Dopo Randy Mamola, Jorge Lorenzo è la seconda leggenda della MotoGP a schierarsi contro l'aerodinamica sulle moto della top class. Oltre a loro, e con loro, anche Aleix Espargaró ha ribadito il suo punto di vista, decisamente contrario alla proliferazione di wings, appendici, alette e spoiler sulle carene della massima cilindrata. Partiamo dal Porfuera, che parla dai box di Misano Adriatico, dove - in occasione del Pro Day organizzato da VMoto - è tornato a calcare quell'asfalto romagnolo su cui, tra il 2011 e il 2013, infilò tre vittorie consecutive. Furono tre successi conquistati in solitaria, tre domeniche alla Jorge Lorenzo, durante le quali il maiorchino - Martillo Mantequilla - impose, sin dal primo giro, un ritmo insostenibile per l'intera concorrenza. Oggi, dieci anni dopo l'ultima vittoria di Jorge Lorenzo a Misano, la MotoGP è parecchio cambiata: la Yamaha, con cui lo spagnolo dominava, ora arranca nelle retrovie insieme alla Honda. In testa, adesso, ci sono i costruttori europei (Ducati, KTM e Aprilia), insieme ad una nuova generazione di piloti. Le MotoGP, in qualsiasi punto, sono ricoperte dalle più disparate soluzioni aerodinamiche, grazie alle quali un mese fa, al Mugello - sul dosso della San Donato - la KTM di Brad Binder è rimasta incollata al terreno, facendo segnare la velocità record di 366,1 chilometri orari.
Ecco che Jorge, seduto ai box di una rovente Misano Adriatico di inizio luglio, con una tuta nera slacciata al centro della quale campeggia il suo inconfondibile 99 indiavolato, cerca di fare il punto della situazione. Il maiorchino, intervistato da Paolo Scalera per GPOne, parla di sicurezza e di Sprint Race, faticando a stabilire chi, tra Honda e Yamaha, si trovi maggiormente in difficoltà. Jorge che, alla fine, ricorda la sua scivolata alla velocissima curva 7 di Assen, nelle prove libere del Gran Premio d'Olanda 2019. Una caduta che stravolse tutte le prospettive del maiorchino: "È stata il punto di svolta, quella scivolata ha cambiato la mia mentalità, mi ha tolto probabilmente tre o quattro anni di carriera. Ho cominciato ad apprezzare altre cose della vita. Senza quella caduta avrei continuato in Honda, con una moto più adatta alle mie caratterisitiche. All'epoca ero stato in Giappone una settimana per fare del lavoro e delle modifiche alla moto, e mi avevano ascoltato, ma subito dopo ho avuto la sfortuna di cadere e farmi molto male ad Assen".
"Secondo me oggi - contunua Jorge - sia Honda che Yamaha non hanno avuto un pilota veramente sensibile per sviluppare una moto davvero guidabile per tutti. Non so quanto durerà questa tendenza, ma in MotoGP è l'era dei marchi europei e non più dei giapponesi. Stiamo arrivando ad un punto in cui queste MotoGP fanno veramente paura. Hanno 300 cavalli e arrivano ad oltre 370 km/h. Se non mettiamo un freno tra qualche anno arriveremo a 400, penso che si debba un pò limitare la potenza di queste moto in qualche modo. Limiterei al massimo l'aerodinamica, forse la eliminerei proprio. Poi adesso ci sono anche le Sprint Race del sabato, con cui i rischi per i piloti raddoppiano, se non triplicano. Infatti sono un pò preoccupato per la loro salute, anche se come spettatore mi piace molto questo nuovo format e mi piacciono le gare al sabato. Per quanto riguarda la Ducati, invece, i risultati di oggi sono il frutto del bel lavoro fatto da Gigi Dall'Igna dal 2014. Piano piano ha reso la Ducati la moto migliore di tutte, ma è stato un lavoro lungo, che non si fa dal giorno alla notte".
Anche Aleix Espargarò, parlando di MotoGP in generale al collega spagnolo Manuel Pecino, si è ritrovato sulla stessa lunghezza d'onda del connazionale, con cui in passato non sono mancate polemiche, schermaglie social e relativi chiarimenti. Il numero 41, che ad Assen - prima della pausa estiva - ha riportato l'Aprilia sul podio, ribadisce il concetto espresso dal 99 utilizzando termini differenti: "Gigi Dall'Igna e Romano Albesiano stanno facendo meglio dei costruttori giapponesi. È difficile trovare un compromesso quando si tratta di migliorare le prestazioni delle moto da un lato e realizzare uno spettacolo migliore dall'altro. Agli ingegneri non interessa lo spettacolo, vogliono le prestazioni, ma non puoi biasimarli per questo. Agli spettatori però non importa se facciamo il giro in 1:55 o 1:36, a loro interessa lo spettacolo e non credo che l'aerodinamica sia buona per lo spettacolo. I circuiti non sono più sicuri perché stiamo andando troppo veloci ovunque e stanno diventando troppo piccoli e pericolosi".