Il nastro trasportatore scorre attorno ad un bancone circolare. Decine e decine di piattini si muovono davanti agli occhi dei clienti seguendo sempre lo stesso percorso. Seduti di fronte al sushi man, il cuoco specializzato nella preparazione del sushi, un piatto composto da pesce (crudo o cotto) appoggiato su una base di riso, gli avventori sono liberi di allungare le loro mani per prendere la pietanza che più desiderano. Possono attendere che la prelibatezza desiderata passi davanti alla loro postazione oppure, in caso di richieste particolari, recapitare un ordine specifico direttamente allo chef, pronto a prepararlo sul momento. Benvenuti in Giappone, dove mangiare sushi è un’esperienza che niente ha a che vedere con i sempre più numerosi all you can eat italiani, lontanissime imitazioni sbiadite di uno dei piatti tradizionali della cultura culinaria nipponica. Quello appena descritto è in realtà un Kaiten Sushi, un ristorante fast food che serve sushi su un nastro trasportatore.
Sushi “al nastro”
Il funzionamento di un Kaiten Sushi è tanto semplice quanto efficiente: basta sedersi attorno al bancone, osservare ciò che il sushi man dispone sul nastro trasportatore e iniziare ad afferrare la portata, formata da due bocconcini, più in linea con i propri gusti. L’unica accortezza da tenere in mente ai fini del conto finale, e cioè della spesa del vostro pranzo o della vostra cena, riguarda il colore dei piattini. Già, perché i piatti sono suddivisi in più categorie – dipende dal locale: di solito, 5 o 6 - ognuna delle quali contraddistinte da un colore specifico, e quindi da un prezzo differente. Facciamo un esempio pratico. Quelli dorati hanno un costo di 700 yen, gli argentati 500, i rossi 280, i blu 200, i bianchi 150. Per scoprire i prezzi basta guardarsi in giro. Esposto da qualche parte, all’interno dei ristoranti c’è sempre un listino prezzi con una legenda intuitiva. Insomma, il cliente seduto al bancone mangerà tutte le portate fino a che non sarà sazio. A quel punto, il cameriere prende nota dei piattini consumati e calcola la spesa finale. Tralasciando le eccellenze assolute, un pasto in un Kaiten Sushi di una grande città giapponese può mediamente oscillare tra i 2300 e i 3400 yen (tra i 15 e i 22 euro circa), bevande comprese. Certo, in Giappone non esistono soltanto locali del genere ed è possibile mangiare sushi anche ordinandolo alla carta. In ogni caso, lascia sorpresi l’abisso che separa l’atto del mangiare sushi nella terra del Sol Levante e il farlo in Italia. Per intenderci, è un abisso ancora più ampio di quello che sussiste tra l’ordinare pasta o pizza in una trattoria italiana e in un locale turistico di Berlino o Bruxelles. È forse per mitigare questo gap che i ristoranti asiatici presenti dalle nostre parti – negli ultimi anni moltiplicatisi come funghi e ormai presenti anche nei più piccoli paesini di provincia – hanno scelto di puntare sulla quantità a discapito della qualità. Ecco dunque la magica formula dell’All you can eat: ad un prezzo fisso (più elevato a cena che non a pranzo) è possibile ordinare tutte le pietanze desiderate dal menù, quante volte lo vogliamo (fatto salvo alcune possibili eccezioni). Mentre in Italia la suddetta modalità sembra essere fissa quando parliamo di sushi, in Giappone è soltanto una delle proposte disponibili.
E l'all you can eat in Italia?
Molte delle persone che durante i fine settimana affollano i “ristoranti giapponesi” italiani, convinte peraltro di gustarsi un ottimo all you can eat a prezzi onesti, probabilmente non hanno mai mangiato un vero sushi in vita loro. Eppure sono così felici di entrare in ristoranti spaziosi, con i soffitti luccicanti, i tablet per ordinare piatti a raffica e le bacchette pronte per afferrare i bocconcini di riso e salmone. Chi sceglie locali più patinati non vede addirittura l’ora di fotografare quanto ordinato per poi poterlo postare su Instagram, convinto di fare tendenza. Peccato che la quasi totalità di questi mangiatori italiani di sushi si accontenti di esperienze culinarie giapponesi tanto social quanto fittizie. Intanto perché molti dei ristoranti nipponici all you can eat presenti in Italia hanno poco o niente a che spartire con il Giappone, essendo gestiti da proprietari cinesi che si dileggiano a preparare sushi in maniera basilare. Dopo di che, passando alla qualità dei piatti, il comune sushi presente alle nostre latitudini (non tutto, sia chiaro) ha un sapore che non può minimamente essere paragonato a quello incarnato dal sushi servito in Giappone. Mangiare quest’ultimo equivale ad assaporare vero pesce, che può variare dal salmone scottato ad altre varietà marine. Infine c’è da considerare il prezzo, probabilmente la variabile che più lascia perplessi. Una cena in un all you can eat giapponese (o presunto tale) italiano può arrivare a costare intorno ai 40 euro a persona, bevande comprese. Il conto lievita ulteriormente in caso di dessert e caffè. Si tratta, giusto per fare un conto freddissimo, del doppio di quanto si potrebbe pagare un sushi a Tokyo e dintorni. Detto altrimenti, il sushi offerto in Italia è per lo più scadente e pagato a peso d’oro. Uno sfizio carissimo, di tendenza, che niente ha a che vedere con la reale esperienza culinaria nipponica. Un suggerimento: se i prezzi devono comunque essere alti, forse è meglio affidarsi alle eccellenze e lasciar perdere i finti ristoranti giapponesi. All you can eat coincide spesso con prezzi alle stelle per qualità mediocre.