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Siamo stati all’ultimo concerto di Mahmood all’Unipol Forum di Milano, ma com’è stato? Un sogno lucido tra musica, danza e identità. E sul coreografo Carlos Diaz Gandia e le hit nel finale…

  • di Giuditta Cignitti

  • Foto di Walter Coppola

26 maggio 2025

Siamo stati all’ultimo concerto di Mahmood all’Unipol Forum di Milano, ma com’è stato? Un sogno lucido tra musica, danza e identità. E sul coreografo Carlos Diaz Gandia e le hit nel finale…
Con lo show all’Unipol Forum di Assago si è chiuso il “Nei Letti Degli Altri” Tour di Mahmood, ultimo atto prima di una pausa dalle scene. Un concerto diviso in tre atti, tra sogni e coreografie millimetriche, che racconta chi è Mahmood oggi. Niente ospiti, solo rigore, estetica e sudore. Un commiato teatrale, intimo e sensuale

Foto di Walter Coppola

di Giuditta Cignitti

Con la data di ieri all’Unipol Forum di Assago si è concluso il N.L.D.A. (Nei Letti Degli Altri) Tour di Mahmood, che così ha salutato il suo pubblico prima di sparire dalle scene. Lo aveva dichiarato al Messaggero, “È da due anni e mezzo che non mi fermo. Voglio scrivere nuove canzoni. Ma per farlo, devo vivere esperienze inedite, mettermi alla ricerca di nuovi stimoli.” Lo spettacolo che ha preparato per questo commiato è una fotografia delle sue abilità e della sua storia. La struttura tripartita, in tempi, costumi e scene ben definite aiuta a districarsi nel mondo di Mahmood, che è una commistione tra underground, pop e cantautorato. L’avventura di Mahmood parte nello studio di un dentista dove, a causa dell’anestesia, si addormenta e inizia a sognare, immaginando di intraprendere un viaggio, che lo porterà al terzo atto dello show fra le nuvole del cielo, in una sòrta di pace simbolo della sua evoluzione. Un elemento distintivo delle esibizioni di Mahmood sono le coreografie, questa volta affidate all’ormai famosissimo Carlos Diaz Gandia, diventato virale su TikTok per la coreografia di "Chiamo io chiami tu" di Gaia Gozzi. La danza per lui non è solo un supporto scenico, ma un linguaggio che gli appartiene visceralmente e che sfrutta allo stesso modo delle parole e della voce. Il sensazionalismo che in altri casi viene rincorso con un affollamento di ospiti qui viene rimpiazzato dal rigore matematico delle coreografie e dall’ordine della geometria. Nelle strutture ma soprattutto nei giochi di luce sono i triangoli e le piramidi le forme ricorrenti. Mahmood svela le sue radici egiziane nella scenografia così come nei costumi. Per il terzo atto, infatti, si presenta a petto nudo con solo dei pantaloni in chiffon rosso e un turbante con una coda che volteggia per tutto il palco come una lingua di fuoco.

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Se nell’esecuzione delle canzoni Mahmood sembra un essere sovraumano irraggiungibile, quando dialoga col pubblico torna un comune mortale come tutti, non nascondendo l’affetto e la gratitudine per i suoi fan. C’è chi ha assistito a tutte e cinque le date del tour e chi brandisce cartelloni con richieste di ogni tipo, come quella di Teresa che viene esaudita quando Mahmood la chiama sul palco per un abbraccio. Tra i momenti più emozionali e quelli più intimi da solo al pianoforte, non mancano gli intermezzi più ritmati, in cui vengono ricreate le atmosfere dei club, per non dire dei rave. L’intento era proprio quello di dare una veste teatrale allo spirito animalesco delle feste notturne, che Alessandro vive e racconta nei suoi pezzi. Si lascia le hit per il finale, appena parte “Soldi” scende sottopalco e sfila per tutto il contorno, tra bandiere della Sardegna (ha origini sarde) che gli sventolano davanti e selfie a tradimento, incontra anche Stefano de Martino, presente in prima linea. Con “Tuta Gold” invece saluta e ringrazia i fan e lo staff, che gli corre incontro, compresa la mamma che si si congratula con lui, come ci fa sapere in diretta, “Mamma mi fa i complimenti sul palco. Bravo!”.

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