“Le cose buone richiedono tempo”. Una frase da biscotto della fortuna? Assolutamente sì. Poche parole che, però, ho portato con me per anni, stampate su un bigliettino che ho tenuto appeso nella mia cameretta da adolescente, per poi vederlo scolorire in età adulta. “Patience pays” direbbe qualcuno. E a dirlo oggi sono io, vedendo il successo che sta avendo Bresh. Vi siete accorti di lui solo con Sanremo? Siete andati oltre “Guasto d’amore”? Meglio tardi che mai. Direi, anzi, finalmente. Ci sono volute “Creuza de Mä”, portata sul palco del Festival nella serata dei duetti con Cristiano De Andrè, e “La tana del granchio”, brano sanremese con cui si è classificato undicesimo, per far capire a tanti che sì, “Breshino testa che gira” è tra gli artisti da tenere davvero d’occhio quest’anno (e non solo).

“Creuza de Mä” è diventata subito virale su TikTok ed è stata il debutto più alto di venerdì 21 febbraio, con più di duecentomila stream su Spotify. “La tana del granchio” ha superato i dodici milioni di ascolti (sempre su Spotify) ed è attualmente alla settima posizione in Top 50 Italia. Io, che Bresh lo ascolto (quasi) dal suo esordio, non mi stupisco. E chi lo segue da tempo lo sa: Bresh non è l’ennesimo prodotto di una macchina discografica affamata di numeri, ma un artista con una visione ben precisa che ha saputo costruire la propria identità brano dopo brano. Ed etichettarlo semplicemente come “rapper” è un errore (da non fare. Dal suo primo vero progetto discografico, “Che io mi aiuti” al disco che l’ha effettivamente “consacrato”, “Oro Blu”, il percorso di Bresh è stato quello di un vero esploratore, che si muove con disinvoltura tra rap, pop e cantautorato senza mai perdere autenticità. Ed è giusto così, perché le barriere tra generi esistono solo nella testa, e nelle orecchie, di chi ascolta con pregiudizio. Così, Bresh ha creato una narrazione coerente, in cui ogni elemento autobiografico trova il suo posto senza forzature. E in un’industria musicale dove spesso le collaborazioni nascono più per strategie di marketing che per affinità artistica, ha saputo mantenere un approccio genuino, collaborando con artisti (e amici) con cui condivide davvero qualcosa.
Tornando a “La tana del granchio”, è un brano che dimostra quanto il suo linguaggio musicale sia ormai maturo e riconoscibile. Una canzone che racconta di rifugi emotivi e della necessità di proteggersi dal caos esterno, tematiche universali affrontate con una sensibilità che va ben oltre le convenzioni dell’urban contemporaneo. Bresh ha portato le sue emozioni autentiche sul palco di Sanremo, e qualcuno in più l’ha capito. E come detto all’inizio: meglio tardi che mai.
