Alex Marquez è primo nel martedì dei test al Montmelò. Con la Ducati GP24 messagli a disposizione dal Team Gresini, di cui ora è el jefe, ha ritrovato immediatamente la velocità. Seduti sui banchi della sala stampa gli abbiamo chiesto di questa stagione e della prossima, ascoltando ancora una volta come ragionano gli atleti: “Devi dare tutto quello che hai per arrivare”, ci ha risposto. “Se non ce la fai almeno sai di aver dato tutto, di non avere rimpianti. Non voglio che mi rimanga nemmeno il minimo dubbio, non voglio pensare che avrei potuto fare cinque chilometri in più con la bici”. Alex parla così anche quando gli chiediamo di Fermín Aldeguer, suo compagno di squadra per l’anno prossimo (“Magari farà solo una cosa meglio di me, ma quella la voglio imparare”), mentre sul fratello, a cui è legatissimo, si dice d’accordo con Luca Marini. Il tutto con grande leggerezza, ridacchiando e confidandoci che, un po’ come Andrea Dovizioso, finita la MotoGP c’è solo il motocross.
Allora Alex, com’è andato quest'anno? Come stai?
“Sono contento. Alla fine penso che sia stato un anno in cui ho fatto tanta esperienza. Io dico sempre che quando le cose non vanno come uno se le aspetta si impara il doppio. Nei momenti belli è molto facile lavorare, stare lì, essere contento e tutta quella roba. Ma la verità è che non impari tanto, è quando le cose vanno male, you know, che ti devi impegnare il doppio. Quest’anno è stato così, alti e bassi. Abbiamo anche passato momenti molto belli come il podio al Sachsenring e siamo stati abbastanza regolari, ma un po' troppo lontani dal top. Dobbiamo lavorare per l'anno prossimo, imparare a far girare le cose un po’ più in fretta quando le cose non vanno come vorrei”.
Nel 2014 hai vinto un titolo in Moto3. Nel 2019, dopo 5 anni, hai vinto uno in Moto2…
“So dove stai andando!”
Allora ci pensi anche tu! Il tuo obiettivo è quello, vincere un titolo in MotoGP?
“Ah guarda, firmerei adesso! Se dovessi vincere l'anno prossimo, mettimelo per iscritto che firmo adesso. 5 anni sono passati adesso, però forse in MotoGP possiamo aspettarne 6, no? Alla fine è il più difficile! No, parlando sul serio l’obiettivo è sempre quello. Deve sempre essere quello. È vero che quando cominci la stagione in un team indipendente senza la moto ufficiale devi avere sempre un'aspettativa un po' più bassa, ma la motivazione che devi avere come pilota quando lavori a casa è sempre quella. Devi dare tutto quello che hai per arrivare. Se non ce la fai almeno sai di aver dato tutto, di non avere rimpianti. Non voglio che mi rimanga nemmeno il minimo dubbio, non voglio pensare che avrei potuto fare cinque chilometri in più con la bici. Devo sapere di aver fatto tutto il possibile. Quello mi dà tranquillità come persona”.
È un bel messaggio. Senti, quanto è cambiata la MotoGP in questi cinque anni?
“Io sono entrato in MotoGP all’inizio dell'era dell’aerodinamica, che all’epoca era molto, molto meno impattante rispetto ad ora. Poi non c’era ancora il device posteriore e le ali erano piccole, oltre che messe un po’ a caso: ‘Prova a vedere un po’ di piazzarle lì, a vedere che succede, magari ci stanno bene…’ Adesso il lavoro sull’aerodinamica è molto più professionale e modifica davvero il comportamento della moto. Mi ricordo quando ho cominciato nel 2020: il wheelie era molto meno (l’impennata in accelerazione, ndr) ma il rettilineo di Jerez non si faceva dritto, si faceva come una curva, sia quello del traguardo che il rettilineo posteriore. (Tutti i rettilinei venivano percorsi così per avere più trazione, ndr.) La verità è che è cambiato tanto, penso che quello che faranno per il 2027 sarà tornare un po’ a quei tempi. Non penso che le cose cambieranno tantissimo, anche se mi aspetto che la tecnica del pilota influisca un po’ di più”.
Michele Masini, il tuo Team Manager, mi ha chiesto di ricordarti che l’anno prossimo sarai tu a tenere il timone. Condividerai il box con un rookie per la prima volta, sarai el jefe.
“Ah, l’ho detto anche a Nadia: da lunedì questa canzone che mettete a Marc, el Jefe, la dovete mettere a me! Rideva, Nadia rideva. Sarà interessante, sono molto curioso di vederlo. Un rookie, lo dico sempre, porta sempre delle cose buone in MotoGP dalla Moto2. Fermín è un ragazzo che guida il 600 da quando ha 14 anni, non ha fatto molta Moto3 ed è di una scuola diversa. Voglio vedere cosa porterà di fresco: la percorrenza, il passo di curva… voglio anche imparare, perché quando un giovane arriva ha sempre un occhio più fresco. Quello ti dà motivazione. Magari ti metti a pensare che fa quasi tutto peggio, invece devi guardare cosa fa meglio di te e imparare da lì, questa dev’essere la mentalità. Fino ad ora ho avuto sempre compagni di squadra della mia scuola, come Marc e Diggia. Invece Fermín è di un’altra generazione”.
