Per lavoro, quando sono in giro, ascolto la radio. Attenzione, non ho detto che quando sono in giro per lavoro ascolto la radio, ma che, per lavoro, quando sono in giro, ascolto la radio. Sottigliezze. La ascolta non tanto perché sia interessato alle chiacchiere troppo spesso insipide che in radio si susseguono, quanto piuttosto per capire quale musica orribile gira da quelle parti, e anche per intuire quanto tempo manca prima che i podcast mandino la radio in soffitta. Comunque sia, giorni fa, mentre me ne tornavo verso Milano dalle vacanze, mi è capitato di ascoltare un insipido discorso su quando si dovrebbe disfare l’albero di Natale. Credo fosse su Radio Italia. Spazientito ho cambiato canale, e sono passato su Rtl 102,5, dove stavano parlando, giuro, esattamente dello stesso argomento. A quel punto mi sono arreso, e sono stato a sentire quelle facezie. Nel gruppetto che stava parlando, visto che non c’è nulla da dire spesso i network ci distraggono mettendo più voci l’una affianco all’altra, come se il nulla detto da un coro valesse di più del nulla detto da uno solo, nel gruppetto che stava parlando, insomma, c’era chi sosteneva che gli addobbi di Natale andassero tolti il giorno della befana, chi il giorno di Sant’Antonio, chi addirittura subito dopo Natale. Molti degli ascoltatori, perché non paghi di quel che stavano dicendo i tre speaker hanno chiesto soccorso anche agli ascoltatori da casa, dicevano che togliere gli addobbi prima della befana portasse sfiga, cosa cui evidentemente nessuno credeva ma che, vai mai a sapere, nell’incertezza è stata presa per buona. Al terzo messaggio vocale mandato in onda tutti sembravano di colpo convenire che sì, togliere troppo presto gli addobbi avrebbe portato chissà quale maleficio, al punto che qualcuno ha azzardato di averlo fatto nel passaggio tra 2019 e 2020, con tutto quello che ne è conseguito. Esatto: tutto quello che ne è conseguito. A quel punto, nella desolazione di una pianura padana piena di nebbia, ho cominciato quasi a sperare che qualcuno iniziasse a chiedere agli ascoltatori se credeva anche a Babbo Natale, e, perché no, alla Befana. Di leggenda in leggenda è un attimo, credo, e l’idea che il condividere in molti una cazzata equivalga poi a fare di quella cazzata una verità è probabilmente la cifra principale dei nostri tempi, lo zeitgeist direbbe qualcuno che ha studiato. Magari il medesimo qualcuno che si chiederà perché io stia parlando inopinatamente di addobbi di Natale e di buffi personaggi che durante le feste dovrebbero fare irruzione nelle nostre vite regalandoci oggetti da noi agognati, laddove il titolo di questo pezzo lasciava intendere che io avrei affrontato a brutto muso la questione annosa del: che fine hanno fatto i concorrenti di X Factor? Annosa perché ci ritroviamo a parlarne praticamente tutti gli anni, arrivando sempre alle medesime conclusioni, non sono finiti da nessuna parte, cioè esattamente dove si sarebbe sarebbero finiti, seppur quest’anno c’erano dei lievi indizi che avrebbero potuto lasciar presagire un finale differente.
Andiamo con ordine. Perché parlo di addobbi? Ecco, perché parlare di X Factor a gennaio, per altro constatandone ancora una volta l’irrilevanza per quel che concerne il mercato dei propri concorrenti, faccenda assai diversa è quella dei giudici, ma ci arrivo, mi immalinconisce, alla pari di quanto mi immalinconisce parlare di Babbo Nalate e la Befana ora che i miei quattro figli sono cresciuti e tutti e quattro da tempo sanno che Babbo Natale e la Befana non esistono. E perché quello che capita intorno e dentro X Factor, in fondo, non è poi così diverso da quello che capita intorno agli addobbi di Natale e, perché no, alle figure di Babbo Natale e della Befana, nonostante ogni evidenza del fatto che uno gli addobbi lì può togliere mestamente il 26 dicembre o arrivare sotto Pasqua e nulla di male accadrà, se non il constatare nel primo caso che si viva una vita piatta come le mutande di Ken e nel secondo che si è un filo scoordinati rispetto al calendario, e che uno può continuare a sognare che in Lapponia o dove diavolo si trova la Befana ci sia in fondo qualcuno a cui stiamo a cuore, o essere peggio del Grinch