Jannik Sinner è uno di quei talenti che sembrano fatti apposta per farti cambiare idea sul mondo delle celebrità. Nonostante il successo raggiunto e il clamore che circonda il suo nome, il giovane campione resta con i piedi per terra. “Il successo non mi ha cambiato, sono sempre lo stesso. Non cammino a testa alta se vinco, non mi deprimo se perdo”, racconta intervistato da La Stampa. È una dichiarazione che spiega molto del suo carattere, quello di un ragazzo che ama la normalità anche quando si trova sotto i riflettori delle arene più prestigiose del tennis mondiale, oltre che del gossip con la fidanzata collega tennista Anna Kalinskaya e del sempre incombente caso doping legato al Clostebol.
Ma dietro l’immagine del "numero 1 della porta accanto" si nasconde una personalità complessa, con passioni che vanno ben oltre il campo da tennis. La velocità, per esempio, è un elemento che ricorre nella sua vita, tanto nella quotidianità quanto nelle sue passioni: “Guidando mi rilasso, ascoltando un po’ di musica. A Monte-Carlo, dopo gli allenamenti, mi metto al volante e faccio un giro”, spiega. Non sorprende dunque che, nonostante i consigli di molti esperti dello sport, Sinner non rinunci al piacere di sciare e correre in kart. “Alla fine ho 23 anni. Sugli sci mi sento sicuro e sui kart non corro certo come un pazzo. La velocità mi piace, sono fatto così. A tre anni e mezzo facevo già le piste nere”, racconta.
Il suo legame con lo sci risale all’infanzia, vissuta sulle montagne dell’Alto Adige, dove le piste innevate erano il suo parco giochi: “Ora, rispetto a due anni fa, scio al massimo un’ora e mezzo, poi si va al ristorante”.
Anche la sua routine pre-partita riflette una personalità metodica, che cerca di tenere tutto sotto controllo. La preparazione inizia negli spogliatoi, con una serie di rituali quasi scaramantici: “Metto il tape, cambio il grip al manico della racchetta, mi scaldo. Poi, se vado in bagno, vuol dire che la partita la sento, ed è giusto così. Se non succede, allora gioco male o perdo”. Un dettaglio che può sembrare banale, ma che per un atleta come lui ha un’importanza cruciale: ogni gesto, ogni abitudine ha un significato preciso, fa parte di un equilibrio delicato che può fare la differenza tra una vittoria e una sconfitta.
Parlando del panorama tennistico italiano, Sinner non si sente affatto il trascinatore solitario: “In Italia spesso si ha la memoria corta. Io sono arrivato quando Fognini vinceva a Monte-Carlo e Berrettini faceva finale a Wimbledon”, ricorda, riconoscendo i meriti di chi lo ha preceduto e riconoscendo la presenza di una generazione di tennisti italiani sempre più competitiva. “Berrettini sta tornando, Musetti è costante, e ci sono Cobolli e Arnaldi che possono vincere tornei ogni settimana”, sottolinea, anche se poi “in campo ciascuno è solo”.
Sul suo grande rivale, Carlos Alcaraz, Sinner ha parole di stima, pur evidenziando le differenze tra i due: “Siamo due giocatori molto diversi. Io tengo il ritmo alto e sono forte mentalmente. Lui è fisicamente molto forte e tecnicamente ha qualcosa in più, come lo slice o le volée. Ma per me è positivo: significa che ho margini di miglioramento”. Sulla somiglianza con i grandi del passato, accetta l’accostamento a Djokovic per la mentalità, mentre Alcaraz “è simile a Nadal, pressa fin dal primo punto e corre moltissimo”.
Jannik Sinner però sa che dietro ogni traguardo c'è sempre un nuovo ostacolo da superare: “Il tennis non finisce mai”, sentenzia, consapevole che, anche se sei in cima, c’è sempre un’altra salita da affrontare, un altro avversario che può superarti e lasciarti indietro.