Se non fosse che in Italia la politica è meglio lasciarla stare, si potrebbe tirare in ballo Gaber, con il suo famoso “essere di destra” e “essere di sinistra”. Però la cosa si presterebbe troppo a strumentalizzazioni e commenti dei soliti noti che si soffermerebbero sullo stereotipo ideologico proposto e non , piuttosto, sul dato di fatto oggettivo: Andrea Iannone e Danilo Petrucci rappresentano i poli opposti di un ipotetico arco costituzionale dell’essere pilota. Diversi nella sostanza. Diversi nel modo di stare al mondo e diversi pure nei punti forza grazie a cui sono diventati i campioni che sono. Uno, Andrea Iannone da Vasto, è figlio del mare, l’altro, Danilo Petrucci da Terni, è figlio di colline curvilinee e uliveti e per vedere il mare deve proprio cambiare regione. Uno è social e riflettori, l’altro, se potesse, vivrebbe da invisibile per poi rendersi vistoso solo sopra a una motocicletta. Opposti anche nelle radici: l’impresa degli Iannone, la terra dei Petrucci (anche se nel caso di Danilo il cognome è stato quello della mamma). Uno, Andrea Iannone da Vasto, che si fa chiamare The Maniac, l’altro, Danilo Petrucci da Terni, che s’è autodefinito “figlio della ralla”. Uno il Bridge, l’altro il Tresette.
Due così dovrebbero odiarsi. Ma odiarsi proprio. A maggior ragione perché sono stati avversari e lo sono ancora. Eppure si piacciono, non hanno mai nascosto di stimarsi di brutto e di essere in qualche modo amici pur non avendo nulla da spartire. Meno che mai adesso che si contendono pure lo scettro di miglio ducatista senza una Ducati vera. O, meglio, senza una Ducati ufficiale. A accomunarli, probabilmente, c’è l’essere proprio due paralleli opposti, nonostante i destini e le loro vite di piloti li abbiano portati a incrociarsi. Separati dalla nascita, uniti dalla ri-nascita. Con quattro vite a testa sulle spalle. Quella di bambini che sapevano dare gas con le motine piccole, anche se Iannone sull’asfalto dei piccoli circuiti abruzzesi e un camper nuovo fiammante pronto a trasportare il sogno e l’altro sulla terra del minicross o gli ostacoli del trial, con il cassone del trattore del nonno come carrello o, al limite, il camion del babbo. L’altra vita, invece, ce l’hanno avuta entrambi in MotoGP. Uno, Andrea Iannone, facendo tutta la trafila, l'altro passando dall’ingresso secondario, fino a arrivare tutti e due, anche se in momenti diversi, a vincere con quella che oggi è la moto per cui anche Marc Marquez ha fatto carte false. Poi il momentaccio di uno e il momentaccio dell’altro hanno segnato la vita numero 3. Uno a Ballando con le Stelle, sui social e nell’imprenditoria, dopo la storiaccia di presunto doping e l’altro, invece, sulla sabbia del deserto della Dakar o sulle buche dei circuiti statunitensi dell’AMA Superbike. Anche in quella terza vita che li ha visti su mondi distanti, però, hanno saputo essere entrambi protagonisti. E adesso è arrivata la Superbike, in una quarta vita in cui entrambi, pur puntando a vincere, sono perfettamente consapevoli che forse perderanno comunque. Perché l’età per tutti e due è quella che è e perché sulla Ducati ufficiale difficilmente ci salirà qualcuno che ha già superato i trenta. Rinascere, come denominatore minimo e comune.