e dire a voce alta di fronte a un consesso di pargoli che sono tutte invenzioni dei grandi, ma anche lì, a parte essere sognatori o merde nulla capiterà di irrazionale, X Factor è oggetto di credenze che, non fossimo solo a diciotto edizioni (solo si fa per dire), sarebbero da indicare come ataviche, del tutto prive di ogni appiglio con la realtà, a tratti anche talmente fantasiose da strapparci un sorriso sornione, poveri cuccioli. Sì, perché nonostante appunto quel che la storia, quella con la esse minuscola, quotidiana e quotidiana applicata al mondo dello spettacolo, poca cosa, ci sta continuando a dire a voce alta, c’è forse davvero chi in cuor suo creda che partecipare a X Factor, o essere tra quanti si appassionano a X Factor e quindi in X Factor credono ciecamente, come si trattasse di un Dio o di una squadra di calcio, possa accendere una carriera per cantanti, band o affini. C’è chi ci crede talmente tanto da dirlo con voce stentorea, quasi gridando, anche se poi, a precisa domanda, “ma chi cazzo è mai uscito da quel talent, a parte i soliti tre o quattro nomi”, ecco che di colpo si incupisce e niente, finisce per fare sempre quei soliti tre o quattro nomi, vi prego, non fatemeli fare per la millesima volta. Come non fatemi star qui a elencare le centinaia di concorrenti che sono finiti nel dimenticatoio, tra questi ovviamente quasi tutti i vincitori e i finalisti. Sarebbe cinico farlo, e almeno a ridosso delle festività di Natale mi piace credere di essere una bella persona, uno che ha ancora dentro di sé un fanciullino o qualcosa del genere. L’altra leggenda che aleggia intorno a X Factor, invece, quella che gira più tra addetti ai lavori che tra il pubblico, credo, prende sempre più contorni precisi, quelli sì cinici. Diventa talmente credibile che uno sarebbe tentato, che so? Di bersi un bicchierino di varechina convinto che tanto basti a debellare una pandemia, o che andare in giro con una cappellino di carta stagnola ci preserverà dal lavaggio del cervello, nozione appresa sui social, che forse quel tipo di lavaggio lo ha già portato a termine da un pezzo. La leggenda in questione è quella che vuole che in realtà a chi produce e ha ideato X Factor dei concorrenti frega davvero poco, per non dire nulla. Sempre in questi giorni di gennaio mi è capitato di vedere una video intervista, ma non saprei dire risalente a quando, nella quale uno dei primi finalisti di X Factor, Emanuele Dabbono, nel senso di uno dei finalisti della prima edizione, nel 2008, nella quale racconta di aver rifiutato di firmare il contratto con la Sony, cui avrebbe avuto diritto proprio in quanto finalista, perché loro volevano fargli pubblicare un EP di cover, mentre lui voleva fare canzoni scritte da sé medesimo, ma il format prevedeva altro. Ecco, il format prevede altro. Prevede, cioè, che lì finiscano artisti, a volte, intrattenitori, altre, wannabe, molto spesso, che quasi sempre vengono chiamati direttamente dalla produzione, perché fanno già traffico sui social o sulle piattaforme di streaming, gli venga poi chiesto di mettere il proprio repertorio da parte e di esibirsi dando seguito a quanto ideato per loro dai giudici, finendo per esibirsi quasi sempre facendo cover, se gli va di culo arrivando verso la fine del programma, facendo un inedito, e poi via, di nuovo cover. Col risultato che se un cantautore, una cantautrice o una band, faccio per dire, finisce lì dentro, di cosa facesse prima si capisce poco, e anche di cosa avrebbe potuto andare a fare poi, perché quel che sembrerà è che sia una sorta di sgangherato concorrente di un talent che deve trovarsi a fare i conti con repertori di altri, spesso scelti da altri. Ok, dirà sempre quel qualcuno, ma quindi a X Factor, trattiamo chi lavora al programma come fosse una entità singola, cosa interessa? Semplice, fare ascolti, ovviamente, e anche fare traffico sui social, diventare oggetto di trend topic e di contenuti virali. E per fare questo, spesso, negli anni, si sono create polemiche ad hoc, che hanno poi portato a viralizzazioni assai più potenti del programma stesso, col risultato che X Factor è a lungo stato un programma assai poco visto ma molto chiacchierato e commentato.
