Nel mondo del tennis, come in quello della MotoGP, la concentrazione è tutto. Per Jannik Sinner, il cappellino che porta sempre in campo non è solo un accessorio, ma una sorta di scudo mentale, un po' come il casco per i piloti. Alla vigilia delle Nitto Atp Finals di Torino, il numero uno del mondo ha svelato cosa significa per lui questo semplice pezzo di tessuto: “Giocare con il cappellino per me è molto importante, quasi come il casco per i piloti di MotoGP”. Un dettaglio che parla di isolamento e focus, una “barriera” che gli permette di rimanere solo con il proprio tennis, staccando tutto ciò che c’è attorno.
Sinner ha raccontato di aver trovato ispirazione anche nelle parole di un campione indiscusso del motociclismo, Valentino Rossi. “In una intervista Valentino ha detto che quando abbassa la visiera per lui esiste solo la gara. Per me è quando inizia a esserci solo il tennis”. E, proprio come il “Dottore” delle due ruote, anche Sinner ha bisogno di quel momento di totale immersione, dove si dissolve ogni altra distrazione.
Nonostante i loro caratteri molto diversi, Sinner e Rossi condividono più di quanto possa sembrare. Entrambi sono diventati simboli per i giovani, modelli di talento e determinazione. A Torino, Sinner è stato accolto con entusiasmo durante un evento organizzato al Nike Store, dove centinaia di bambini hanno fatto la fila per ricevere un cappellino autografato. Più tardi, sul palco del Teatro Carignano, ha raccontato ai suoi tifosi – molti dei quali giovanissimi – momenti di vita e aneddoti di carriera, soffermandosi su un aspetto in particolare: la pressione.
Un tema che, per chi aspira a diventare campione, è inevitabile. E Sinner non si tira indietro: “Quando entri sul Centrale degli Us Open c’è scritto ‘La pressione è un privilegio’. È davvero così, perché tanti atleti non sentiranno mai ciò che provo io quando gioco match così importanti”. Come Rossi, anche Sinner sa trasformare la tensione in energia. La pressione non lo schiaccia, ma lo esalta, lo spinge a dare il massimo mentre altri, sotto lo stesso peso, potrebbero cedere.
Per Sinner, però, il tennis è anche consapevolezza: “Alla fine non sono un dottore: se sbaglio, non faccio del male a nessuno”. Un pensiero che gli permette di affrontare il gioco con un equilibrio raro, un distacco che lo aiuta a mantenere la calma nei momenti più difficili. E proprio come un rituale, la sua preparazione sul campo è scandita da gesti precisi: un passaggio del piede destro sopra la riga e i rimbalzi della palla – sette per la prima di servizio, cinque per la seconda. Gesti quasi liturgici, che richiamano la meticolosità dei più grandi atleti.