Che i campioni sportivi dovrebbero fare corsi di dizione e recitazione l'abbiamo sempre pensato un po' tutti: la voce è una delle armi seduttive più importanti e sentir parlare uno o una dei nostri eroi sportivi nelle pubblicità non è raro che ci faccia cadere... l'ispirazione. Ma con tutti i soldi che vengono spesi per accaparrarsi il campione, almeno che lo spot sia di qualità. E sapete cosa viene fuori? Che tennis batte calcio senza tie-break. Jannik Sinner, a partire da Fastweb che ci ha pensato un po' in anticipo, è comprensibilmente uno dei campioni più gettonati dalle aziende per aggiungere quel valore che chi gestisce la marca pensa che manchi, o che vada aggiunto, motivo per il quale nelle pubblicità si usano i “testimonial”. A fianco del rosso campione poco italiano ma adottato da tutti, spuntano i soliti spot con i campioni del calcio. Ma c'è una triste sorpresa. Mister Luciano Spalletti ovviamente la fa da padrone in almeno due di questi. In uno (Tim) è piegato a mettere in scena una parodia di allenatore surreale che fa dimostrazioni di prodotto, accende la tv per un gruppo di amici, interagisce con la cliente Tim sugli spalti e si ritrova a fare selfie e video ai giocatori per compiacere la giovane fan, finendo addirittura in un negozio a desacralizzare e ridicolizzare la ritualità dei gesti da mister chiedendo il “cambio” di telefono con uno nuovo. Nell'altro, poi, i campioni del calcio sono piegati a recitare sé stessi in una ancor meno probabile rapina a uno stanzino non ben definito che contiene come una bancarella tutti i prodotti Dop e Igp in esposizione. Come se non fosse abbastanza la imbarazzante recitazione, che si sarebbe perdonata loro se la prestazione sportiva non fosse stata ancor più imbarazzante, con un suono mal registrato e luci ancor più amatoriali, Spalletti jolly è qua il “custode” delle prelibate cibarie, a rappresentare certo metaforicamente la tutela dei rispettabilissimi marchi Dop e Igp che però hanno prodotto uno spot ben poco rispettabile. Come se ci fosse una sorta di sfrontatezza, di senso di superiorità per cui una volta acquisita la presenza del campione o della star calcistica, il lavoro fosse fatto, così come il calcio in Italia è pigliatutto per quanto riguarda i contributi economici e l'attenzione mediatica.
Non vogliamo sparare a zero su chi crea questi prodotti perché sappiamo benissimo cosa significa girare con i campioni. Chi non è del mestiere forse non sa ma immagina che spesso il tempo di questi impegnatissimi sportivi è fortemente contingentato e registi e troupe devono portare a casa un risultato in condizioni di tempo proibitive, aggravate dal fatto che chi è davanti alla macchina da presa non è un attore di mestiere e quindi può necessitare di più tempo per ottenere le espressioni e inflessioni necessarie, oltre a non poter essere guidato in modo troppo pressante da un regista che tradizionalmente può intrattenere con gli attori un rapporto anche conflittuale, patto che non è in vigore con lo sportivo che, per quanto pagato, non è lì per farsi lavare i capelli dal regista di turno. Ma la nostra analisi è il “pov” (point of view, il punto di vista, ndr) dello spettatore, e non c'è pietà quando si guarda il risultato anche conoscendo i segreti del backstage. Alcune ricerche dicono che l'attenzione per il calcio sta calando, a favore di quella per i campioni di altre discipline, primo fra tutte il tennis. E certo, perché se vogliamo l'attenzione, poi quando la abbiamo, bisogna fare qualcosa tipo... vincere? E per il calcio è tutto. Ma c'è anche un altro mistero, che riguarda la qualità: perché quando le interruzioni pubblicitarie ci portano sugli spot a tema tennis o comunque con Sinner come protagonista, ciò che vediamo non è così criticabile? Sinner tuttofare negli spot Fastweb, snaturato ma a suo agio e autoironico. Sinner inaspettato partner di doppio per Isybank. Sinner testimonial perfezionista per Lavazza. Certo la spontaneità e la fotogenicità del campione fanno la loro parte, ma Jannik non recita meglio di altri sportivi, è concentrato sul suo lavoro, non finge ma porta sè stesso sul set come tutti gli altri. E quando pensiamo che alla fine la maggiore digeribilità degli spot a tema tennis sia merito del rosso quasi nazionale, spunta un piccolo capolavoro con Roger Federer e Zendaya che si sfidano in una partita senza pallina, e allora no, ci deve essere dietro un complotto, i poteri forti, una congiura contro il calcio italiano. Oppure la soluzione del mistero è più semplice, e non ha a che fare con la differenza di dimensione delle palle, anche se alcuni autori di questi spot probabilmente le hanno di dimensioni diverse da altri, ma dobbiamo cercarla come al solito nella serietà e nella professionalità che a volte in Italia sono sacrificate in nome non tanto del budget, perché spesso i prodotti più ridicoli sono costati anche un sacco di soldi, ma in nome del “dove” si sceglie di destinarlo quel budget, in quali fasi del processo i soldi si disperdono o vengono allocati. Semplicemente quando si segue un iter professionale e dietro uno spot c'è un'idea, e questa idea viene realizzata in modo tecnicamente sostenibile, anche l'interruzione della nostra fiction preferita si lascia guardare con decenza e un moto di simpatia, come dovrebbe essere tutta la pubblicità: intrattenimento che vende.