Il pescato confuso
Se mai vi foste chiesti quale fosse la capitale mondiale della confusione culinaria, allora, miei cari lettori, siete nel posto giusto. Parliamo di una terra dove l'acqua è più comune delle strade e dove le piazze galleggiano come se niente fosse. Sì, stiamo parlando di Venezia. E in questa città meravigliosamente intricata e gloriosamente confusa, la questione "stoccafisso vs baccalà" ha raggiunto livelli di complessità che potrebbero far impallidire un rompicapo di Rubik. Ora, per la maggior parte del mondo, lo stoccafisso e il baccalà sono due creature distinte. Uno essiccato, l'altro salato. Semplice, giusto? Bene, non se sei veneto. Qui, in un capriccio di ribellione culinaria, lo stoccafisso diventa, contro ogni ragionevole aspettativa, baccalà! Un baccalà che, tra l'altro, non ha nulla a che fare con il baccalà che il resto d'Italia e del mondo conosce e ama. Seguite ancora? No? Bene, perché questa è solo la punta dell'iceberg. Immaginate per un momento di essere un innocente turista che si avventura in una tradizionale osteria veneziana. Provate a ordinare del baccalà e vi ritroverete davanti un piatto di stoccafisso. Un piatto delizioso, per carità, ma certamente non quello che avevate in mente. E nel tentativo di spiegarvi, il simpatico cameriere inizierà con un "Vedi, qui in Veneto..." seguito da una spiegazione che potrebbe facilmente diventare una miniserie televisiva. Ma in fondo, non è questa la bellezza di Venezia? Una città che si rifiuta di aderire alle norme, che rischia di confondere, ma che alla fine seduce con il suo sapore e fascino ineguagliabili. E così, proprio come la sua enigmatica definizione di baccalà, Venezia continua a sorprenderci, a stuzzicare le nostre papille gustative e le nostre menti in modi che non avremmo mai immaginato. Dunque, preparatevi ad immergervi in questa meravigliosa confusione di termini, sapori e storie, perché stiamo per intraprendere un viaggio attraverso i canali e le tradizioni di una città che ha reso l'arte del "baccalà" (o dovrei dire stoccafisso?) una forma d'arte in sé.
Naufragi e isole del Nord: la storia di Pietro Querini
Se mai ci fosse una storia degna di un grande film d'avventura, quella di Pietro Querini sarebbe sicuramente nella top ten. E, ammettiamolo, nessuna buona storia veneziana sarebbe completa senza una buona dose di avventura marittima e, ovviamente, una sorpresa culinaria. Immaginatevi per un momento di essere Pietro, un patrizio veneziano nel ‘400, partito da Candia state navigando tranquillamente nei freddi mari del nord diretti alle Fiandre, quando all'improvviso la tempesta si scatena, il cielo si oscura e le onde si innalzano. L'adrenalina monta. La nave è in balia delle onde furiose e, in un batter d'occhio, la vostra spedizione prende una piega totalmente inaspettata. Un naufragio nelle fredde e remote isole norvegesi Lofoten. Non esattamente la vacanza al mare che avevate in mente, vero? Ma come ogni bravo avventuriero sa, ogni brutta situazione ha il suo rovescio della medaglia. E per Pietro, il rovescio della medaglia si presentò sotto forma di un pezzo di pesce essiccato che gli abitanti locali chiamavano "stoccafisso". Ora, mettiamoci nei suoi panni. Hai appena naufragato, hai freddo, sei probabilmente bagnato e forse un po' incazzato, e qualcuno ti offre un pezzo di pesce essiccato. Non esattamente la confortante zuppa calda che avevate in mente. Ma, sorpresa delle sorprese, questo stoccafisso era qualcosa di speciale. Una rivelazione culinaria. Un sapore così ricco e profondo, una texture così unica, che si potrebbe quasi dimenticare di essere naufragati. Querini, con il suo tipico spirito veneziano, sapeva che aveva trovato qualcosa di speciale. E così, non appena tornò a casa, fece conoscere a tutti questa meraviglia nordica. E in un modo o nell'altro, questa avventura di un naufragio e una sorpresa culinaria divenne la nascita di un amore veneziano per lo stoccafisso - o come abbiamo appreso poco fa, il "baccalà". Così, la prossima volta che assaporerete quel delizioso baccalà mantecato alla veneziana, pensate a Pietro Querini, alle sue avventure nordiche e a quel fortuito naufragio che ha portato un po' del nord nella calda e vibrante Venezia. E sorridete al pensiero che a volte, le migliori scoperte avvengono quando meno te lo aspetti.
