È bella da stare male, ma non mi piace. Suona che è goduria pura, ma mi stona. Si chiama Purosangue, ma di puro ha niente proprio. Perché arriva dopo, perché stravolge qualcosa che invece è radici e perché, usando una sintesi estrema, una Ferrari a forma di fuoristrada (sì, ok, è un SUV) non si può sentire. Sia chiaro: è pura (e mera) opinione personale, ma dopo aver visto la Ferrari Purosangue ho avuto gli incubi per tutta la notte. Ho sognato Mick Jagger diventare trapper, Rocco Siffredi predicare castità, Wladimir Putin manifestare per la pace e persino Pinocchio battersi per la verità. Insomma: il mondo capovolto. E mi viene da chiedersi se Enzo Ferrari, quello che suggerì a Lamborghini di tornare a fare i trattori, avrebbe mai dato il suo ok. I dati tecnici raccontano di una macchina che rasenta la perfezione e anche a volerle trovare dei difetti ci sarebbe ben poco da dire, perché persino quello sportello controvento a mo’ di vecchia 500 ha il suo perché. Il difetto, però, è nel concetto e nel metodo.
Anzi, nel metodo prima ancora che nel concetto. Ecco perché la Ferrari Purosangue doveva chiamarsi Puracontraddizione. Che ci sta, per carità, visto che chi non prova a cambire mai è spesso noioso. Ma ci sta pure che a qualcuno sia venuto il mal di pancia. Il Cavallino deve arrivare prima. Deve indirizzare il futuro, piuttosto che inseguire il presente. Generare moda, anticipare il tempo. In un parola: vincere. E chi arriva dopo, anche se arriva bene e meglio, non vince. Il SUV Ferrari arriva ampiamente dopo, doppiato di qualche decina d’anni da altri marchi prestigiosi che già da tempo si sono adeguati alla moda imperante del SUV. È vero che poi, adesso che è arrivata anche Ferrari, ha tirato fuori qualcosa di unico e spettacolare, ma il peccato di arrivare dopo resta. E è un peccato imperdonabile se ti chiami Ferrari. E lascia pure quel senso di sconcerto che, a parti invertite, avvertiremmo se Lada si mettesse a fare supercar o se Land Rover o Jeep tirassero fuori bolidi rasoterra equipaggiabili solo con gomme slick.
Sarebbe stato meglio, allora, puntare davvero sulla purezza e rigirarsela in nome della tradizione: la Ferrari non è fatta per l’allroad e nemmeno per le mode. Si chiama esclusività o, meglio, orgoglio dell’esclusività. Sia inteso, se domani mattina la trovassi parcheggiata davanti casa e con le chiavi nella cassetta della posta non ci penserei su un secondo a fare un giro. E probabilmente mi divertirei anche tanto. Ma poi andrei a chiedere in concessionaria se fossero disposti a farmi fare un cambio, anche con una Ferrari più vecchia, di minor valore e pure ammaccata, ma Ferrari vera, quelle che ti fanno stare seduto sull'asfalto e avvertire la paura di una scodata ogni volta che apri il gas. Altrimenti non è Ferrari, ma moda. E moda seguita in imperdonabile ritardo. Bastavano tutti quegli esperimenti di mescolare i generi che c'erano già e che ci sono fino a non capirci più niente.
“Sono all’antica”, recita lo slogan stampato su una T-Shirt trovata in vendita in un Autogrill. Ecco, nel vedere in anteprima le foto e i video della Purosangue m’è tornata in mente quella maglietta. E non servono sempre ragioni profonde per giustificare un “perché no”. Sì, ok, bisogna adeguarsi al tempo e stare nel presente, ma è vero pure che se ti chiami Ferrari la mission è un po’ più alta. È anticipare il futuro.