Se si dovesse premiare il film più brutto alla Berlinale quel film sarebbe Spacemen. Presentato nella sezione Berlinale Special, Spaceman è un mash-up indegno tra Solaris di Tarkovskij, E.T., Dark Star di John Carpenter e una puntata dei Teletubbies con uno sfondo grafico simile al Windows Media Player dei primi anni zero. In un periodo indefinito, con una missione imprecisa, l’astronauta emo e depresso Jakub (Adam Sandler) continua a pensare ai problemi coniugali con la moglie Lenka (Carey Mulligan): è sicuro che il suo matrimonio stia andando in pezzi e, in effetti, è così. Lenka prova a mandargli un messaggio intercettato da Tuma (Isabella Rossellini), il capo di Jakub, impaurita che una brutta notizia possa compromettere la missione del suo astronauta. A sorreggere il film insieme all’accento finto ceco di Jakub c’è il mostro spaziale Hanus, non bello come l’alien beachball di Carpenter, somigliante a un ragno gigante, doppiato da Paul Dano, che si rivolge all’amico Jakub con voce melliflua e facendogli da badante appellandolo col nomignolo di ‘Skinny human’. Jakub è lontano da casa da sei mesi ma deve studiare una nebulosa dai colori viola chiamata Chopra Cloud, missione importante quanto rarefatta che lo porta nella solitudine dell’astronave a riflettere su stesso e sul matrimonio. Al regista Johan Renck, al suo secondo lungometraggio, non interessano molto i dettagli di questa missione, ma l’amicizia tra il ragno e l’astronauta, così come la crisi coniugale dell’uomo; onestamente non c’è molto altro, siamo di fronte a una sceneggiatura talmente scarna che potrebbe andare bene, al massimo, per dei videoclip. Non è un caso che Renck abbia un retaggio musicale più che cinematografico, Spaceman potrebbe essere benissimo un videoclip per un singolo dei Radiohead, o esteticamente una versione minore di un Terrence Malick deteriore.
Tratto dal libro di Jaroslav Kalfar, la trasposizione dello svedese Renck sta a Tarkovskij quanto una squadra di terza categoria può somigliare alla nazionale italiana del ’90. Si sente che l’eccessivo eclettismo di Renck qui non è d’aiuto, ‘troppe idee ma confuse’ che sfociano nel nulla più assoluto. Se avesse avuto il coraggio di prendersi in giro questo film sarebbe potuto diventare l’equivalente cinematografico di Venerdì 12 di Leo Ortolani. Al personaggio di Hanus è dato il gravoso compito di smorzare i toni del dramma: da una Lenka incinta che si sente abbandonata a sé stessa, a un uomo che sta vagando per l’universo in solitudine da troppo tempo, eppure non funziona Hanus. Che peccato sprecare così Sandler dopo Diamanti grezzi e la grande prova che fece in Ubriaco d’amore, ma Spaceman si rivela un pasticciaccio, incapace di diventare il film derisione tra amici, non abbastanza trash per diventare un guilty pleasure. Poco importa sapere che Hanus sia vero, una illusione o il Wilson dello spazio; poco importa sapere come mai la coppia è ai ferri corti e magicamente sembra perdonarsi tutto. Spacemen, d’altra parte dove lei dice che devo lasciare la rai. Ci si chiede perché Max Richter abbia collaborato a una tale operazione catastrofica, ciò che è certo è che non bastano i pochi momenti piacevoli for dummies tra Hanus e Jakub, a tenere su la baracca. c’è Spaceman che si può definire ‘Lost in space’ e speriamo che non ritorni mai più.