Non poteva che continuare così, con l'annuncio del nuovo tour a ridosso del lancio della docuserie sulla sua vita in cinque puntate su Netflix, il Supervissuto. Una scorpacciata a Milano (4 date), d'altronde lo stesso Vasco aveva anticipato l'intenzione di una vera e propria residency a San Siro, e poi anche Bari. Solo le prime date, sia chiaro, di un altro anno dal vivo memorabile. Del resto lui, il Vasco nazionale, si porta dentro tante cose: canzoni, trasgressioni, equivoci, provocazioni, record e via discorrendo. Elementi spesso di segno diverso che hanno finito per sommarsi in un mito intergenerazionale. Che poi è il segreto del successo del documentario in cui non si trascura nulla, discese e risalite, immagini di vita vissuta appieno. Un viaggio in cui (si diceva) è accompagnato da suoi sodali, nel backstage come sul palco, e non poteva certo mancare il suo guitar hero da quasi 30 anni, Stef Burns. Se si cerca su Google “chitarrista” non si finisce neanche di digitare che tra le prime risposte appare proprio lui. “Stavo parlando con la mamma di Jamie (Maddalena Corvaglia ndr), ci organizziamo per la scuola; per qualche settimana l'accompagno io...”. Ci dice, con quel suo accento americano, e finisce per svelarci molto più dei suoi anni col Kom.
Stef, ha già visto la docuserie su Netflix?
“Tutta d'un fiato... fantastica, bellissima. Sapevo tutto, ma raccontato da lui è stato emozionante”.
Si è commosso?
“Ho pianto un paio di volte; quando la mamma l'ha difeso dalle critiche personali di un giornalista, per esempio... e altre fasi difficili. C'ero quando Massimo Riva è mancato, lo aspettavamo alle prove - dov'è Massimo, dov'è, ci chiedevamo... terribile. Per Vasco e il Gallo (Claudio Golinelli) poi era un fratello, la sua scomparsa li ha distrutti”.
C'è un momento del dietro le quinte che ricorda con piacere?
“Eravamo a Los Angeles, per registrare il video di Mi si escludeva, dopo aver finito il disco, e Vasco disse in inglese: ‘you're ready for the tour’. Sei pronto per il mio tour!
Il concerto più memorabile?
“Well, la prima di Rock sotto l'assedio che è il primo raddoppio a San Siro (e anche la mia prima sul palco con lui); un'esperienza incredibile vedere tutte quelle persone cantare in coro ogni pezzo…”.
Non aveva capito il fenomeno.
“L'ho capito nel tempo, il modo in cui canta, quello che canta, tocca il cuore di tantissimi”.
Che dice del suo rapporto coi fan?
“Incredibile, puoi immaginare che so Elton John accoglierli sotto casa? Vasco è grato alla gente, è questa la prima lezione che mi ha dato”.
Cioè?
“Si fa presto a dire: capita di essere stanchi dopo un concerto e voler andare subito a riposare e invece c'è chi aspetta per un selfie o autografo; la tentazione è quella di svincolare, ma l'esempio di Vasco è mettersi nei panni dei fan, del resto siamo su un palco grazie a loro, e siamo fortunati per questo”.
Che sapevate del periodo in cui stava male?
“Quel tour del 2010 quasi non lo abbiamo finito, e poi per un anno non abbiamo lavorato, abbiamo avuto paura per lui... per fortuna si è ripreso, mica a caso poi è uscito Cambia-menti”.
In attesa del prossimo tour con Vasco, Stef Burns cosa fa?
“Ho altri progetti paralleli, a cominciare dal disco e live con Heroes And Monsters, insieme a Will Hunt (Evanescence, Vasco Rossi) e Todd Kerns (Slash featuring Myles Kennedy and The Conspirators). Altri concerti con tre musicisti eccezionali quali Fabio Valdemarin, Federico Malaman e Paolo Muscovi. Ancora in programma un altro disco per il prossimo anno, anche se poi le radio non passano…”.
Addirittura.
“Se vuoi passare devi pagare”.
E non siete nemmeno sconosciuti.
“Pensa com'è per gli emergenti, se non hai dietro un'etichetta coi soldi… Ci trasmette solo Virgin Radio, e qualche canale indipendente”.
Gianni Togni la chiamava mafia radiofonica. E X Factor come trampolino del progetto?
“Magari da giudice, forse potrei insegnare qualcosa, e cambiare qualche regola da dentro, no?”