E’, la loro, un’altra delle storie belle che la Superbike 2024 ci permette di raccontare. Magari insieme, mettendo insieme due che insieme sembrano non poterci stare proprio, per i modi che hanno, le scelte che fanno e pure le donne che amano. Bellissima, famosa e vistosa quella amata da Andrea Iannone. Bellissima, taciturna e sempre volontariamente giù da ogni palco quella amata da Danilo Petrucci. Opposti pure nel modo di stare in sella, sempre perfettamente integrato nella moto uno, scomposto e sgraziato l’altro. Più si prova a raccontarli e più vine difficile pure spiegarsi che due così possano aver condiviso la stessa strada e lo stesso sogno. Eppure quando c’è stata da spendere una parola per Andrea Iannone, il ragazzo e non il pilota, in un momento in cui non serviva nemmeno starsi a chiedere se avesse sbagliato davvero o meno, il primo, e forse l’unico che ci ha messo la faccia, è stato proprio Danilo Petrucci. Lo fece anche sulle pagine di MOW (qui il link), spiegando che quella sera in Malesia che è costata 4 anni di vita a Iannone, lui, Danilo Petrucci da Terni, era seduto appena un tavolino più in là, nello stesso ristorante. “Quel pezzo di carne – disse Petrucci – avrei potuto mangiarlo io. Semplicemente quella sera io non ho ordinato carne come invece ha fatto Andrea. Se a alterare le sue analisi è stata la carne, allora avrei potuto essere stato anche io al suo posto”. Parole che in quel momento per un Andrea Iannone che era finito sulla croce hanno suonato, molto probabilmente, di rara umanità. E pure di consapevolezza che qualcuno che non giudica, ma prova piuttosto a “mettersi nei panni”, c’è pure in un mondo bastardo come quello delle corse, dove ci si gioca la pelle e dove l’avversario, proprio perché il prezzo è la morte e non c’è spazio per i buoni sentimenti quando il polso destro è ruotato giù del tutto, in fondo è solo un numero, un riferimento cronometrico, da superare. Figuriamoci se quell’avversario è uno che con te non c’entra proprio niente.
Che sono due che probabilmente muovono dalle stesse basi, istinto, cuore e passione autentica per le motociclette e la velocità, forse gli appassionati l’avevano capito già da tempo. Magari pure nel 2015, quando nella lotta tra Valentino Rossi e Marc Marquez, i tifosi del 46 speravano in Iannone e Petrucci come gli unici due che avrebbero davvero potuto aiutare Vale nell’ultima disperata gara di Valencia, mentre i tifosi del 93, riconoscendo proprio a Petrucci e Iannone d’essere fatti di una pasta più umana, speravano che esattamente quei due non si inventassero qualcosa per farla pagare a Marc. Non hanno fatto né l’una né l’altra, perché sono prima di tutto uomini, oltre che sportivi, pur senza aver avuto paura di dire chiaramente come la pensassero (e furono gli unici due tra quelli che erano in pista) rispetto a una pagine del motosport che è stata brutta, ma su cui tutti hanno preferito commenti in politichese.
Ecco, il politichese. Non piace a uno e meno che mai all’altro e forse questo è un altro dei punti che li rende così incredibilmente simili pur essendo così dannatamente diversi. Quel politichese che non piaceva a nessuno dei due, ora è qualcosa con cui devono fare molto meno i conti, perché in Superbike le dinamiche sono altre e l’odore, grazie al cielo, è ancora quello della benzina che inebria, piuttosto che l’odore che domina altrove e che nausea anche chi, in fondo, vorrebbe solo correre e vincere. Nel primo anno da avversari, anzi al primo round da avversari in Superbike, i due paralleli opposti delle corse, come in uno di quei disegni di cui solo il motorsport è capace, si sono pure scambiati di posto. Sul podio il sabato Andrea Iannone, sul podio la domenica Danilo Petrucci a Phillip Island. E adesso che le derivate di serie sono tornate in Europa, la storia è sembrata ripetersi ancora, con i due a un passo l’uno dall’altro pure nei test di ieri e l’altro ieri a Barcellona: terzo Petrucci, quarto Iannone. Con le Ducati diverse. Diverse come sono diversi loro: opposti paralleli pure nelle dichiarazioni. Uno, Andrea Iannone da Vasto che guarda avanti con la solita spavalderia: “È stata una buona giornata di test, sono soddisfatto del teamwork e penso che pian piano il mio feeling con la moto e le gomme stia migliorando, rendendomi sempre più competitivo. Nelle prime giornate fatico leggermente di più, a causa del lungo stop, ma torno abbastanza velocemente a livelli interessanti, sorprendendomi dei nostri risultati. Sono contento di come abbiamo lavorato con la squadra e del sostegno da parte di Ducati. Ringrazio Gigi Dall’Igna, Claudio Domenicali, Paolo Ciabatti, Mauro Grassilli e tutto il team Go Eleven per il supporto. Questa settimana speriamo di recuperare bene e tornare in gara con condizioni simili a quelle dei test". L’altro, Danilo Petrucci da Terni, invece sempre un po’ legato al passato anche quando il presente è tutto da sorridere: “Lo scorso anno qui a Barcellona ho fatto schifo, ora invece siamo davanti”. Come si incroceranno ancora lo dirà la pista, magari proprio a Barcellona nel prossimo fine settimana.