Questo è stato anche l'anno in cui hai corso con Marc, avete fatto quello che non vi era riuscito nel 2020. Come è stato correre con lui? È difficile a volte dividere il box con lui o è sempre una festa?
“No, no. Non è sempre una festa, quando stiamo lavorando ognuno è al suo lato di box e siamo concentrati, ma quando ti trovi in garage un otto volte campione del mondo devi fare i conti con un otto volte campione del mondo: c’è più pressione, la gente ci guarda di più, la gente ci vuole stare davanti e tutto il resto, ma è veramente molto bella aver potuto potuto imparare tanto da lui e penso che anche il team abbia imparato tanto. È stato un leader del team dal primo giorno, quando è arrivato aveva le idee molto chiare, veniva da un periodo molto difficile in Honda e aveva bene in testa quello che voleva e quello che invece no. È stato un leader molto solido dentro il team, ha sempre avuto le idee molto chiare e ho imparato tanto. È stato molto bello correre con mio fratello e avere questo ricordo. Poi ecco, non è che va da un’altra marca o sarà molto lontano, corriamo comunque per la stessa casa, va al box a fianco, non lo perdo, potremo fare ancora tante cose assieme”.
Luca Marini una volta mi ha detto che per lui non è un problema rapportarsi con Valentino perché tutti i piloti che corrono in moto devono farlo. È così?
“È così per ogni pilota: se ti compari con Marc o con Vale perdi. Lo dico sempre. In questo paddock chiunque si mette a confronto con Valentino, Marc, o magari Lorenzo… perde. Questa è gente che quando è nata ha ricevuto un colpo di bacchetta magica e ora ha un super talento, un talento altissimo. Con il lavoro puoi anche arrivarci, ma per questi è diverso: arrivano e vincono, vincono, vincono. E questa roba succede solo a loro, colpiti dalla bacchetta”.
Pedro Acosta ce l’ha, questa magia?
“Penso di sì. Ma adesso siamo in un’epoca in cui devi avere anche altre cose: la moto è importante, Marc l’ha detto tante volte. Non è come prima”.
Altrimenti non sarebbe andato via dalla Honda.
“Esattamente. Comunque sarà interessante, penso che Pedro abbia questa magia ma dovrà confermarla”.
La Gresini Racing ha salutato Marc Marquez scrivendo ‘A Star is Reborn’, è rinata una stella. Senti che questo suo percorso è anche un po’ merito tuo?
“No, non ho nessun merito. Ho fatto quello che farebbe un fratello. Sono stato un fratello e non voglio prendermi meriti per questo, lui ora è arrivato al team ufficiale ma non è certo grazie a me. Mi ha chiesto delle cose e abbiamo tanta fiducia reciproca, tanta confidenza, oltre al fatto che io di carattere sono molto sincero e ti devo dire tutto in faccia: se vedo che secondo me stai sbagliando te lo dico. Gli ho fatto da fratello, il merito è suo. Ha avuto quella lesione e quattro operazioni, se è tornato a giocarsi il mondiale è merito suo. Io ho fatto da fratello, non voglio una medaglia per questo. Tutto quello che ha fatto è merito suo”.
Non hai mai paura per lui?
“No, no, no”.
Aleix Espargarò, per esempio, ha sempre detto che correre con suo fratello lo impensieriva.
“Quando c’è una bandiera rossa la prima cosa che guardo è dov’è lui, dov’è Marc. Lui fa lo stesso, capita che incrociamo gli sguardi se c’è un incidente alla prima curva. Ma è una cosa naturale, istintiva. Poi quando ti vedi non sei tranquillo, perché è comunque una bandiera rossa, però stai un filino più calmo”.
La stagione è finita. Come gestirai la pausa invernale?
“Motocross. Per me dicembre è motocross, quindi se voglio andarci lunedì, martedì, mercoledì, giovedì e venerdì… durante la stagione controlli un po’ di più il rischio e via dicendo, dicembre per me è flat out. Vado quando voglio e mi alleno come voglio. Se un giorno mi sento più stanco e voglio fare venti minuti per poi andare a casa posso farlo, non sono obbligato a fare niente. Quella libertà di andare a fare motocross con gli amici o un bel gruppo di persone è quello che mi piace. Poi ora ho anche la morosa, farò delle vacanze anche con lei”.
Sembra una buona idea. Convivete?
“Ah, stiamo bene, per il momento è tutto tranquillo ma adesso no, è quasi un anno che stiamo insieme e non conviviamo. In Spagna diciamo cosas de palacio van despacio, vuol dire che le cose importanti vanno fatte con calma (ride, ndr). Piano, facendo le cose bene”.