La notizia è che Marc Marquez ha conquistato la pole position del GP d’Argentina e che a ben 0,250 secondi dietro di lui, esattamente come a Buriram, partirà sua fratello Alex. La storia bella da raccontare, però, è quella di chi partirà dalla terza casella: Johann Zarco. Lo guardi e ti dici che uno così con le corse e le motociclette non c’entra niente. Invece ha vinto mondiali e in MotoGP ci sta ormai da una vita, anche se il suo modo è quello differente di uno che sembra arrivare da un altro pianeta e che solo per caso s’è accorto di saperci fare di brutto con le motociclette. Uno in cui credere solo fino a un certo punto perché troppo stridente rispetto a ciò che ci si aspetta da un pilota.

Johann Zarco è delicatezza e isteria, è quello che suona il pianoforte ogni volta che ha un secondo libero e, contestualmente, è pure quello che se ne esce spesso con dichiarazioni da matto vero che non ha paura di nessuno e che andrebbe in guerra da solo contro un esercito. Ecco: andare in guerra. Sì, il francese ha quella formazione lì perché, anche in contrasto con la sua famiglia, sognava di correre al punto di lasciarsi crescere da un soldato. Zero carezze, tanta disciplina. Restando, però, ancora capace di sensibilità come un principe che ha sempre dovuto lavorare.
Vinceva il mondiale e dicevano che non era abbastanza per portarlo in MotoGP. E ha dovuto vincerne un altro per avere la sua occasione. Con Yamaha, in quella Tech3 che all’epoca faceva fatica e era privata vera e regalava occasioni anche a Folger e Syahrin. Due di cui ci si è quasi dimenticati, mentre Johann Zarco con quella stessa moto metteva in difficoltà i grandi, faceva “incazzare” di brutto persino Valentino Rossi e riusciva in qualche occasione anche a mettere i piedi sul podio. Tanto da guadagnarsi un posto da ufficiale in KTM. Praticamente il sogno di una vita. Solo che chi ha nel destino di dover masticare amaro e faticare di più non vede mai la strada in discesa e nella squadra austriaca non s’è trovato. Troppi ordini, troppi imperativi, troppe decisioni imposte e poco rispetto per la fantasia. Altri avrebbero fatto buon viso a cattivo gioco, mettendosi in tasca uno stipendio importante e provando a portare a casa il meglio possibile, magari giustificando tutto con la scarsa competitività della moto. Johann Zarco, invece, ha rinunciato a tutto, ha salutato tutti e si è chiuso la porta dietro, rischiando persino di mettere fine alla sua carriera e ritrovandosi con la targa da capriccioso. Un’occasione in quello stesso anno gliel’ha data Lucio Cecchinello, con la Honda satellite, ma è stato giusto lo spazio di due gare e di un conoscersi che poi si sarebbe rivelato speciale. Poi è arrivata la Ducati, con Pramac e una sella conquistata quasi più perché in quel momento Zarco era uno che costava poco che per concreta convinzione. Ma a convincere c’ha pensato lui. Entrando nel cuore, crescendo ogni anno e riuscendo persino a realizzare il sogno di una vita: vincere in MotoGP.
Anche quella volta,però, è stato un vincere con l’amarezza di chi sapeva già che in Ducati non ci sarebbe stato ancora spazio per uno che nel frattempo aveva superato i trenta. Il principe che ha sempre dovuto faticare, allora, s’è rimesso di nuovo in gioco, ritrovando Lucio Cecchinello e la Honda satellite, fregandosene pure di non essere stato preso in considerazione per la moto ufficiale. Sfida titanica e, a detta di chiunque, quasi una autocondanna a vedere le gare da dietro, molto dietro. Invece le ha viste da meno dietro di tutti gli altri di Honda e ha chiuso il 2024 come miglior pilota del marchio giapponese, anche con un distacco importante. Ma neanche questo è bastato per mettere le mani sulla RC213V, anche se in fondo non è ciò che sembrava interessargli davvero. Quello che voleva, piuttosto, è riuscire a convincere Honda che la linea da seguire avrebbe dovuto essere quella dettata da lui. E così è stato. Tanto lavoro, profilo basso, zero proclami e, nel mezzo, anche la richiesta di un premio: fatemi correre la 8 Ore di Suzuka. Gliel’hanno accordato e lui l’ha vinta. Diventando ancora di più leader e ritrovandosi a inizio 2025 a dichiarare apertamente che la Honda sarebbe stata della partita. L’hanno, l’abbiamo, preso tutti per matto. Poi è arrivata Buriram e la Honda è stata lì. Ora è arrivato Termas e la Honda è addirittura lassù: terza dietro i due fratelli extraterrestri di questo inizio di 2025. Era dal Mugello nel 2023 che una Honda non partiva dalla prima fila e quella Honda lì la guidava proprio un certo Marc Marquez.
Le qualifiche di Termas de Rio Hondo
Sì, la storia di Zarco è la parentesi che andava doverosamente aperta in questo sabato argentino che non ha offerto molto di più del solito dominio Ducati e dell’attuale supremazia dei fratelli Marquez. Con un Pecco Bagnaia quarto che sembra aver finalmente risolto il grosso dei suoi problemi, ma che adesso dovrà occuparsi di quelle limature che richiedono molto più tempo di un turno di prove e una riunione guardandosi negli occhi nel box. Quinto di giornata, invece, Pedro Acosta, bravo a guidare sopra i problemi della sua KTM e a mettere le ruote davanti all’altra Ducati ufficiale di Fabio Di Giannantonio. Il romano del team Pertamina Enduro VR46 è, però, uno di quelli col passo gara migliore insieme a Marco Bezzecchi e sono proprio loro due, il 49 e l’italiano dell’Aprilia, insieme a Pecco Bagnaia e Alex Marquez, quelli che con una buona partenza potrebbero impensierire la supremazia dei Marquez. Per Bezzecchi, però, sarà necessario prendere qualche rischio in un primo giro a vita persa, visto che nel time attack c’è stato qualche errore di troppo e il cronometro s’è fermato sul nono tempo.
Davanti a lui la Ducati di Franco Morbidelli, ottavo, e la Yamaha ufficiale di un Fabio Quartararo, nono, che riesce a essere della partita nell’attacco al tempo, ma soffre ancora tantissimo sul passo. Joan Mir, Brad Binder e Alex Rins hanno invece occupato le ultime caselle messe a disposizione dalla Q2. Jack Miller, grande protagonista a Buriram, aprirà invece la quinta fila, ritrovandosi sulla sua destra la Ducati di Fermin Aldeguer e l’Aprilia di Ai Ogura, che si lascia alle spalle Luca Marini, Miguel Oliveira e il compagno di squadra Raul Fernandez. Decisamente male, invece, il sabato dei piloti di KTM Tech3, Enea Bastianini e Maverick Vinales, rispettivamente ventunesimo e ventesimo dietro a Somkiat Chantra e davanti al collaudatore di Aprilia, Lorenzo Savadori.