Mettiamola così: ormai per me i numeri dei pervertiti nel bagno dell’autogrill sono meglio di qualsiasi opera di Basquiat. Quella sì che è tensione, una società che si manda a fanc*lo e ti invita a fot*erla. È quello che farò se mai dovessi fare un graffito a Milano: un grosso numero di cellulare, con un invito a fo*tere. I graffiti nati come nuova arte e presto degenerati in street art sono figli del più grande genocidio culturale della storia, la globalizzazione e l’universalismo forzato. L’arte è un atto vandalico al vandalismo, è pirateria della grazia, è pietra filosofale, misfatto, scippo, uno stupro d’amore, è un atto folle, sconclusionato, progetto senza progettualità. Vedo i Basquiat sulle maglie, nei calzini, sulle mutande, sui costumi. Vedo quest’arte tramutata in tazzine, nomi di Bar, oggettistica. Per carità lungi da me ogni moralismo, ma nell’arte bisogna cominciare ad interrogarsi seriamente su quanto sia giusto renderla democratica.
Più l’arte è democratica, più tutto questo la distrugge. Chi ha detto che trasformare definitivamente in marketing Basquiat sia un bene? L’aura di un artista si perde facilmente. L’imperfezione, l’assenza di volontà, la casualità e la freschezza sono ormai bandite. Rimane una sterile comunicazione di quattro concetti stereotipati e terzomondisti, destinati a qualcuno a cui in fondo non interessano, per promuove una partecipazione o adesione quasi totale a uno stucchevole tentativo di ingegneria estetico sociale, non si sa quanto volontaria, ma comunque presente. Ecco a cosa sta partecipando la street art, il graffitismo, e il giovanilismo a tutti i costi: sta creando i sessantacinquenni con le Jordan. Nulla di male, nessuna paranoia, non sto depresso, non devo sc*pare, o una sterile esibizione di spirito critico, ma rendiamoci conto che l’arte subisce un duro colpo. Se ti metti un paio di mutande con un Basquait disegnato, lo macchi di quello che il tuo corpo ritine meno puro, diciamo così, chiamiamolo col suo nome, pisc*o o Mer*a,e non sarà mer*a d’artista di Manzoni, ma mer*a su artista. Restano gli occhi di chi non sa, ingenui, meravigliosamente tristi, e di chi pensa di parlare un linguaggio segreto, colto, e d’arte, e lo vuole esibire con gli amici fighetti.
E ci vuole pazienza a essere così stronzi, ve lo assicuro, è lì che devi avere padronanza, controllo sul prurito nelle mani, se come me sei cresciuto con questa cultura e con l’arte fatta negli studi d’artista, con l’arte per l’arte, e le magliette si ma fatte per comunicare linguaggi nuovi. Non una stron*a decoratività studiata per piacere al giovanilismo più radical chic e terzomondista. Consoliamoci cosi: oggi quei segni che Basquiat rubava alla società dell’immagine più alienante della storia ora stanno tornando casa, nelle magliette dei giovani vecchi, e dei vecchi giovani, di un occidente completamente disorientato dallo scambiare l’arte per consumo ed il consumo per arte. Tanto basta che ci facciamo dei soldi e tutto va bene no?