Di divorzi travagliati come quello tra Alex Marquez e la Honda, in MotoGP, ce ne sono stati pochi negli ultimi anni. Alex ha firmato con HRC nel 2020, direttamente con il team ufficiale e con tutte le controversie del caso, perché nel frattempo il fratello stava siglando un contratto di quattro anni con la Honda e più di qualcuno pensava che l'arrivo del fratello fosse parte del pacchetto. Il posto di Alex però è saltato altrettanto rapidamente (addirittura senza che avesse mai corso una gara) per via di una gestione manageriale quantomeno discutibile. Da lì Alex è diventato ‘il fratello di Marquez’ in primis per la Honda,cosa che lo spagnolo ha raccontato in un’intervista a cuore aperto con Paolo Ianieri per la Gazzetta dello Sport: "Il primo anno mi ero sentito importante e avevo fatto bei risultati, mi hanno fatto provare anche tutto quello che avevano fatto per Jorge Lorenzo, e con me funzionava. Ero cresciuto, ho fatto due podi, ma quando mi hanno messo in LCR mi sono sentito solo e non importante. Da parte di Honda, non del team, con cui ho sempre avuto un grandissimo rapporto”. La crisi della Honda è anche questo: i piloti si sentono abbandonati e lontani da una soluzione, oltre al fatto che se non ti chiami Marc Marquez è difficile che vengano a chiederti che moto vorresti guidare.
Eppure, nonostante una moto difficile e tutte le complessità derivate dall’approccio alla MotoGP, prima di sprofondare nell’anonimato della parte bassa della classifica Alex aveva fatto delle belle gare. Ora, con la Desmosedici del Team Gresini, sa di giocarsi quella che probabilmente sarà l’ultima grossa occasione nel mondiale: “So che moto avrò e non devo farmi mille domande su cosa troverò nei test di febbraio. E poi pieno di aspettative, ho voglia di guidare la Ducati. Ma avevo bisogno di vacanze, ho finito la stagione psicologicamente al limite per quello che è successo in Honda, gli ultimi mesi sono stati difficili”.
Ecco, queste sono state le ultime parole concilianti nei confronti dei giapponesi durante l’intervista alla Gazzetta. Per il resto Alex attacca: “Ci voleva un cambio, restare avrebbe significato morire. Ho voglia, so di avere una moto veloce. E questo per un pilota è importante. Poi, ciò che succederà dipenderà dal polso destro. Tre anni difficili con la Honda? soprattutto l’ultimo. Non è facile per un pilota guidare la stessa moto dal Qatar a Valencia. La stessa. Se una moto è competitiva, ok, ma se hai tanti problemi, fare 20 gare così è dura. Se vedi gli altri che ricevono materiale e le moto migliorano non è facile da accettare”.
Il più giovane dei fratelli Marquez racconta anche che l’approccio di HRC, nei suoi confronti, è stato simile a quello subìto da Pol Espargarò, il quale ha lamentato a lungo la completa mancanza di coinvolgimento in termini di sviluppo: “Fino al Montmelò abbiamo anche provato qualcosa, ma non funzionava. Poi, una volta comunicato che sarei andato da Gresini, non ho ricevuto più nulla. Non dico che non hanno lavorato, ma non hanno lavorato come la Honda dovrebbe fare”. In Ducati invece, a sentire lui, le cose funzionano in maniera opposta: guidi questa moto? dobbiamo sapere tutto. E così Gigi Dall’Igna, che dopo il titolo a Valencia avrebbe potuto pensare ad altro, ha investito del tempo nel box Gresini ad ascoltare le sensazioni del nuovo arrivato: “Onestamente è stata la cosa più bella: a Valencia è venuto nel box, mi ha presentato il suo team, ha voluto fare un meeting. Io non ho un contratto con Ducati, non era obbligato a farlo, ma lui ha voglia di ascoltare tutti per migliorare la moto. Prima arrivavo nel box, trovavo il mio tecnico e basta. C’erano quelli di LCR, non la Honda. Mi ha sorpreso il metodo Ducati”.
Mentre lui lasciava un grosso peso sul petto al Ricardo Tormo, pronto a ricominciare e a scommettere su sé stesso, Marc Marquez soffriva: “Eravamo in auto assieme e non ci siamo detti una parola. Marc era arrabbiato nero. Gli ho chiesto se avesse provato cose nuove, mi ha risposto di sì, ma che non funzionava niente, e basta. Io gli ho solo detto che la Ducati era diversa. Anche perché sarà mio fratello, ma io voglio batterlo”.
Al che si arriva alla domanda che ci facciamo da prima che Alex firmasse con Gresini, quella domanda che nel paddock rimbalza insistenza sempre maggiore: sarà lui, il fratello, a fare da ponte tra Marc e Borgo Panigale? “Io penso che se la Honda farà i passi avanti che deve fare, difficilmente Marc andrà via", la risposta di Alex. "Perché è la casa con cui ha sempre corso, che lo ha aspettato e rispettato quando ha avuto l’infortunio. Ma se la moto non sarà quella per il Mondiale, allora sarà possibile”.
Il che, tradotto per i signori del bar, significa una cosa soltanto: Marc Marquez sta cercando di restituire un favore alla Honda, che senza di lui non saprebbe dove sbattere la testa. Di contro, ce lo raccontava Livio Suppo qualche giorno fa, la fiducia tra le parti comincia a scricchiolare e lo spagnolo non può permettersi di tergiversare. Quando scadrà il contratto avrà 31 anni e una nuova generazione di piloti con cui confrontarsi, oltre a weekend sempre più impegnativi.
Di contro, durante il prossimo anno la Ducati rischierà di fargli ancora più gola: “Il tempo è la discriminante”, ha spiegato Alex in merito ai test. “E dopo sei giri avevo già girato come con la Honda. Mi sono detto, la moto va. È un concetto diverso, ma mi sono trovato bene”. E se Ducati, come dice Paolo Ciabatti, non dovesse volerlo, c'è da scommettere che Marc punterà su di un'altra sistemazione ancora. Di moto competive (specie se europee) sembrano essercene sempre di più.