Parlando di Rocco Siffredi, è impossibile non fare riferimento al cazzo. Rocco Siffredi è il cazzo, per definizione. Se chiedi chi è Rocco Siffredi, tutti ti risponderanno facendo riferimento al cazzo. Dopo che la vita del por*oattore più famoso d'Italia è diventata una serie di Netflix, non si fa che parlare di lui, quindi del suo arnese. Matematicamente, quando si parla tanto di qualsiasi argomento, questo accade perché c'è una polemica di mezzo. Geometricamente, l'uscita di Supersex, la serie in onda su Netflix dedicata al piffero di Rocco Siffredi, ha scatenato una gara a chi ce l'ha più lunga. Non tanto la fava, rispetto alla quale l'attore sicuramente vince facile, ma la polemica. Ve ne abbiamo parlato anche qui. Dalla giornalista che ha ricevuto delle avances, e che abbiamo intervistato, alla valutazione dell'ammennicolo di Alessandro Borghi, l'attore che interpreta Rocco Siffredi nella serie, fino alla polemica del sottosegretario Gianmarco Mazzi sui finanziamenti a Supersex. La coda di lamentele, però, è destinata ad allungarsi tanto quanto la banana del por*odivo. Stavolta è il turno del settimanale Panorama.
Dalle colonne del settimanale è partito un attacco, questa volta rivolto ad Alessandro Borghi, l'attore protagonista della serie. Scopriamo che cosa riguarda la polemica di oggi. Si parlerà di verghe? Ovviamente, sì. "Ammettetelo. Essere Rocco Siffredi è il sogno di una buona parte dei maschi italici". L'articolo si apre così, con una frase difficile da smentire. "Certo - scrive Terry Marocco - riuscire a interpretarlo è un’impresa titanica. Alessandro Borghi ci è riuscito alla grande. Protagonista della nuova serie Netflix, Supersex, sulla vita del più grande star al mondo, l’attore romano è entrato così bene nella parte da scatenare nei social addirittura lacrime di commozione", prosegue il pezzo. In logica, si chiama captatio benevolentiae, il chè vuol dire semplicemente che se qualcuno attacca a far un discorso con un complimentone, dovete aspettarvi l'arrivo di una sonora incu.... Ovviamente sì prosegue arrivando dritti al punto, la ormai epica scena della quarta puntata, in cui Alessandro Borghi svela, come diceva la canzone di Fabrizio De Andrè, la sua virtù meno apparente, tra tutte le virtù la più indecente. Il pezzo si chiama "Un giudice", ed è presente nell'album "Non al denaro, né all'amore, né al cielo". Così, per dovere di cronaca, visto che anche lì si parla di dimensioni. A proposito, continua l'articolo: "sappiamo che avete messo la pausa e siete corsi a cercare il righello. Insomma tutta quell’abbondanza era merito di madre natura o del grandangolo, come quei monolocali pubblicati dalle agenzie immobiliari che sembrano loft enormi? I social aprono un denso dibattito". Giusto, e vero. Se interpreti Rocco Siffredi in una serie, è ovvio che devi rispettare almeno un parametro di somiglianza, ed è altrettanto ovvio che poi gli spettatori si interroghino. Fin qui, tutto normale. L'attacco vero e proprio si apre adesso.
Eccoci qui, arriva il fuoco. "Eppure in Supersex c’è molto di più: la malinconia di una vita senza amore, il dolore della perdita, una profonda solitudine che trova la sua espressione nel perfetto ghigno che a tratti si trasforma in risata". Non è solo un cazzo, dunque. Questo è il fine ultimo della serie sulla vita di un attore i cui film, in effetti, potrebbero parlare già abbastanza, anche se il punto forte non sono certo i dialoghi. Però "c’è anche molto di meno. Siffredi è stato una stella, ma non di un mondo patinato con sottofondo di hit anni Ottanta. Manca lo squallore dei set, la puzza, le attrici usate come carne da macello, i bastardi senza gloria. Insomma manca il p*rno. Resta Rocco-Borghi, pallido, con l’occhio sgranato, le parole smozzicate, i denti scoperti. E il timore che l’Aureliano di Suburra si sia divorato la leggenda". Dunque, la polemica riguarda proprio un reato di lesa maestà. Sua Lunghezza Reale, il Gran Cetriolo Imperiale di Rocco Siffredi viene usurpato. Il rischio c'era. Se interpreti un cazzo, sei destinato a diventarlo, e se magari poi la gente si ricorderà del cazzo tuo e non di quello originale. Ma l'argomento della critica è ancora più sottile. C'è il cazzo, ma non c'è abbastanza cazzo. Non è un cazzo vero. L'aspetto agiografico e patinato, tipico ormai di tutte le biografie, sovrasta perfino il racconto della vita di un divo dell'hard, che dev'essere tutto tranne che patinata e pettinata, per definizione. Il consiglio che possiamo dare, a questo punto, per fugare ogni polemica, è quello di andare, dopo aver visto la serie, a recuperare i film in cui recita Rocco Siffredi, quello vero. La filmografia è pressoché sterminata, sceglietene uno e ammirate la magia. Dopo, apprezzerete in maniera più completa anche Supersex per quello che è davvero. La leggenda è dura da divorare, in tutti i sensi.