Nel viaggio in metro che conduce all’Alcatraz per assistere alla serata di “San Valentino con il Doc” organizzata da Villabanks verso il locale, ci sono due ragazze che contano le fermate che le dividono dalla destinazione, e come sfondo dei loro telefoni spunta Villabanks. Non è stato certo difficile immaginare che la destinazione fosse la stessa per tutte e tre. Le 2007 e 2008 in fila al guardaroba dell’evento sono tutte molto appariscenti e disinvolte nel mostrare i propri corpi e corrispettivi outfit, che in alcuni casi sembrano rubati alle ballerine ingaggiate per lo spettacolo. Questo e altro è quello che è stato possibile ammirare come pubblico dell’Alcatraz del “San Valentino con Il Doc”. Il dottore in questione è Villabanks, nome d’arte del cantante ventitreenne Vieri Igor Traxler, che dal 2021 a oggi porta avanti la saga del Doc, arrivata quest’anno al quarto episodio con Il Doc 4. Si tratta di una serie di canzoni, in cui, sfruttando il cliché erotico del medico curante e la paziente bisognosa, il cantante scardina la narrazione smielata della ricorrenza del San Valentino, che da simbolo del sentimentalismo più sfrenato viene trasformato in manifesto di edonismo e promiscuità. Per ogni appuntamento vengono chiamati all’appello esponenti della scena rap, che per motivi teorici o pratici sono considerati dei sex symbol o che comunque risultano interessati al racconto del sesso. Per celebrare l’ultima uscita, che a questo turno coinvolge Emis Killa, Ernia e Nicky Savage, è stato programmato questo concerto-evento annunciato come una grande festa per riunire insieme tutti i fan e tutti gli artisti che hanno collaborato nel tempo con Villabanks.
Per essere un rapper, quello di Villabanks è un pubblico anomalo, in quanto le quote rosa (ma anche quelle arcobaleno) sono più che rappresentate e i molti dei ragazzi presenti sono venuti soltanto per accompagnarle. Sarebbe ingiusto però spiegare questo fenomeno solo con il bell’aspetto del cantante che non è sufficiente a generare l’adesione a una filosofia di vita, quella che Vieri ha raccontato nel libro La filosofia di Villabanks uscito per Sem il 16 gennaio. I valori di cui si fa portavoce, che sono principalmente quelli della libertà sessuale e di espressione oltre all’agognata eguaglianza tra sessi, lo avvicinano più all’immaginario hippie che a quello del rapper, da cui si distingue anche per l’estetica. È alto ed esile con lunghi capelli scuri, a cui tiene più che ai muscoli e alle collane. Sarà per questo aspetto gentile e la delicatezza con cui nei testi più intimi si mette a nudo, che le ragazze si rispecchiano nelle sue canzoni nonostante il linguaggio talvolta duro ed estremamente esplicito. La forza della scrittura di Villabanks sta proprio in questo duplice approccio, da un lato più goliardico e crudo che lo avvicina al pubblico prevalentemente maschile del rap più radicale e dall’altro più introspettivo e riflessivo, che attrae invece un’audience più trasversale. Il parterre è eterogeneo ma non per l’età, se si escludono i genitori a seguito dei figli mi rendo conto di stare ad assistere a un concerto fatto da e per la Gen Z e la prova è il fatto che appena si accende la luce sul palco ad annunciare l’inizio dello show, un’ondata di telefoni cellulari pronti a riprendere l’ingresso del beniamino mi si para davanti agli occhi impedendo la vista a chiunque. Tra un iPhone e l’altro riesco a vedere Villabanks che con tanto di camice bianco e una barella circondata da infermiere sexy prova a rianimare la paziente con un massaggio cardiaco. Sì, poi torna a respirare (fino ad ansimare).
Subito lo raggiungono Emis Killa, Ernia e Niky Savage e il concerto comincia con l’attesissima canzone del Doc per la prima volta eseguita dal vivo nella formazione al completo. È il momento più alto della serata se consideriamo la quantità di flash come metro del sentimento della folla, che a seconda dell’ospite viene piò o meno stimolata a immortalare quell’attimo, nell’illusione di poterlo rivivere ripetutamente postandolo sui social. L’effetto alienante che chi è abituato a vedere concerti in epoca pre-smartphone è costretto a subire non esclude nemmeno gli artisti, che dalla loro prospettiva notano una disparità di energia e non parlo solo di Villabanks ma anche di altri colleghi suoi coetanei, che più volte hanno incalzato il pubblico a divertirsi. Così tra una canzone e l’altra dice: “Quando mi fermo io, siete voi che dovete spingere”, citando il suo motto, “Spingere”, inteso, oltre che come prescrizione da seguire nell’atto, come mantra motivazionale per stimolare a fare e a non abbattersi. Lui non è uno di quegli artisti onnipresenti sui social, risultando in questo meno digitalizzato dei suoi fan. Si mostra di rado, durante i viaggi di pausa dalla routine in studio, sempre immerso nella natura su spiagge tropicali e con fiori fra i capelli, gli stessi che animano lo sfondo del palcoscenico nella breve sessione acustica del live, in cui vengono riproposti i brani di “Sex Festival”, il progetto più sperimentale e più hippie di Vieri. Infatti, nonostante la giovane età, con 5 album all’attivo Villabanks ha un consistente repertorio da cui attingere, spaziando tra generi, atmosfere e lingue differenti. Per via del lavoro del padre ha vissuto in giro per il mondo imparando l’inglese, il francese e lo spagnolo forse ancora prima dell’italiano. Per la degna conclusione della serata la scelta ricade su una delle ultime uscite, “Spingere”, la canzone insieme al duo de Il Pagante che per l’occasione è arrivato a supportarlo. Mentre il pubblico impazzisce, sullo sfondo nel ledwall passa a ripetizione una scritta in maiuscolo: spingere.