Il cantautore è finito nelle news con due finti incidenti motociclistici, a Roma e a Milano, per promuovere il nuovo album in uscita. Anche se le notizie oggi volano al ritmo del web, le immagini sono rimaste online abbastanza da creare interferenza cognitiva con il terribile lutto di Luca Salvadori. Brutte coincidenze: non è nostra intenzione prendercela col coccoloso Tananai, anche se il popolo social si è già indinnnniato per la faccenda biglietti, ne abbiamo parlato qui, ma il Tana si è servito ancora una volta del “guerilla marketing”, e quando si fa, il rischio reputazionale si mette in conto. Il “guerilla marketing”, così chiamato dal 1984 quando Jay Conrad Levinson pubblicò (indovinate?) Guerilla Marketing vendendo 21 milioni di copie, prende il suo nome dall'utilizzo di spazi non convenzionali per la pubblicità, e sta al marketing tradizionale esattamente come la guerriglia sta alla guerra. Nasce con la consapevolezza che la marca o il personaggio promosso corre un certo numero di rischi, che sono la moneta di scambio per raggiungere una maggiore attenzione con iniziative inaspettate, spesso attivate nelle città più affollate e in posizioni visibili. Danni di immagine, rischi finanziari e legali dovuti a imprevisti o sanzioni, reazioni negative dovute a cattiva interpretazione o offesa per certe categorie. Per fare alcuni esempi, nel 2023, e ne abbiamo parlato qui, Zara ha presentato la modella Kristen McMenamy in posa in una scenografia che richiamava macerie e presentava statue senza arti coperte da lenzuoli, ad è stata subito associata alle scene di distruzione a Gaza. La campagna ha portato ad appelli al boicottaggio e a proteste fuori dai negozi in paesi nordafricani. Ovviamente il progetto era stato concepito prima e doveva rappresentare sculture non finite nell'atelier di uno scultore, ma, malgrado la spiegazione, per via dei bias cognitivi per cui le smentite contano sempre meno delle notizie, la campagna è stata ritenuta ancora offensiva ed è stata poi ritirata. Nel 2017 Airbnb è stata protagonista di un infelice e-mail marketing intitolato “Un mondo che galleggia” dal sottotitolo “Vivi sopra le acque”, promuovendo abitazioni sospese sull'acqua e ade essa legate con il titolo “Floating homes, waterfall slides, & more reasons to travel,” peccato che i destinatari fossero anche Houston fra le vittime dell'uragano Harvey che aveva causato nove morti.
Non si contano i cattivi posizionamenti di banner pubblicitari, pubblicati tramite sistemi automatici sui siti, a fianco di notizie che rendono come minimo ridicolo ma al peggio imbarazzante l'accostamento. Il povero Tananai non ha certo colpa per aver scelto in tempi non sospetti la scena dell'incidente motociclistico come modalità per attrarre l'attenzione, ma è certo che nel minestrone visivo e cognitivo del web e delle notizie, l'urto allo stomaco di chi sta soffrendo un lutto diretto o indiretto come quello della tragedia di Luca è fuoco amico rispetto alla pura scarica di serotonina che si spera di generare con un'iniziativa che incuriosisce e carica i fan del desiderio della scoperta e della novità. Niente contro il cantante e i suoi consulenti, ma è un caveat per chi sceglie questi territori senza seguire uno dei semplici comandamenti del marketing, cioè "non offendere". È ancora più difficile in un territorio come quello del "guerilla" o "ambush" marketing come a volte viene chiamato, e i termini di origine bellica fanno capire come sia sottile la linea fra il buonismo e la volontà di stuzzicare e magari indignare, ma se insceni un incidente, fai riferimento a un ambito semantico che non è scollegato dai temi del dolore, della negatività, del lutto in casi estremi, e devi mettere in conto eventuali ritorni negativi. Certo, chi vive su due ruote vive nella consapevolezza del rischio, ci fa i conti tutti i giorni, e immagino che Luca, che purtroppo non ho conosciuto, avrebbe sicuramente fatto i complimenti a questa trovata promozionale. Già, avrebbe. Peccato che chi lo piange non credo riesca a collegare sentimenti positivi all'immagine di una moto a terra. Stiamo chiedendo solo pubblicità tradizionali da mulini bianchi? Certo che no, la pubblicità è talmente irritante per definizione, che il sentimento per chi ci fa sorridere o stupire davanti alla promozione di un prodotto non può che essere la gratitudine. Forse stiamo avvertendo chi la fa, la pubblicità, di considerare sempre che dietro certe storie che hanno un po' di forza emotiva ci possono essere vittime o persone che soffrono e, anche se una tragedia non può essere prevista, l'utilizzo di certi argomenti rispetto ad altri che catalizzano lo stesso livello di attenzione potrebbe essere considerato. Tananai, torna in sella, tu che puoi, e guida responsabilmente anche le tue campagne.