Dopo mesi di silenzio, Goran Ivanisevic torna a parlare. E lo fa con parole che rimbalzano come un pugno nello stomaco per chi, durante gli anni più duri della pandemia, ha accettato acriticamente ogni diktat. Nessuna esitazione: “Novak Djokovic era pronto a lasciare la sua carriera per rimanere fedele ai suoi principi. Nessun altro atleta d’élite l’avrebbe fatto”. L’ex tennista croato, campione di Wimbledon nel 2001 e per anni nel box di Nole come allenatore, si è raccontato a “Failure of the Champion”, il programma condotto dal connazionale ed ex calciatore Slaven Bilic. Una chiacchierata che è subito diventata una bomba. Perché Ivanisevic non si è limitato a ripercorrere i successi condivisi con Djokovic, ma ha puntato dritto al cuore della polemica che da tre anni accompagna il serbo: il suo rifiuto categorico di vaccinarsi contro il Covid-19. “È stato condannato, attaccato, deriso. Ma non ha mai vacillato. Nemmeno un secondo. E oggi possiamo dire che forse aveva ragione lui”, ha dichiarato l’ex allenatore del numero uno del mondo.

“Mentre tutti si piegavano, mentre il mondo si comportava come un gregge, lui si è alzato in piedi da solo, ha detto no e ha pagato il prezzo. Ma con la schiena dritta. Siamo stati chiusi come pecore per tre anni, manipolati. Ora cominciano a emergere anche problemi legati a quei vaccini, ma all’epoca guai a parlarne. Novak non ha mai detto a nessuno di non vaccinarsi. Noi nel suo team l’abbiamo fatto tutti. Lui no. E ha accettato le conseguenze, anche quelle più pesanti, come saltare gli Australian Open del 2022 o altri tornei importanti”. Ma non è tutto. Ivanisevic ha ricordato anche come Djokovic avesse persino organizzato un torneo a Belgrado durante la pandemia, aiutando altri tennisti a vaccinarsi. “Lui no, mai. Ma non ha mai impedito agli altri di farlo. Non è mai stato un no-vax ideologico. È stato coerente con sé stesso. E per questo è stato trattato come un paria”. La forza d’animo di Djokovic, secondo Ivanisevic, va oltre la questione vaccinale. È parte della sua natura, della sua identità: “È serbo, viene da un paese che non fa parte delle élite dorate. Non lo capiscono, non lo accettano. Se fosse stato svizzero o americano, lo avrebbero già elevato a leggenda indiscussa. Invece no. Perché dice quello che pensa, sempre. Anche quando fa male”.

E proprio questa onestà lo rende, secondo il coach croato, il più grande di tutti. “Federer è eleganza pura, anche quando gioca male è poesia. Nadal è un guerriero, un animale da battaglia. Ma Djokovic è il più completo. Il migliore di sempre. Il goat, senza discussioni. Ma siccome viene dai Balcani, lo ignorano, lo attaccano, lo sminuiscono. Ma non possono cancellare quello che ha fatto sul campo”. L’intervista è anche un duro atto d’accusa contro l’ipocrisia dello sport e del sistema mediatico. “Djokovic non va in giro a cercare approvazione. Non ha bisogno di piacere a tutti. Ma merita rispetto. E alla fine, quando le emozioni saranno svanite, resteranno i numeri. E quei numeri dicono che Novak Djokovic è il tennista più vincente della storia”. Un tennista che, parole di Ivanisevic, era pronto a rinunciare a tutto, Slam compresi, per un principio. “E oggi, nel silenzio generale, si inizia ad ammettere che forse tanto torto non aveva”. Beh, signori, queste parole pesano come un macigno, e per chi non lo ha ancora capito hanno anche una ripercussione politica…