Conor McGregor ha ufficialmente presentato ricorso contro il verdetto della giuria irlandese che lo ha dichiarato colpevole di aggressione nei confronti di Nikita Ní Lamhain, alias Nikita Hand, ordinandogli il pagamento di 250 mila dollari di risarcimento. L’accusa è tra le più gravi: secondo Ní Lamhain, nel dicembre 2018, dopo una festa natalizia, il fighter (ex?) icona Ufc l’avrebbe costretta a un rapporto sessuale non consensuale in un hotel. Un’accusa che l’ex campione ha sempre respinto con forza, gridando la sua innocenza anche subito dopo la sentenza: "On we fight! Justice and truth will prevail! Appeal! Appeal! Appeal! (Proseguiamo la battaglia! Giustizia e verità prevarranno! Ricorso! Ricorso! Ricorso!)” aveva scritto su X, il social che un tempo chiamavamo Twitter.
Il colpo legale è stato durissimo: non solo il verdetto, ma anche le conseguenze che hanno iniziato a sgretolare l’impero commerciale di McGregor. Sponsor storici come il marchio di whiskey Proper No. 12, da lui stesso fondato, hanno preso le distanze. Persino il videogioco "Hitman", che aveva coinvolto la sua immagine, ha deciso di tagliare i ponti.
Eppure, la battaglia legale ha già assunto contorni mediatici e personali ben più complessi di un’aula di tribunale. Ad affiancare McGregor nella tempesta c’è Dee Devlin, sua compagna e madre dei suoi figli, che con un post su Instagram ha fatto tremare il web:
"My sons will be warned women like you exist in the world (Avvertirò i miei figli che al mondo esistono donne come te)", ha scritto riferendosi a Ní Lamhain. Un messaggio duro, senza filtri, che ha immediatamente polarizzato l’opinione pubblica tra chi applaude la sua lealtà e chi la accusa di misoginia.
![Nikita Hand](https://crm-img.stcrm.it/images/41874841/2000x/20250114-171556892-6454.jpg)
McGregor, l'uomo e il mito sotto processo
La figura di McGregor è sempre stata controversa: genio e sregolatezza, eroe e villain. Ma questa volta la narrazione è più cupa. Non c’è spettacolo, non c’è trash talk: c’è un’accusa che va oltre il personaggio e tocca l’uomo. E soprattutto, c’è la domanda che aleggia in ogni discussione: si può separare il combattente dalla persona? Il mito dall’accusa?
I fan di McGregor, fedeli come un esercito, sostengono la sua versione. I detrattori, invece, lo vedono come l’ennesimo esempio di potere, ricchezza e impunità. E intanto, la sua carriera ne esce ferita. Non è la prima volta che l’irlandese si trova al centro di controversie, ma questa è senza dubbio la più pericolosa.
Il crollo commerciale: chi vuole ancora “The Notorious”?
Le prime crepe sono già visibili. L’addio al marchio Proper No. 12, un brand che non era solo business, ma identità, suona come un cazzotto all’orgoglio. La rottura con il franchise di "Hitman", poi, conferma quanto l’industria dell’intrattenimento stia abbandonando il campione, temendo l’associazione con uno scandalo troppo pesante.
Ma attenzione: chi conosce il business sa che il marchio McGregor è resiliente. È già risorto da mille polemiche, e il fascino dell’antieroe, nella cultura pop, vale quasi quanto la gloria. Non è escluso che la sua caduta, se gestita con abilità, possa diventare il prologo di una nuova, inattesa redenzione.
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