È arrivata la prima battuta d’arresto e con lei anche le prime critiche, dopo che a Imola Kimi Antonelli non ha brillato, anzi. Ha rincorso, fatto fatica sin dal venerdì mattina, soprattutto sul giro singolo. Un feeling con la W16 mai sbocciato sulle colline intorno al Santerno, tanto da non riuscire a conquistare nemmeno l’acceso in Q3, finito 13° alle spalle delle due Ferrari, mentre George Russell sfiorava l’impresa con gomme medie. Domenica un avvio complicato, ma poi la Virtual Safety-Car aveva rimescolato le carte: era nei primi sei quando, in uscita dalla Villeneuve, sulla salita che porta alla Tosa il motore della sua Mercedes lo ha abbandonato. L’ha parcheggiata pochi metri dopo, costretto a tornare ai box a testa bassa.

Un fine settimana nero, a pochi chilometri da casa sua e alla sua prima volta davanti ai tifosi italiani. Quattro giornate in cui la pressione e gli impegni di ogni tipo hanno preso il sopravvento, un aspetto del suo sogno che ancora non aveva toccato con mano. Forse troppe, e in tal senso ad andarci giù pesante è stato Jacques Villeneuve, che tra le FP3 e le qualifiche si era espresso così: "E’ stato carino, ha portato i suoi amici, ma questo è il suo posto di lavoro. Non avrebbe dovuto farlo. Doveva concentrarsi sul correre." Mai banale Jacques, nel bene e nel male, che ha poi continuato: "Mi è arrivata voce da persone che lavorano con lui in Mercedes: non erano molto contenti di questo perché porta via tempo. E la stessa situazione di quando hai intorno a te tutta la famiglia e gli amici. No. Questo è il tuo ufficio. Non vuoi nessuna distrazione. Hai bisogno di concentrarti sul correre(...) e bisogna ricordarselo: non si portano amici o famiglia in ufficio". A questo punto però viene da chiedersi se, quanto detto da Jacques, sia giusto o sbagliato.

È vero, il lavoro è lavoro, ma c’è un aspetto che non può essere sottovalutato: stiamo parlando di un ragazzo di 18 anni che fino a due anni fa guidava in un campionato dove, quando andava bene, c’erano duemila persone a guardarlo. Oggi, invece, duemila sono le persone che lo fermano in ogni giornata in pista. Così come tutte le attività che non sono strettamente legate alla pista sono quadruplicate. È il lato nascosto della Formula 1 e nessuno lo potrà cambiare. E Kimi è stato il primo ad ammettere, terminata la gara, di dover migliorare nella gestione di fine settimana come quello di Imola: “È stato sicuramente un weekend molto intenso dal punto di vista mentale ed emotivo – ha spiegato a F1.com – credo di avere fatto molte cose al meglio, ma penso di non aver fatto un buon lavoro nel tentativo di risparmiare energia. Ho sentito che questo ha influito tanto sulla mia guida, perché mentalmente non avevo tanta energia. Questo è sicuramente un ottimo apprendimento, soprattutto in vista della prossima gara di casa”.
Avrà anche portato i suoi compagni di classe in pista, condividendo con loro parte dell’avventura, e del sogno, che giorno dopo giorno sta vivendo, ma va ricordato come il giovedì, nel paddock, serve proprio a svolgere attività di questo tipo (promozionali o meno). Imparerà a gestire anche questi momenti, con il tempo e l’esperienza che man mano accumulerà, altrimenti non ci sarebbe nessuna differenza tra veterani ed esordienti. Giudicare è permesso, però non va dimenticato che questo ragazzo, ad appena diciott’anni, è già li tra i venti migliori al mondo.
