È il 2013, Eminem vince una serie di premi agli EMA, gli Europe Music Awards di MTV. Prima di andarsene Will Ferrell gli fa una domanda: “Scusa, c’è AfroJack che parla male di te e devo chiederti cosa ne pensi”. Il rapper prende il microfono: “Chi?”. La battuta arriva, la gente comincia a urlare e Ferrell - vestito da Ron Burgundy - ripete: “AfroJack”. Eminem, di nuovo: “Chi?”.
Passano una dozzina d’anni, quel video gira sui social come tanti altri e Pedro Acosta, intervistato da David Broncano per La Revuelta, ci restituisce lo stesso spettacolo: “Marc Marquez chi?”, dice lui. È ovviamente una gag, una citazione. Solo che la gente non capisce e sul profilo Instagram di Pedro Acosta cominciano a piovere commenti di una cattiveria che nemmeno se avesse bombardato di petardi un canile.

A questo punto - quindi a un mese dall’intervista - tra le foto di Acosta il commento più presente è ancora “Chi”. Marc Marquez chiaramente non ha mai risposto, probabilmente lo farà quando avrà la risposta perfetta. Eppure, anche se Pedro è da sempre così, questo approccio nei confronti di Marc Marquez non può che essere una strategia, un modo in più per approcciare la competizione. Lo fanno in tanti, la UFC ha addirittura dei momenti prestabiliti per questa guerra psicologica a chiacchiere. Perché può cambiare i risultati, perché è divertente, perché intrattiene. Eppure, in questi giorni è cambiato qualcosa: Pedro Acosta avrebbe ricevuto, tramite il suo manager Albert Valera, una sorta di assegno in bianco da parte di HRC: vieni da noi, ti copriamo d’oro. Vieni da noi, faremo la storia.
Pedro non può lasciare KTM come se niente fosse, esiste un contratto molto stringente. Eppure un pezzo di carta non basta più, specialmente considerando due cose: la prima è che KTM potrebbe ritirarsi a fine stagione ed è un rischio concreto, non una sparata. La seconda è che se ce l’ha fatta Marc Marquez proprio con la Honda, un modo dovrebbero trovarlo anche Valera e Acosta. Specialmente considerando che Dorna ha tutto l’interesse nel mettere Pedro in condizioni di vincere.

Qui arriviamo alla parte più interessante di questa storia. Alla narrazione che funziona meglio di ogni altra cosa anche nel motorsport: il dualismo. Senna-Prost, Rossi-Biaggi. Roba di questa qualità, enorme, buona per film e serie TV e milioni di parole, opinioni, interviste, analisi. In una parola: soldi. Ora che Marc Marquez è tornato il mattatore che era la MotoGP può vendere al pubblico la storia dell’eroe che torna dal suo viaggio infinito, l’Ulisse delle corse in moto: pieno di talento ma costretto a lottare contro i suoi demoni, un fisico che non risponde, gli avversari che avanzano. Tutto perfetto. Poi però ogni storia deve trovare il modo per continuare, anzi per evolversi senza perdere d’interesse e farlo crescere. E Pedro Acosta, il Rookie Maravilla, il nuovo Marquez, è perfetto per questa cosa. A dieci anni da Marc Marquez che porta via il trono a Valentino Rossi a caccia del decimo titolo, potremmo vedere Pedro Acosta fare lo stesso con Marc. Poi certo: Dorna non ha il telecomando per muovere i piloti e non ce l’avrà mai, ha però la possibilità di dare una spintarella nella giusta direzione affinché determinati eventi si realizzino.
Come, per esempio, la firma di Pedro Acosta per un colosso giapponese, che potrebbe essere Honda ma pure Yamaha. A dirla tutta, chiunque lo prenderebbe volentieri in squadra. A questo proposito c’è anche chi parla di una possibilità in Ducati con VR46 - che da quest’anno occupa il ruolo che fu della Pramac come Team Factory Supported - tuttavia sembra difficile che accada. Al contempo, se KTM dovesse lasciare la MotoGP ci sono due costruttori che spingono per prenderne il posto: BMW, che lo ha dichiarato esplicitamente in più occasioni, e Suzuki.
Di cui forse si parla troppo e forse non abbastanza.

