La guerra a Gaza, la dismorfofobia, la micropenia, l'arte, il body shaming e Sharon Stone. Non c'è nessun intruso da eliminare, non siamo la settimana enigmistica. Tuttavia, a leggere questi quattro termini messi in fila, si fa fatica a metterli in collegamento. Eppure, tutto è connesso, e la causa è un'intervista rilasciata da Sharon Stone al Guardian, uno dei maggiori giornali del Regno Unito. Scopriamo come. Sharon Stone non è stata semplicemente un'attrice biondissima, ma ha avuto il ruolo di simbolo generazionale. Il famosissimo gesto di accavallare le gambe ha fatto sì che milioni di persone conoscessero il film Basic Instinct. Anche chi non l'aveva visto sapeva a memoria quel piccolo spezzone in cui l'attrice ruotava le cosce, e in molti sono ancora lì a domandarsi se indossava le mutande o meno. Attualmente Sharon Stone non recita più, e come altri attori si è dedicata alla pittura. Come si legge nell'intervista, Sharon Stone, che ha 66 anni, ha iniziato a dipingere durante il Covid, quando un'amica le ha regalato un libro di pittura numerica. L'attività artistica le piace così tanto che, tre anni dopo, arriva a dedicare fino a 17 ore al giorno alla pittura. Attualmente espone i suoi quadri, e ha una mostra personale in una galleria di Berlino, più un'altra inaugurazione a San Francisco, in America, il prossimo mese. Il dubbio è legittimo: avrebbe ottenuto lo stesso spazio nelle gallerie d'arte se non fosse già stata un'icona del cinema? "Probabilmente no", ammette Stone, "ma sarei più valorizzata se fossi morta. Se c'è la possibilità di un'aspettativa di vita più breve, è un vantaggio per le artiste donne." Anche per gli artisti maschi, aggiungeremmo. È una regola del mercato artistico. Ma Sharon Stone si reputa un'artista libera. Crea arte per l'arte, e non per il mercato. E a questo proposito, nell'intervista, c'è spazio anche per una polemica con Johnny Depp.
"Johnny Depp sta stampando foto di persone, ci aggiunge un po' di vernice sopra, le firma e si fa una fortuna", dice. (Due anni fa, la collezione d'arte d'esordio di Depp, "Friends and Heroes", composta da 780 serigrafie di personaggi del calibro di Elizabeth Taylor, Bob Dylan e Keith Richards, è stata venduta per una cifra stimata intorno ai 3,65 milioni di dollari). "Alcune gallerie mi hanno contattata chiedendomi: 'Potrebbe per favore realizzare delle stampe del suo viso?' Penso che sia mio dovere non farlo. Il mio lavoro è aprire una finestra per le altre donne e tenerla aperta ancora più a lungo." È quello che ha fatto come attrice, dice, ed è quello che sta facendo ora come artista. Aggiunge che chiede 40.000 dollari a quadro, per alcuni dei suoi dipinti, che spesso hanno dimensioni importanti. Poi, la polemica con Johnny Depp si estende fino a investire tutto il genere maschile. "Ricorda cosa ha detto Marilyn Monroe", dice Sharon Stone: "Le donne che cercano di essere uguali agli uomini mancano di ambizione." La citazione è probabilmente apocrifa, ma è ovvio perché le piaccia. I personaggi più intriganti del curriculum di Sharon Stone sono donne ambiziose che non vogliono tanto essere uguali agli uomini, quanto piuttosto prenderli a calci in culo. "Interpretavo personaggi importanti. Stavo accanto agli uomini invece che dietro di loro". Di qui arriva a spiegare perché non ha più lavorato nel mondo del cinema, ed è certo che abbia avuto problemi, ben documentati, con la misoginia di Hollywood: proprio recentemente ha rivelato che durante le riprese del film "Sliver" del 1993, il produttore hollywoodiano Robert Evans le consigliò di fare sesso con il co-protagonista William Baldwin per migliorare la sua performance. Cosa che ad Alec Baldwin non è andata tanto giù, al punto da essere intervenuto per dire che la Stone in realtà è ancora ossessionata da lui. Un motivo chiave per cui è stata meno presente a Hollywood negli ultimi anni, però, è che nel 2001, due settimane dopo l'attentato dell'11 settembre, l'attrice ha subito un ictus causato da un'emorragia cerebrale; un evento che ha ispirato tra l'altro il titolo della sua autobiografia. Ma arriviamo alla polemica vera e propria, unendo i puntini tra i termini che abbiamo citato all'inizio.
Tra i dipinti che sta attualmente esponendo ce n'è uno intitolato "Per favore, non calpestare l'erba". Il quadro le è stato ispirato da alcuni viaggi che l'attrice ha compiuto in Israele nel 2006, e assume un nuovo significato dopo gli attacchi del 7 ottobre e la successiva devastazione di Gaza. I soggetti ritratti nel quadro sono i confini, le invasioni e la follia della conquista. "Prima di iniziare ad uccidere, mutilare e ferire migliaia di donne e bambini, abbiamo bisogno di grandi cervelli, di più intelligenza emotiva, non di più energia da pene piccolo. Il mio dipinto parla di tutto questo". Eccola qui, la frase incriminata. Energia da pene piccolo. Letteralmente. Qualcosa che si potrebbe tradurre in italiano come il luogo comune per cui la dimensione dell'automobile acquistata da un uomo sia inversamente proporzionale alla lunghezza della sua mentula. Nell'epoca dell'indignazione, una frase del genere non poteva passare sotto tono. Allora ecco spuntare la dismorfofobia peniena, o sindrome del pene piccolo. La cosiddetta sindrome da spogliatoio, ovvero la paranoia di non avere una dimensione adeguata alle pratiche sessuali, soprattutto in età di sviluppo (acuita probabilmente in questo periodo in cui è tutto un parlare del - e un mostrare il - leggendario membro di Rocco Siffredi-Alessandro Borghi in Supersex). Un problema sociale, di percezione e di confronto. Poi c'è la micropenia, ovvero l'alterazione effettiva delle dimensioni dell'organo riproduttivo, che risulta ridotto rispetto agli standard statistici. La guerra a Gaza è una questione di ingombro delle mutande. Facile? Forse troppo, ma è stata una donna, poco dopo l'intervista, a scrivere una lettera al Guardian, in cui accusava Sharon Stone di aver utilizzato un linguaggio inappropriato. "Forse ci vuole una donna per sottolinearlo, ma non accetteremo body-shaming di questo tipo ("Non abbiamo bisogno di più energia da pene piccolo") in nessun'altra forma. Proviamo con qualcos'altro: "Pigrizia da corpo grasso"? "Bruttezza da naso grosso"? Aggressività, misoginia, bullismo e cattiva guida non hanno alcun legame con le dimensioni del pene del colpevole, né con la grandezza dei suoi occhi o dell'alluce. È ora di abbandonare questo spiacevole pratica di body-shaming", scrive la lettrice, Caroline Graham, al Guardian. Le parole sono importanti, e questo vale anche per Sharon Stone, ed è importante che a lamentarsi sia stata una donna. Visto l'argomento, è ancora più importante il fatto di non minimizzare. E non parliamo di dimensioni corporee, ma della guerra.