piacciono: c’è casino, ci si diverte, si stacca davvero la testa per un paio d’ore. Non pensi a niente, e non perché sei vittima di una qualche specie di lobotomia, ma perché sei libero, non ti senti giudicato e quello che hai accanto non ti guarda come se fossi uno stron*o, ma come se fossi un fratello.