Quest’anno, però, c’è stata una svolta, perché X Factor, sempre lui, ha deciso di cambiare marcia, puntando su tanti volti nuovi, tra giudici e presentatori, cambiando di conseguenza il mood del programma. Se prima era un volare di stracci continuo, con una tensione palpabile anche da casa, quest’anno ci siamo trovati di fronte a una sorta di pax aeterna, con bacetti e pacche sulle spalle continue tra i giudici, tre nuovi, Paola Iezzi, Jake la Furia e Achille Lauro, col ritornato Manuel Agnelli, e con una nuova presentatrice, a sua volta ultra dolce e pacifica, Giorgia. Un mood che è piaciuto a casa, anche se poi tutta questa pax sul finale non so quanto sia stata reale o semplicemente percepita, con Achille Lauro a farsi i cazzi suoi portando tutta la sua squadra in finale a furia di “Senato” e “Baby”. Al punto che gli ascolti sono lievitati, toccando vette mai toccate da che X Factor è in casa Sky, convincendo addirittura la rete a rinnovare il contratto con i titolari del marchio. Noi italiani siamo praticamente i soli ad avere ancora X Factor in onda in tutto l’Occidente. Così, mentre vedevamo sfilare davanti ai nostri occhi Mimì, poi vincitrice nella finale di Piazza del Plebiscito di Napoli, i Les Votives, i Patagarri e il giovane Lorenzo Salvetti, con un po’ di spazio anche per Francamente, con le sue dichiarazioni contro un sistema patriarcale divenuta forse la sola nota polemica, giustamente, di questa edizione, ecco che che a crescere davvero sotto i nostri occhi sono stati i profili di chi con quei ragazzi e ragazze, più ragazzi che ragazze, a dirla tutta, lavorava: i giudici. Sì, e qui veniamo a un’altra leggenda metropolitana che però è assolutamente aderente ai fatti, perché X Factor è un programma nel quale chi davvero esce vincente, parlo di immagine, certo, ma anche di carriera, perché stare per qualche settimana in tv porta un buon contributo promozionale, specie se nel mentre tiri fuori qualcosa, sono i giudici, e da quest’anno anche la presentatrice. Senza ombra di dubbio. Perché se oggi le tracce dei concorrenti si sono perse, in alcuni casi temiamo già definitivamente, nessuno lì ha più visti e sentiti, se non in qualche iniziativa strettamente legata al programma, come il loro coinvolgimento con Rtl 102.5 per il concerto trasmesso l’ultimo dell’anno non ricordo neanche da dove, è evidente che Giorgia è tornata alla grande sotto i riflettori, più che meritatamente, prima col singolo Niente di male e poi con la prossima partecipazione in gara al Festival di Sanremo. Idem per Achille Lauro, che ha tirato fuori Amore disperato a inizio audition e a breve sarà a fianco di Giorgia in gara al Festival. Paola Iezzi, evidentemente non solo Paola di Paola e Chiara, chiunque abbia seguito anche solo qualche minuto di programma se ne sarà accorto, è tornata con un nuovo singolo tutto suo, Club Astronave, e si è in qualche modo presa tempi e modi per uscire alla grande come personaggio. Jake la Furia ha da poco fatto capire che a fine gennaio tornerà con un album solista, come del resto il suo sodale Guè ha appena fatto. Manuel, che nel mentre sta portando avanti un programma radio Leoni per Agnelli, su Radio 24, ha provato a ricostruirsi l’imene lavorando con altri giovani nel suo locale Germi, il festival Carne Fresca sì atto a accendere riflettori su realtà alternative e indipendenti, ma comunque anche a sottolineare il suo impegno verso chi è tagliato fuori dal mercato. Mercato che però ha tagliato fuori anche tutti i concorrenti di X Factor, per altro spesso senza che loro potessero dire la propria a riguardo, costretti a fare cover anche imbarazzanti, a snaturare le proprie attitudini, e comunque a mettersi al servizio di un programma televisivo nel quale la musica sembra essere davvero uno sfondo di quelli che si fanno col green screen, intercambiabile alla bisogna. Spiace, perché qualche talento da quelle parti ci è passato, anche quest’anno, e spiace perché guardando il programma si è anche capito che a qualcuno dei giudici del futuro di quei ragazzi interessava pure parecchio, lungi da me tornare su questo discorso già affrontato nelle pagelle. Ma la constatazione amichevole che si può e si deve fare è che di nessuno dei ragazzi in gara è rimasta traccia. Né nell’immediato né poi. Certo, sono giovani e in fondo il programma è finito da un mese, ma sappiamo tutti come funzionano certe cose, il ferro va battuto finché e caldo, e se anche qualcuno arrivasse al successo in seguito, associarlo al suo passaggio a X Factor sarebbe probabilmente una forzatura, come a suo tempo è successo con Marco Mengoni, che ha vinto Sanremo e ha visto la propria carriera mettersi a fuoco esattamente quattro anni dopo essere stato in gara nel talent, ai tempi di mamma Rai. O ai Maneskin, ugualmente in attesa di quel successo per quattro anni, tanti ne sono passati da che si sono piazzati al secondo posto a X Factor e la loro vittoria a Sanremo e Eurovision. X Factor non serve a niente, chiedete anche a Sarafine, che ha tirato fuori un EP dopo addirittura un anno. O chiedete a Mimì, Les Votives, Patagarri, Lorenzo Salvetti, Lowrah, Francamente, i Punkake. Ma anche a Baltimora, i Soul System, Giò Sada, Anastasio, Casadilego, Sofia Tornambene. Dio mio, a sentire quel che si diceva su Sky giusto qualche settimana fa oggi non avremmo dovuto far altro che ballare al suono gitano e jazz dei Patagarri o limonare selvaggiamente al dolce suono della voce di Lorenzo Baby Salvetti, invece niente. Un assordante silenzio rotto giusto dal biascicare romanesco di Achille Lauro, dalla voce suadente di Giorgia, lì a seguire le metriche nuove di Mara Sattei, o a ballare per la canzone spaziale di Paola Iezzi. Se è a una carriera nel mondo della musica che pensate per il vostro futuro e per ragioni che esulano da ogni logica è X Factor che avete scelto come trampolino di lancio non esiste altra via: puntate a fare i giudici, ché andare in gara non vi porterà da nessuna parte.