Di cosa parliamo, quando parliamo sui social, citando Raymond Carver, morto decenni prima che la malattia del “devo dirlo anche io, per prendere dei Like” diventasse eterna quotidianità? Poche ore dopo il Capodanno vediamo emergere delle vibrazioni stanche. L’algoritmo del nuovo anno mi porge un reel di Francesco Sarcina in un video da lontano, condiviso da un qualcuno così boomer da riprenderlo in verticale. Anche lui si scaglia contro il nuovo e indiscusso Cavaliere, colui che cerco di non nominare per non dargli ancora più importanza. Perché tutti ne parlano, anzi ne sparlano. Succedeva anche al trapper di Arcore. Più quelli della bolla progressista si indignavano più il suo ologramma si stagliava, sempre più reale, sopra a tutti noi. E allora la ex star capelluta di inizio anni Duemila si erige dall’oblio e lo “sbeffeggia” da un palco a dir poco marginale: fa la battuta del supermercato Esselunga e più va avanti nel suo dissing di periferia, più vorresti essere un suo amico e consigliare anche a lui di non nominarlo: “Francesco, lascia perdere che ci fai brutta figura e sembra che rosichi”.
Purtroppo va così, da quando esiste questo perenne e istantaneo presente, decretato dai social: conta solo la luce e quanti numeri hai e se osi dissentire, vieni messo alla gogna e sfiguri. Lui, il riccioluto romano dei quartieri alti, è il fenomeno del momento, grazie soprattutto ai detrattori. Più li provoca, più loro debbono criticarlo, denunciarlo e censurarlo. Non ho mai sentito un suo fan decantarne delle presunte qualità artistiche: a lui per primo credo freghi una sega. Vedo solo goffi tardo-hater che lo rinnegano a priori, nel nome della vera musica pre-autotune, del solfeggio, dei Ramones e della Pfm, conferendogli dunque un’anima e nuova linfa digitale. E quindi la mia unica matematica chance è non nominarlo e al limite alluderne per dovere giornalistico. Comincia per Tony ed è pure Little di statura e probabilmente, se la sua apatia per gli sfigati senza numeri come il sottoscritto superasse le prime venti righe di questo articolo, mi segnerebbe nella agenda nera, anzi verde Gucci. Dovrei stare attento a fare del body-shaming contro di lui: prende lezioni di Mma, ormai deriva borghese equivalente al karatè che tanti rampolli agiati praticavano negli anni Settanta. Così furbo e caustico Little Tony tre punto zero. Se mai mi leggesse, mi ignorerebbe, considerandomi dinosauro, alla stregua della definizione che ha conferito al sindaco di Roma col suo chitarrino. Non ho altro da dire, oltre che vivi e lascia vivere sui reel altrui. È uno sforzo zen, ma bisogna accettare le propria mancanza di luce su questo mostro touch-screen ed evitare di propagare la propria insignificante opinione su qualcosa di totemico, quando noi singoli che ci riteniamo differenti non possiamo avere influenza su di loro: ogni volta che cadiamo in questa ingenuità, diamo muscoli a questi nuovi personaggi coi tatuaggi, bravi a porgersi dai balconi per essere ammirati dalla massa eccitata dal sangue di marca. Mentre scrivo sto ascoltando i mitici Television di Tom Verlaine. Non è importante se molti di voi non li abbiano mai conosciuti. Anzi è meglio così, in un universo laterale sono già degli immortali, come anche il povero Benvegnù, musicista italiano ascritto alla cosiddetta nicchia, morto la sera del 31, reso celebre solo ora dai brevi coccodrilli dei media generalisti, sempre pronti a ingolfarsi delle gesta a tavolino di ogni ennesimo nuovo mostro dello show-biz . Non ci sono più significati, in questa epoca che decreta nuovo passato, dopo sole 24 ore dall’accaduto. E ora l’algoritmo mi porge la folla degli uligani Akbar di terza generazione che in piazza del Duomo dileggiava la percezione occidental-cristiana di queste feste: anche loro sono travestiti da Little-trapper atlantici, col kit borsello e giacche a vento che aspirano ad essere Blauer, se non Moncler, e quindi già inglobati e sconfitti, nonostante i loro cori gutturali e le arcaiche bandiere dalle mezze lune. Tutto così prevedibile, noioso e futile. E mancano solo 365 giorni all’inizio del 2026.
Ps: aggiungo solo una postilla speranzosa e citazionista dal film Wild Angels con Peter Fonda: “We wanna be free to do what we wanna do and we nanna get loaded and we wanna have a good time”.