Vi è mai capitato di cenare in un ristorante stellato con la possibilità di osservare ciò che sta accadendo in cucina? Bere un cocktail al bancone del Movida ha molto a che fare con questo tipo di esperienza. Il perché è presto detto: la cura, l’esperienza e il metodo con cui Marco Spinazzi, storico barman del locale situato sul Naviglio Pavese (Via Ascanio Sforza 41, Milano, per la precisione), prepara i suoi drink è del tutto simile a quella che uno chef ripone nella creazione dei suoi piatti.
Certo, nel caso dei cocktail esiste una lista di composizioni predeterminate: sono i cosiddetti cocktail IBA (International Bartenders Association). Americano, Negroni, Bloody Mary, Black Russian, Moscow Mule, Negroni - solo per citarne alcuni - ne fanno parte. Sono le basi: per essere un bravo bartender, i cocktail che ne fanno parte devono rientrare nel tuo “armamentario”. Ma se quella per questo lavoro è anche e soprattutto una vocazione, il desiderio sarà inevitabilmente quello di creare qualcosa di unico, magari di personalizzato, in base alle esigenze e ai gusti di ogni cliente. Tutto diventa, così, una questione di sentori, di sapori, di profumi e di equilibri.
È con estrema ammirazione, quindi, che si finisce per osservare i gesti di chi, come Marco, come un sapiente stregone, seleziona materie prime, liquori, distillati, essenze, mescolandole tra loro, shakerandole, annusandole, assaggiandole, interrogandosi su quali tocchi servano ancora per completare un percorso olfattivo e gustativo che, proprio come nel caso di una raffinata pietanza, rappresenta prima di tutto un’esperienza per chi abbia la fortuna di gustarne il sapore.
L’occasione per ritrovarsi a ragionare su queste similitudini ce l’ha offerto un percorso ideato proprio da chi, al Movida Ristorante e Cocktail Bar, si occupa di soddisfare i suoi assetati clienti: una Masterclass dal titolo “Non solo gin tonic”, un vero e proprio viaggio tra abbinamenti apparentemente insoliti, per dimostrare quante e quali potenzialità uno spirit come il gin sappia fornire anche in “miscelazione” (come dicono quelli bravi). Per esempio, avreste mai immaginato che, con il gin, fosse possibile dare forma a un cocktail a base di mezcal? Marco Spinazzi l’ha preparato davanti ai nostri occhi: mezcal, per l’appunto, estratto di mango e maracuja fresco (a sottolineare il legame con il Sud America), limone, sciroppo d’agave, Braulio e Gin Amàzzoni. Quest’ultimo, prodotto in Brasile, si caratterizza per la presenza di ingredienti solitamente molto distanti dai tradizionali gin (come il cacao, la castagna brasiliana, il maxixe, la ninfea e il cipò cravo), conferendo al cocktail un gusto particolarmente esotico.
Dall’afoso immaginario di una serata sudamericana, il nostro barmaqn ci ha, così, trasportati tra le uggiose distillerie delle highlands scozzesi. Un distillato aromatico e floreale, come l’olandese Gin Bobby’s, ottenuto da una miscela di botaniche indonesiane, tra cui bacche di rosa canina e pepe di Giava, è stato unito - in questa seconda degustazione - a un torbato Laphroaig, a dello zucchero, limone, ancora una volta del Braulio, della Vodka alla pera e dell’estratto di uva fragola. Ingredienti apparentemente molto lontani tra loro, in grado, tuttavia, di dare un perfetto equilibrio a un cocktail capace di mettere insieme due superalcolici generalmente chiamati a fungere da “basi” come gin e whisky.
Esperimento ripetuto con il brandy, il distillato del vino. Marco, in questo caso, l’ha miscelato con del Gin Hendrick’s Flora Adora, un’edizione limitata, dai forti sentori floreali, a cui ha aggiunto dell’estratto di melograno, un’essenza alcolica di foglie di arancia amara e del Fernet Branca. La nostra degustazione è quindi proseguita con un cocktail a base di Gin Taurus e Rum Brugal 1888. Quest’ultimo ottenuto dopo 8 anni di invecchiamento in botti di rovere americano, in precedenza utilizzate per il bourbon, e 4 ulteriori anni in botti di rovere rosso spagnolo, ex-sherry, ha così incontrato il primo gin di colore nero mai creato al mondo. Elaborato in base a una ricetta che prevede ben 7 botaniche (ginepro, cardamomo, angelica, coriandolo, zenzero, pepe a bacca tonda, pepe a bacca lunga), la maggior parte delle quali raccolte a mano tra le Valli occitane (un territorio incontaminato fra le Alpi del Piemonte Occidentale), viene diluito con un’acqua estratta da una falda nel cuore della montagna. A legare il tutto, Jefferson Amaro Importante, prodotto in Calabria, a base di bergamotto, arance amare e dolci, rosmarino e origano, a cui è stato aggiunto del succo d’arancia, del limone, dello zucchero, e un tocco di essenza alcolica Zacapa. Ultima, ma non ultima, una miscelazione a base di tequila: Tequila Reposado Don Julio, soluzione salina, Gin Malfy al pompelmo, succo di cramberries, Triple Sec, Branca Menta ed essenza alcolica di alloro.
Un percorso degustativo a cui hanno fatto da accompagnamento, in un curioso ribaltamento di ruoli, degli assaggi di ciò che la cucina del Movida è in grado di fare: millefoglie di baccalà, mantecato alle fave Tonka, con chips di polenta soffiata; polpo cotto a bassa temperatura, ripassato in padella, con bietole arcobaleno e crema di patate; sfera di riso marinato allo yuzu con gambero rosso di Mazara e caviale di cipolla rossa.
In un mondo in cui gastronomia e miscelazione sono sempre più attigui, l'esperienza offerta al Movida Ristorante e Cocktail Bar rappresenta una perfetta sintesi di questa fusione. Marco Spinazzi, con il suo lavoro, dimostra ogni giorno come l'arte del bartendering possa andare ben oltre la semplice preparazione di un drink, diventando un vero e proprio viaggio sensoriale che abbraccia culture, sapori e tradizioni. I cocktail, in questo contesto, non sono semplici bevande, ma narrazioni liquide, ognuna con una sua storia, un suo carattere, una sua identità. E proprio come in un ristorante stellato, dove ogni piatto è il risultato di ricerca, passione e dedizione, anche qui ogni bicchiere racconta l'attenzione ai dettagli, l'audacia nella sperimentazione e l'amore per l'arte della mixologia. E se i piatti della cucina del Movida sono la ciliegina sulla torta, è innegabile che il vero protagonista sia il cocktail, in tutte le sue sfaccettature e variazioni. Cenare al Movida diventa così, non soltanto un pasto, ma un'esperienza immersiva in grado di stimolare ogni senso, in un viaggio attraverso mondi di sapore inaspettati e affascinanti.