Non ho ben capito perché durante le festività gli italiani si sfidino in quel difficile sport che è lo sfondare porte aperte o, ancora, il friggere l’aria. Alla settima regia (la seconda in un anno) Alessandro Siani con Succede anche nelle migliori famiglie, sembra andare a braccetto, come Dorothy coi suoi amici a Oz, con altri due film usciti nello stesso periodo: 50 km all’ora di Fabio De Luigi e Come può uno scoglio di Pio e Amedeo, che condividono col lavoro di Siani l’eredità di una famiglia disfunzionale, più o meno, di altre. Appurato, come direbbe Carmelo Bene, che sarebbe meglio disfarsi della famiglia (soprattutto se alimenta questo inutile filone natalizio cinematografico) anche qui - come per i titoli sopracitati - c’è la morte di un genitore (il padre Renzo interpretato da un redivivo Sebastiano Somma!) a unire tre fratelli diversi. Davide (Alessandro Siani) dopo la laurea in medicina, schiacciato dall’ombra del padre (anche lui medico), è un volontario della Caritas, mentre Isabella (Cristiana Capotondi) è una psicologa di successo, così come Renzo (Dino Abbreccia) è un ottimo avvocato, o così pare. Davide e i fratelli non sono che la risultante malata di una vita fatta di irrazionali aspettative paterne, dove solo Davide sembra slegarsi dalle tipiche bugie che ereditiamo e ci induciamo l’uno all’altra in famiglia. Buttare giù le maschere, togliere i filtri, emergere per ciò che siamo, merde o meno ma nella purezza del nostro essere: Siani voleva raggiungere questo in meno di 80 minuti perché, si sa, nell’epoca dell’endless scrolling dei social, chi ci va più al cinema?
Io non so che film abbiate visto voi che citate Woody Allen o le slapstick comedy, ma la prova sottotono della Capotondi, e non solo, è ciò che s’intende quando la sceneggiatura non funziona e trascina tutto con sé. Se il tempo comico è forzato, il film risulta una forzatura anche per degli interpreti che hanno conosciuto giorni migliori (a confronto Come tu mi vuoi è un film di Blake Edwards, e lei, Cristiana, Katharine Hepburn). Neanche la madre a lutto Lina (Anna Galiena), pronta a risposarsi con Angelo Cederna (Antonio Catania), amico di vecchia data e primo amore, nonché un eccentrico lupo di mare, riesce a dare la spinta al film, nonostante gli innocui colpi di scena. Il messaggio ‘Nessuno è perfetto’ tanto ben esplicato in A qualcuno piace caldo, qui poteva essere una dolcissima e banale consolazione per un pubblico stanco di menate (lo scrivo di proposito) intellettuali come Perfect Days, e quei film che devono piacerti per forza. 4′33″ di John Cage. Questo film poteva anche essere un modo di liberarsi da quella tortura praticata unicamente in famiglia -soprattutto durante le feste- di far cadere sui più giovani il giudizio morale, umano e tecnico dei membri più vetusti che hanno delle aspettative assurde, come l’Unione Sovietica quando decise di mandare un cane a orbitare intorno alla terra. C’è chi dice, forse per dare un pat-pat sulla testa al regista de Il principe abusivo, che la commedia ha bisogno di equilibrio e da qui la breve durata del film per un pubblico con deficit d’attenzione. Ebbene, vorrei ricordare a chiunque abbia citato Howard Hawks in relazione a Siani che una delle commedie (nello specifico quella di genere screwball) più riuscite della storia del cinema, Bringing Up Baby (Susanna in Italia), dura all’incirca 102 minuti. Succede anche nelle migliori famiglie dura invece 77 minuti (di troppo). Speriamo che il prossimo lavoro di Alessandro Siani sia l’equivalente cinematografico di 4′33″ di John Cage.