Ugo Fava da giovane, giovanissimo, era un po’ la pecora nera di famiglia. Organizzava serate per studenti universitari nelle discoteche, oggi è un imprenditore instancabile, proprietario e socio di locali che ancora animano la vita serale milanese. E festeggia il primo quarto di secolo del suo più importante gioiello, Le Biciclette. Chi scrive 25 anni or sono ne aveva già 26. Pertanto partecipare alla festa dell’anniversario del locale è stata un po’ dura. Incontri e ammiri tante giovani ospiti, che hanno due decenni e passa meno di te e come è prevedibile non scambiano neppure uno sguardo. Sei come invisibile. Da giornalista serio, che non solo partecipa alla festa, ma ha il compito di registrare quel che avviene, chi scrive lavora letteralmente in incognito. Nel senso che nessuno se lo fila. Ha la sola consolazione di qualche buon drink gratuito e gustosi finger food.
Ugo Fava festeggia l’anniversario del suo locale, ma non fa trasparire grandi emozioni. Eppure è stato tra gli artefici della “Nuova Milano da bere”. Quando cioè si è passati dagli happy hour con buffet con gli scarti del pranzo a una concezione più matura ed evoluta dei locali. L’aperitivo, infatti, ci dice Ug,o non fu il primo focus del locale: «Partimmo dalla ristorazione e dal dopocena. Ma in breve è diventato importante anche l’aperitivo, per il resto Le Biciclette hanno un format praticamente uguale a quello originario: buona cucina, buon beverage, musica, design, arte e convivialità». Intanto fuori del locale c’è una giovane coppia che limona con in mano due twist di Paloma.
Breve parentesi. Limonare è un’espressione anni ’80, ma più abbinabile a un cocktail del sinonimo slinguare. Inoltre l’atto del limonare era una sorta di rito d’iniziazione al sesso. Il bacio con la lingua era il primo vero passo verso un orizzonte erotico. Chiusa parentesi. E ricomincia l’intervista.
Che cosa è cambiato nella vita serale milanese rispetto a due, tre decenni fa? Milano è ancora la città più cool d’Italia?
«Penso di sì. Riguardo al ritmo della vita, al fermento della città, dalla moda al design, l’architettura. Tante cose che avvengono e attirano tante persone dall’estero. Milano è sicuramente la città più internazionale d’Italia sotto questi aspetti. E noi in qualche modo ne approfittiamo. Milano oggi ha tanti locali belli, con un servizio di qualità».
Dove ti piacerebbe aprire un locale tipo Le Biciclette 2 in un’altra città? Anche all’estero.
«Io sono legatissimo a Milano, ma prenderei in considerazione una metropoli internazionale per vedere, come direbbe Jannacci, l’effetto che fa. A caldo direi Berlino o un’altra città del Nord Europa come Copenaghen. Londra, forse, come dire, ha già dato. Ed è troppo legata al denaro, mentre le mie attività son più legate alle idee».
Cose che rimpiangi, di cui ti penti e di cui vai più fiero.
«Una cosa che rimpiango è di non essermi impegnato prima in questo settore. Ma in realtà ho evitato una cosa che non faceva per me. Un lavoro, anche professionale, ma d’ufficio».
Un sogno nel cassetto? Domanda banale, ma che apr molti orizzonti.
«Mi piacerebbe lavorare nel mondo della hotellerie. Per esempio aprire una sorta di trendy hotel».
Qualcosa quindi connesso al mondo del design e dell’arte.
«Certamente, è anche questa una cosa nel dna delle Biciclette. Da sempre collaboriamo e partecipiamo per esempio al Fuori Salone del Mobile. Penso a un albergo che diventi un punto di incontro per persone che hanno voglia di confrontarsi e scambiarsi idee. Non parlo di un albergo che debba esser un 5 stelle lusso, ma come nello spirito delle Biciclette di un luogo aperto. L’albergo figo e trendy a Milano ancora non c’è. Ci sono tanti hotel di lusso, ma senza quel quid proprio di un luogo come il nostro».
Qual è il quartiere milanese a cui sei più affezionato?
«Città Studi, perché ci vivo. Ma la zona più intrigante e divertente di Milano è quella dei Navigli e della Darsena».
La conversazione s’interrompe bruscamente, perché Ugo Fava appartiene a quella categoria d’imprenditori imprendibili, sempre in movimento. Anche se ci tiene a sottolineare che a un certo punto della sera lui si ritira a casa, tipo non più tardi delle 23.
Al bancone oramai c’è una coda notevole. Le Biciclette sono quasi prese d’assalto per il 25° anniversario. Ma chi scrive ha ancora sete e ordina un Negroni d’asporto a un bar accanto. Il peggior Negroni della sua vita. Nel frattempo, la musica alle Biciclette sale di qualità e tono. Le ragazze ballano. Dopo aver raggiunto per l’ultima volta il bancone, si ordina un piacevolissimo twist del Margarita con Mezcal, pensando “chissà, magari un giorno nascerà un nuovo Chelsea Hotel a Milano”.