Ma che gli vuoi dire se non scusa, ci avrai fatto pure incazzare e incazzare di brutto nel 2015 perché - al di là delle decisioni della Dorna - tutto quel casino che hai fatto te lo potevi pure evitare (e un giorno sarebbe bello che lo ammettessi), però alla fine sei un gigante. Un pilota enorme. E a Le Mans lo hai dimostrato con palese coraggio e indomabile follia.
Non ce n’era bisogno? Per i più esperti, i più oggettivi, per gli addetti ai lavori sicuramente no. Ma per il popolo italiano (e se non italiano sicuramente valentiniano, che si sovrappone per un buon 70 percento) tu eri il cattivo, il guastafeste, diciamola tutta: lo stronzo. Colui che aveva contribuito a togliere il decimo Mondiale a Valentino. Ma dopo la prestazione di ieri nessuno, anche il più accanito dei tifosi, può negarlo. Tu Marc Marquez Alentà da Cervera, nato il 17 febbraio 1993, pilota di moto Honda HRC, sei un fottuto eroe.
Dopo l’infortunio al braccio destro sei diventato più vicino, le tue lacrime ti hanno reso più umano, ma ieri, ieri, hai ristabilito la distanza. Tu non sei umano. Sei un marziano. Perché mentre tutti dicevano che non saresti più tornato come prima, anche solo per il fatto che non avresti più avuto il fegato per rischiare come prima e cercare il limite come prima, tu hai rilasciato un’intervista dove hai detto: eh no, non è così, se non fossi convinto di tornare il Marc Marquez che tutti conoscevate non sarei qui.
E a Le Mans ci hai confermato che dicevi la verità: con il braccio ridotto così hai pelato l’asfalto col gomito, ti sei incarognito fino a cadere proprio sul braccio malandato, due volte, e l’hai fatto in gara quando potevi accontentarti di un terzo quarto posto che già, a tre gare dal rientro, avrebbe avuto un che di sovraumano.
Ma accontentarti non ti ha mai fatto essere Marc Marquez, accontentandoti non avresti mai vinto così tanto in così poco tempo, e ieri hai urlato al mondo - cadendo due volte - di non arrenderti a non essere Marc Marquez. Non puoi non esserlo, lo sei nato, e niente ti cambierà. Hai la vittoria come ambizione, sempre, in qualsiasi condizione, anche se ad essere a rischio è addirittura la tua carriera.
Questo ti va riconosciuto. E questo ti rende l’onore delle armi. Che nessuno più - anche il più accanito dei detrattori e il più arrabbiato dei tifosi di Rossi - profferisca male parole su di te. Mai più. Non te le meriti. Un altro al posto tuo avrebbe attuato una politica conservativa, chiuso il gas, preservato l’angolo di piega, avrebbe accarezzato l’istinto per calmarlo e far posto alla ragione, invece tu no, imperterrito fino alla fine, fino all’estremo, fino a mettere a rischio un’altra volta il tuo braccio. Per cosa? Solo per dimostrare a tutti e a te stesso in primis che la testa di Marc Marquez non ha smesso di essere malata, folle, obbediente solo alla vittoria.
E a chi ha goduto delle tue cadute non resta che dire una cosa: esulta pure, piccolo uomo, ma non arriverai mai all’altezza di Marc Marquez di Cervera. Combattente incredibile, fedele al motto “chi non rischia tutto non rischia niente”, guerriero come ne sono rimasti pochi. Non solo nel motociclismo. Lode a te e a quelli come te Marc Marquez. Ti va solo riconosciuta la grandezza, anche nel fallimento di una gara, soprattutto nel fallimento di una gara. Chapeau.