La grande diffusione a Venezia e un aiutino dal Concilio
Ogni prodotto, da quelli tecnologici alle più umili prelibatezze culinarie, ha bisogno di un lancio sul mercato, e se c'è una città che sa come lanciare un prodotto con stile, quella è Venezia. Ma per portare lo stoccafisso nell'élite gastronomica veneziana, ci voleva un genio del marketing. E quel genio aveva un nome: Marco Manart. Mentre Pietro Querini era occupato a fare amicizia con i pescatori norvegesi e le loro ospitali mogli e a masticare pezzi di pesce secco, Marco, un mercante fiammingo con fiuto per gli affari e occhio per le opportunità, faceva il suo ingresso nella Serenissima. Capisce subito che ciò che a Pietro era capitato per caso, poteva essere trasformato in un’opportunità d’oro. Ora, immaginate per un attimo le vie di Venezia in quel periodo. Gondole, gente che va di fretta, mercati brulicanti di attività e, soprattutto, un'atmosfera carica di aspettative. In mezzo a tutto questo, Marco, con il suo carico di stoccafisso e un sogno: fare di questo pesce venuto dal nord un prodotto di punta nel cuore gastronomico di Venezia. Ma come fare? Beh, in un vero stile veneziano, con molta teatralità e qualche intrigo. Grazie ad alcune abili manovre politiche e, diciamolo, una bella dose di charme, Marco ottenne il privilegio esclusivo di importare lo stoccafisso a Venezia. E in un baleno, quel pesce essiccato che Querini aveva scoperto in modo così inaspettato divenne l'ultima tendenza in città. E proprio quando pensavate che la storia non potesse diventare più interessante, ecco che arriva il Concilio di Trento! Con le sue nuove regole che istituivano quasi 150 giorni l'anno di "di magro", cioè senza carne, il baccalà era il candidato perfetto per diventare la stella della cucina veneziana. E così, mentre le dame e i signori di Venezia sorseggiavano i loro calici di malvasia e chiacchieravano animatamente dei pettegolezzi del giorno, lo stoccafisso iniziò a fare capolino nei loro piatti. Così, la prossima volta che passeggiate lungo tra le calli e vi fermate in un ristorante per gustare un piatto di baccalà mantecato, ricordatevi di Marco Manart, l'uomo che ha reso tutto ciò possibile. E sorridete al pensiero che, a volte, tutto ciò che serve per fare la storia è un pizzico di audacia, una buona dose di ambizione, un Concilio amico e, ovviamente, un po' di pesce secco.
Baccalà mantecato alla veneziana: il primo, l'originale, l'insuperabile
Ci sono alcune cose nel mondo che sono semplicemente... insuperabili. L'Alhambra di Granada al tramonto, il primo sorso di un Bordeaux ben invecchiato, e poi, naturalmente, c'è il baccalà mantecato alla veneziana. Oh, certo, ci sono molte città e regioni che sfoggiano con orgoglio le loro versioni del piatto. "Prova il nostro baccalà!" esclamano con entusiasmo. E lo ammetto, alcuni sono davvero buoni. Ma il baccalà mantecato alla veneziana? Beh, quello gioca in un campionato tutto suo. Vedete, Venezia ha questo dono speciale di prendere qualcosa di ordinario e trasformarlo in qualcosa di straordinario. Pensate ai palazzi che galleggiano sull'acqua, ai gondolieri che navigano con grazia attraverso i canali o alle misteriose maschere del Carnevale. Così, quando Venezia ha deciso di cimentarsi nella preparazione dello stoccafisso, sapevamo tutti che stava per nascere qualcosa di magico. Il baccalà mantecato alla veneziana non è solo un piatto; è un'opera d'arte culinaria. La sua cremosità seducente, il suo equilibrio di sapori e la sua storia ricca e intricata lo rendono un viaggio gastronomico in sé. E non importa quanto lontano tu viaggi o quante varianti di baccalà tu assaggi, c'è sempre quel ritorno nostalgico al primo, all'originale, all'insuperabile versione veneziana. Ora, non fraintendetemi, non voglio sminuire gli sforzi delle altre regioni. Sono certo che hanno lavorato duramente. Ma, come la torre pendente di Pisa o il Colosseo di Roma, ci sono alcune cose che semplicemente non possono essere replicate, e il baccalà mantecato alla veneziana è una di queste. Così, mentre città e regioni in tutto il mondo si sforzano di perfezionare le loro versioni, noi veneziani possiamo sederci, sorridere e gustare il nostro baccalà, sapendo nel profondo dei nostri cuori che abbiamo il primo, l'originale, l'insuperabile. E, come diceva un vecchio amico: "Se non l'hai provato a Venezia, allora non l'hai provato affatto." E chi sono io per contraddirlo?
