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Come Jannik Sinner ha fatto sbagliare tutti (compresi noi): guida al successo del N1 al mondo passando da chi, su di lui, si è sbagliato di grosso

  • di Lorenzo Longhi Lorenzo Longhi

5 giugno 2024

Come Jannik Sinner ha fatto sbagliare tutti (compresi noi): guida al successo del N1 al mondo passando da chi, su di lui, si è sbagliato di grosso
“Alcaraz è più giovane e ha già vinto”, un “caso nazionale”, colui che ha cambiato coach troppo giovane e “non vorrei che qualche suo consigliere avesse più fretta di lui”. E poi lo sbadiglio di Medvedev, il record di Pietrangeli, un servizio “che non sarà mai come quello dei migliori” e anche qui, su MOW, ci siamo chiesti se fosse davvero tutto questo fenomeno. Per capire che sì: Jannik Sinner lo è, e lo dimostra per avere seppellito di risate, in pochissimi mesi, articoli, articolesse, titoli, titolacci, opinioni e opinionisti

di Lorenzo Longhi Lorenzo Longhi

Più che un carro, è un cargo: Jannik Sinner è diventato numero 1 al mondo, primo italiano nella storia, ed è giusto che un po’ tutti coloro che hanno dubitato si ricordino di averlo fatto e ci facciano su una sonora risata destinata a seppellire articoli e articolesse, titoloni e titolacci. Poi tutti su, perché Jannik Sinner ha fatto tutto – Master 1000, Davis, Slam, numero 1 – e lo ha fatto talmente in fretta che non ha dato ai più nemmeno il tempo di riflettere per bene su come criticarlo, facendo invecchiare in poco tempo pensieri, parole e inchiostro.

Ancora un anno fa quello che oggi è il tennista più forte del globo secondo il ranking Atp aveva l’immagine di uno che sì, forte parecchio, ma mica tutto ‘sto fenomeno, almeno non ancora, perché ci arriverà, certo, ma ne devi mangiare di canederli, e vuoi mettere Alcaraz, che è pure più giovane e ha già vinto? E poi, dai, sarà mica italiano questo qui?

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Avanti, c’è posto, e la forza di Sinner è anche che alla fine certe cose lo toccano il giusto. Erano i tempi del girone di Coppa Davis a Bologna, giusto il settembre del 2023, quando Sinner diventava un caso nazionale, perché buttare giù dalla torre i giovani e i talenti è uno sport praticatissimo, e allora ecco l’ormai famigerata copertina di Sportweek e una campagna in cui poi, il 14 e il 15 settembre, la Gazzetta dello Sport, attraverso opinionisti e addetti ai lavori in genere, spiegava che di lavoro da fare ce n’era eccome per mantenere le promesse, tanto per far capire che c’era qualcosa in più, non solo il sacrilego no all’azzurro. Quell’azzurro che successivamente lui avrebbe fatto trionfare, il grande inizio della fine di ogni tipo di critica.

Dubitare è umano quanto errare, nostra maxima culpa, cosa non si fa per un titolo, e nell’aprile di un anno fa, sconfitto da Rune in semifinale a Montecarlo, ecco la conferma che sì, serve tempo. E i guai fisici, li ha, possono anche essere pesantissimi, tali da pregiudicarne la carriera: in Nazionale non ci va perché non si sente in forma, alcuni tornei sì e altri no, ma perché, e l’anca, signora mia, l’anca, l’anca ezisiale per le sue ambizioni.

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Poi, a guardare in giro, in tanti ne hanno cercato i difetti, gli ex colleghi e i colleghi soprattutto, maledetti perfezionisti. Nell’agosto 2023 Diego Nargiso lo trovava nel servizio, perché “se vuole vincere Slam deve assolutamente crescere in termini di continuità con questo fondamentale e, comunque, mettiamoci in testa che non è che poi il suo servizio diventerà come quello dei migliori battitori del circuito, perché alla fine le caratteristiche sono quelle”, Panatta non vedeva l’ora che arrivasse secondo perché almeno così avrebbero smetterlo di fargli le solite domande mentre al buon Nicola Pietrangeli quella battuta sulle “due vite per battere i miei record” (che poi era quello degli incontri giocati in Davis) resterà appiccicata a lungo, e del resto era il 2022 quando Paolo Bertolucci si diceva convinto che avesse sbagliato a lasciare l’ex coach Piattiperché “non vorrei che il ragazzo avesse avuto fretta, magari condizionato anche da qualche stretto consigliere che forse ne ha ancora di più”. Fa parte della categoria mind games lo sbadiglio di Medvedev in faccia a Sinner nei meandri di un set vinto 6-0 alle Atp Finals di Torino, una presa in giro che da qualche tempo è diventata un meme. Chi sbadiglia oggi, Daniil?

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Pensieri, parole, inchiostro, bit. Ovvio, anche qui, perché noi non ci tiriamo indietro e tra tanti acclami e proclami, anche noi qualche volta siamo stati fuori fuoco, spesso spinti dalle esigenze di mondo online che vive nell’hic et nunc, un qui e ora che ha la necessità di restare fresco sino a quando la sconfitta è un trend topic, e allora certi articoli si fanno perché vengono richiesti, letti, mangiati sul momento. E questo non è nemmeno tanto un discorso relativo all’ormai affollatissimo carro (o cargo) sinneriano, perché vale ben più in generale, e non solo quando si parla e si scrive di sport. Per contro, c’è anche chi si ricorda di averlo visto giocare quattro anni fa e avere previsto tutto. Vero, applausi alla lungimiranza, perché i tweet profetici è bello ripescarli, quelli in cui si esercita il dubbio o si cade dal crinale del grossolano errore di prospettiva, no, quello no: lo si cancella, hai visto mai che qualcuno lo ricordi. Ma intanto viva Sinner, viva su chi di lui ha detto tutto e il contrario di tutto, perché sbagliarsi non è mai stato più bello di oggi, vedendo un italiano di 22 anni che lunedì, al termine dell'Open di Francia, diventerà il primo nella storia a starsene là, sulla vetta del tennis mondiale. 

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