60 ore. A stare comodi, per altro. Questo è il tempo che passa un pilota di MotoGP in sella alla sua moto durante tutta la stagione tra turni di prova, qualifiche e gare. 60 ore come una settimana e mezza di lavoro, due settimane di scuola. E fa impressione a livello tecnico, ma anche umanamente: passi una vita a sognare quella moto, quella griglia, quegli avversari.

Se riesci a finire tra i pochissimi pagati per correre in MotoGP, il tuo sogno potrebbe durare - nella migliore delle ipotesi - il tempo di un qualunque stage non retribuito, meno di una stagione. Il numero fa impressione anche prendendo in esame un singolo weekend di gara: i piloti arrivano in circuito il mercoledì e lo lasciano, se va bene, la domenica sera, per una media di cinque giorni a settimana di cui però, di fatto, guidano a malapena tre ore. Ecco che ci rendiamo conto di quanto sia importante fare chilometri sulla moto, così come evitare di stendersi in gara. Oltre all’importanza del talento, perché è vero che a casa ti puoi allenare ma quando arrivi alla MotoGP non c’è niente che ci assomigli davvero e la pratica non basta.
Di cose strane e nascoste però in MotoGP ce ne sono moltissime. Un’altra, per esempio, è sulla messa a punto delle moto con cui corre ogni pilota: quella che affronterà la qualifica è sensibilmente diversa da quella che corre in gara sia per l’assetto che per un componente fondamentale come il serbatoio. Nel video parliamo anche di come si analizza un turno della MotoGP, del fatto che le tute dei piloti vengono riparate (e ridipinte), oltre al fatto che, anche potendola comprare, una MotoGP non si riesce neanche accendere senza un paio di persone che sanno esattamente come fare. A raccontarcelo è stato Gianluca di Stile Italiano, che tra le altre ha trattato la Ducati GP3 di Troy Bayliss e la Honda NSR di Mick Doohan.
