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Intervistare Aron Canet in mutande dopo la presentazione del Team Fantic Racing: “Il peggior avversario in Moto2? Sono io”

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

4 febbraio 2025

Intervistare Aron Canet in mutande dopo la presentazione del Team Fantic Racing: “Il peggior avversario in Moto2? Sono io”
Abbiamo passato una notte con i ragazzi del Team Fantic Racing Moto2 a pochi chilometri dalla sede centrale di Santa Maria di Sala: nuovi sponsor, l’ingaggio di Barry Baltus come seconda guida e soprattutto la riconferma di Aron Canet, secondo nel mondiale l’anno scorso, che abbiamo intervistato in un momento surreale. Ecco come è andata

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

Un pulled pork strepitoso, la moto ricoperta in velluto da Lino Sonego che non vedremo in pista solo perché una carena così morbida non è l’ideale per l’aerodinamica. E poi la gente appassionata sul serio di corse, i piloti della Dakar, una villa veneta su cui vengono proiettate le immagini della scorsa stagione Moto2, conclusa in seconda posizione. Aron Canet è in mutande, pieno di tatuaggi, che con gli occhi lampeggianti dice forse la cosa più forte che abbia mai sentito pronunciare da un pilota: “Il più grande avversario, quello da tenere d’occhio? Io. Sono io”. Questa, in estrema sintesi, la presentazione del Team Fantic Racing Lino Sonego per la Moto2.

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Fantic Racing si presenta al mondo per la stagione 2025 come l’idea di persone appassionate: tanti sponsor, quasi tutti veneti. Tre mondiali da affrontare in una stagione (Velocità, Cross, Enduro) e una squadra per la Moto2 in cui ognuno ha un soprannome. C’è gambe lunghe, un signore che guida il camion. Oppure slowmotion, un ragazzo che segue la comunicazione che assieme ad altri rientra tra le vittime degli scherzi di Aron Canet (“roba che ti manda al pronto soccorso”), mentre lui, Aron, siede sulla moto numero 44, la faccia di uno che con questa piccola azienda veneta vuole scrivere la storia. È matto quanto basta per crederci e veloce a sufficienza da riuscirci. A fianco ha Barry Baltus, ventenne belga che oltre al nome ha preso in prestito da Barry Sheene il numero 7.

La presentazione a Villa Farsetti scorre via con calma, senza streaming, con Rachele Sangiuliano che presenta la serata e il suo compagno, Dj Ringo, che sale sul palco raccontando di aver messo il logo di Virgin Radio sulle carene della Fantic. La serata è il corrispettivo in ambito motorsport di un varo navale: siamo qui, è tutto pronto, siamo in tanti e ci crediamo, sembrano dire gli uomini di Fantic. Ora bisogna cavalcare gli eventi. Stefano Bedon, Project Manager, racconta la sua gente con voce calma e ferma, finché non chiama sul palco Lino Sonego - title sponsor di Fantic Racing in Moto2 - e comincia un lungo siparietto che sa di verità. Di vecchie storie. Si dice che i politici siano la rappresentazione dei propri elettori e forse, allo stesso modo, dando un’occhiata al pubblico invitato alla presentazione si capisce bene cosa sia Fantic per il mondo delle corse: un marchio per appassionati, per gente che il motociclismo lo vive per tornare lì, a quando avere un Caballero 125 fuori da scuola significava avere programmi per la serata, a prescindere dai programmi. Gente felice di esserci, tra cui il due volte campione del mondo rally Miki Biasion.

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Un post condiviso da Fantic Factory Racing Moto2 Lino Sonego (@fanticmoto2)

Finito il lancio inseguo Aron Canet nel backstage per fare due parole. Dopo averlo intervistato in Austria, lo scorso anno, ho capito che su di lui dovrebbero fare una serie tv, che uno così in MotoGP dovrebbero portarcelo a spinta come i piloti col passaporto esotico. Lui entra in camerino e ferma il mondo come il cowboy che entra nel saloon: “Chi ha fumato qui?”, chiede. Tre ragazzi scuotono la testa senza dire niente, lui insiste: “Qualcuno ha fumato, lo so”. Aron Canet è un atleta così dedicato che non vuole neanche sentire l'odore del fumo passivo ed effettivamente il camerino puzza di sigaretta. Lui comunque  supera la cosa in un attimo, un approccio estremamente funzionale per quando le cose non funzionano: otto secondi di rabbia genuina, poi basta. A questo punto lui si siede e comincia a spogliarsi e decide che tocca a me: “Allora boss, vieni qui”. Mi avvicino, prendo il telefono, accendo il registratore. “Puoi inicciare le domande”.

D’accordo: ora hai l’unico obiettivo di vincere il mondiale?

“Quest’anno ho le idee chiare. So cosa voglio fare e sto lavorando per quello. Alla fine di 24 ore che ci sono in un giorno ne passo 18 a lavorare per vincere il mondiale e le altre 6 a sognarlo. Voglio lottare finché questa cosa non diventerà mia. Che altro posso dire, l’obiettivo è chiaro. Tutta la Fantic Racing ha fatto un bel lavoro l’anno scorso, ora dobbiamo essere più centrati che mai per lavorare insieme, minimizzare gli errori dell’anno scorso e puntare a essere campioni del mondo”.

L’hanno scorso hai finalmente cominciato a vincere. Cosa ti era mancato?

“Una squadra stabile e concentrarmi sulla mia psicologia. Alla fine è facile concentrati su te stesso se non devi pensare ad altre cose…”

Aron è in mutande, totalmente coperto di tatuaggi. Ne approfitto.

Aspetta un attimo, qual è il tuo preferito?

“Sulla gamba, dove ho tatuato mio nonno. Mi dava sempre un abbraccio prima di andare alle gare e lui mi diceva sempre una piccola frase sua, in spagnolo, per dirmi ciao. L’ultimo ricordo che ho di lui è Le Mans 2019, così gli ho dedicato un tatuaggio”.

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Con calzino Calvin Klein, per non lasciare niente al caso.

Torniamo alla Moto2. Hai detto che il peggior avversario sei tu.

“Sì, penso di non aver detto nessuna stronzata. Se vai nel paddock e chiedi ‘chi può essere campione del mondo?’ tutta la gente ti dirà che Aron Canet ha questa possibilità. Se fai la domanda a Aron Canet io cosa posso dirti? Punto su di lui! Alla fine penso che la cosa più importante sia concentrarmi su di me, partendo da quello che ho fatto l’anno scorso - anche gli errori - e godermi il processo. Soprattutto questo, godermi il processo”.

Come vedi la MotoGP?

“Niente, non ho niente da dire della MotoGP. Niente di niente. Ho l’opportunità di andarci adesso? No. Se verrà il giorno allora avrò delle cose da dire”.

Giusto. Senti, durante questa presentazione gli uomini di Fantic ti hanno trattato tutti come una rockstar: sanno che sei il cavallo giusto su cui scommettere. Come ti fa sentire questa cosa?

“Mi ha fatto fare uno step in termini di confidenza già l’anno scorso, perché nessuna squadra mi aveva mai detto cose così belle per paura che mi potessi montare la testa. Loro con me l’hanno fatto e non sono impazzito, anzi: sono migliorato di testa. Ho capito di essere un pilota talentoso, di avere il livello per essere campione del mondo. Mi mancava la struttura, la squadra e la famigliarità che c’è qui alla Fantic Racing. Penso che sarà un bell’anno. Sai cosa voglio da quest’anno, lo ripeto: dormo pensando a questo, mi sveglio pensando a questo, mi alleno pensando a questo. Corro per essere campione del mondo”.

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