Ci si chiede spesso dove sta il limite tra la satira e l’offesa, la comicità e la diffamazione. Meno di frequente, invece, la domanda riguarda la politica. Mario Natangelo ha vinto la quarta edizione del premio Gianfranco Funari e giovedì 27 febbraio sarà a Viareggio per ricevere questo riconoscimento. Abbiamo intervistato il vignettista de Il Fatto Quotidiano e tra le altre cose si è parlato anche della questione da cui siamo partiti. Ma non solo: come si sente Natangelo a essere avvicinato al nome di Funari? “Mai avrei pensato che un giorno avrei vinto un premio associato a lui. Mi ha colpito molto”. Il linguaggio di Funari, come quello della satira, è diretto, eccessivo, talvolta anche volgare, ma la volgarità “può essere scelta come strumento retorico”, ci dice. Il problema è che il nostro è un contesto “sguaiato”, che è peggio. E l’esempio di ciò, aggiunge, lo abbiamo visto nel modo in cui Daniela Santanchè si è difesa in Parlamento. Nell’ultimo periodo il tema delle sue vignette è stato spesso l’Ucraina, ma, specifica, l’ironia è sempre sulla narrazione della guerra, mai sulle vittime: “La satira è questo, e deve cercare di farlo in modo a volte anche scostumato, lo rivendico serenamente”. Poi la politica di Donald Trump ed Elon Musk, il rapporto tra il suo lavoro e i social e quel fraintendimento con il ministro degli Affari Esteri, Tommaso Foti, sulla vignetta con papa Francesco.
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Mario Natangelo, nel comunicato stampa ti fanno le condoglianze per questo premio. Tu sei più felice o dispiaciuto?
A me fanno piacere le condoglianze. In fin dei conti è come dire: hai avuto una bella vita. È molto peggio quando mi augurano la morte.
Al di là delle battute, come ti senti dopo questo riconoscimento?
La verità è che mi ha fatto impressione. Io vengo da una famiglia che non ha nulla a che fare con il giornalismo. Quando mi hanno detto del premio mi sono ricordato di Funari in televisione, come mi impressionava, come mi colpiva per qualche ragione. Mai avrei pensato che un giorno avrei vinto un premio associato a lui. Mi ha colpito molto.
Il suo linguaggio, si sa, era molto diretto.
Sì, era diverso da quello che si vedeva normalmente in televisione. Spero che mi abbiano dato questo premio perché ho espresso qualcosa di differente da quello che di solito si legge sui giornali: questa sarebbe la mia più grande soddisfazione professionale.
Ci sono dei rischi nell'essere volgari?
Il nostro mi pare un contesto sguaiato, che è anche peggio di volgare. La volgarità può essere scelta come strumento retorico, ma la gente ormai non è più in grado di farlo: è solo sguaiata. Basta vedere come si è difesa Daniela Santanchè in Aula.
Da vignettista te lo poni anche tu il dubbio su dove stia il limite?
Questa domanda mi fa sempre sorridere, sono sincero. Il ministro per gli Affari Europei, Tommaso Foti, che si deve occupare anche del Pnrr, quindi faccende piuttosto importanti, ha trovato il tempo di fare un post sui social con una mia vignetta, dicendo che quella non è satira, ma un'offesa. Ma perché devono sempre trovare il limite alla satira e non un limite alla politica?
Hai fatto diverse vignette sull'Ucraina, tra cui quella L’ottimismo dell’Ucraina, in contemporanea delle ultime dichiarazioni di Trump. Che reazioni hai avuto?
Io non prendo mai in giro il popolo ucraino o quello russo, e neanche Vladimir Putin o Zelensky, ma la narrazione che facciamo di quella guerra. Nel caso specifico, la maggior parte delle persone ha capito che quella vignetta voleva rappresentare il fatto che l’Ucraina è stata strascinata in questa situazione dai nostri leader, che adesso si stanno spartendo una nazione in modo veramente grottesco. Ma non stavo prendendo in giro le vittime, come invece qualcuno ha suggerito. Reazioni simili le ho viste nel periodo peggiore della pandemia, con persone che morivano accanto a ognuno di noi. La satira però è questo, parla di questa roba qua, e deve cercare di farlo in modo a volte anche scostumato, lo rivendico serenamente. È un’arma che dobbiamo saper maneggiare.
Quello di Trump e Putin è un modo quasi novecentesco di parlare di una nazione dopo la guerra.
Assolutamente, con le nazioni più potenti che si spartiscono i territori tirando le righe su una cartina. Io ho ancora dei lavori che non ho pubblicato, ma ci sarebbe così tanto da dire che potrei farlo ogni ora, intaserei i social, non vivrei più. Ho cercato di mostrare come, dal mio punto di vista, la politica americana di Joe Biden e quella di Trump, così come quella di Clinton, sia sempre stata questa. Prima ci mettevano semplicemente un fiocchetto, per così dire. Ora, invece, è evidente a tutti qual è l'obiettivo.
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Parlare di censura oggi è quasi paradossale: chi viene oscurato poi trova maggiore visibilità. Con i social questo fenomeno è ancora più evidente. Sei d’accordo?
È l'effetto Streisand, quando si cerca di nascondere qualcosa poi lo si scopre in altre forme. Ci sarebbe da fare un discorso su come funzionano adesso le piattaforme, che sono ormai legate al potere nella sua forma più deleteria. Io sono affascinato da quello che sta succedendo in America tra Elon Musk e Trump, lo guardo veramente come se stessi guardando un incidente automobilistico, perché ne percepisco la potenza e la violenza. Sono pessimista di natura, ma non ho un buon presentimento.
Presentimento che riguarda cosa nello specifico?
Non vedo nessun argine che possa contenere quella forza. Io nel mio piccolissimo provo a raccontare questa deriva, ma come effetto ottengo un ministro che mi attacca sui social senza neanche capire la vignetta. Ironizzavo sul fatto che spesso si è dato del putiniano a papa Francesco perché non attaccava direttamente la Russia, oppure perché criticava l'Ucraina; in quella vignetta il papa sta male, ma la gente lo critica perché non ha detto una parola su Trump. Il problema è chi ha pensato che io volessi realmente dargli del putiniano. Non si capiscono più nemmeno queste cose.
C'è un personaggio che non hai rappresentato e che invece sarebbe interessante da raccontare con i tuoi disegni?
Non lo so. Il fatto è che stiamo vivendo dei ricorsi storici: quando ho fatto le vignette sul primo mandato di Trump pensavo che l’avremmo archiviato subito dopo, mentre adesso è tornato in una forma peggiore. Quindi ho paura a immaginare cos'altro potrebbe succedere. Mi piacerebbe che tornasse Berlusconi per un anno extra, per vedere cosa farebbe. Nelle mie vignette non è mai morto, continuo a rappresentarlo su una nuvoletta che interagisce e commenta i fatti del mondo.
Alla domanda di Francesca Fagnani, “chi vorresti riabbracciare un’ultima volta?”, risponderesti Silvio Berlusconi, quindi.
Non l’ho mai incontrato, quindi nemmeno abbracciato (ride, ndr).
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