La Confraternita: i guardiani del baccalà
Molte istituzioni hanno i loro custodi. La Torre di Londra ha i suoi Beefeaters, il Vaticano ha i suoi Guardiani Svizzeri e, poi, amici miei, c'è la Dogale Confraternita del Baccalà Mantecato. Ah, sì. Pensavate che la custodia di una prelibatezza come il baccalà mantecato alla veneziana fosse lasciata al caso? Oh, poveri ingenui! Nelle ombre delle calli veneziane, c'è un gruppo di individui che prende sul serio il proprio impegno verso il baccalà al punto da far sembrare un gioco da ragazzi la passione di un sommelier per il vino. Si fanno chiamare il "Consiglio dei Dieci", proprio come l'organo di governo della Serenissima, e guidano la Confraternita. Ma attenzione, questo non è un incontro clandestino di individui in abiti neri che sussurrano tra loro. No, si tratta di un gruppo entusiasta, quasi ossessivo, dedicato a preservare e promuovere una tradizione culinaria. E a guidare questa brigata di amanti del baccalà c'è, ovviamente, il Doge. Oh, sì! Mentre altre organizzazioni possono accontentarsi di un semplice "presidente", l'appunto “Dogale" Confraternita del Baccalà Mantecato, fedele al suo retaggio veneziano, si affida al Doge. Perché, diciamocelo, la Serenissima Repubblica di Venezia aveva il suo Doge, e la Confraternita mantiene viva questa nobile tradizione. Ora, immaginate questi guardiani, adornati dai loro tabarri veneziani, che sfiderebbero ogni cappa di Hogwarts per l'eleganza, e con medaglioni che, anche se non detengono poteri magici (o almeno, così dicono), portano con sé il peso e l'onore di secoli di tradizione culinaria. Così, mentre ci godiamo ogni boccone cremoso di questo piatto divino, dobbiamo un cenno di riconoscimento a questi eroi non celebrati. I Guardiani del Baccalà, che vegliano affinché ogni porzione sia perfetta, la ricetta sia rispettata e ogni tradizione sia onorata. E la prossima volta che passeggiate per Venezia e incrociate uno di questi custodi, date loro un cenno d'approvazione, un sorriso complice. Loro sanno, e ora lo sapete anche voi. Perché, mentre il resto del mondo va avanti freneticamente, loro sono lì, fermi nel tempo, assicurandosi che il baccalà mantecato alla veneziana rimanga, come sempre, insuperabile.
Un piatto, una città, una tradizione
Ah, Venezia! Una città di canali tortuosi, di gondolieri con cappelli stravaganti, di palazzi che sembrano fluttuare sull'acqua e... di baccalà mantecato? Certo che sì! Non potresti separare il baccalà mantecato da Venezia più di quanto potresti separare la pizza da Napoli o la pioggia dall'Inghilterra. Quando cammini attraverso le calli strette e tortuose di Venezia, ti trovi sommerso in un'opera d'arte vivente, un mosaico di cultura e tradizione che ha resistito alla prova del tempo. Ma tra tutti questi splendidi mosaici, il baccalà mantecato è quella piccola, minuscola tessera che, se mancante, farebbe sentire la sua assenza in modo sproporzionato. Sì, è solo un piatto, direte. Ma è un piatto che racconta una storia. Una storia di naufragi, di un pesce venuto dal nord, di consigli segreti e dogi, di tradizioni culinarie e, ovviamente, di Venezia stessa. Quando prendi quel primo, sognante boccone di baccalà mantecato alla veneziana, non stai solo assaporando una delizia culinaria; stai assaporando la stessa essenza di Venezia. E come potrebbe essere diversamente? Una città che ha conquistato mari e mercati, che ha visto imperi sorgere e cadere, che ha ispirato artisti e amanti, non potrebbe avere un piatto qualsiasi come suo emblema. Doveva essere qualcosa di speciale, qualcosa che catturasse lo spirito e l'anima di Venezia in ogni forchettata. Quindi, la prossima volta che ti trovi davanti a una porzione di baccalà mantecato, prenditi un momento per riflettere. Rifletti sulla ricchezza della storia che hai davanti, sulla passione e l'impegno di coloro che hanno lavorato per preservarla e, soprattutto, sulla fortuna che abbiamo noi, semplici mortali, di poterne fare parte, almeno in un piccolo modo, ogni volta che ci concediamo un boccone. E con questo, vi saluto, cari lettori, sperando che la prossima volta che camminate lungo una calle veneziana, sentiate l'aroma avvolgente del baccalà mantecato che vi chiama, ricordandovi che non siete solo a Venezia, ma siete diventati parte di Venezia. E onestamente, non c'è niente di più speciale di questo.