La regola non scritta delle interviste in esclusiva coi piloti MotoGP, che in gergo si chiamano one to one, è che ne puoi chiedere una a stagione per ognuno, per altro organizzandoti con debito anticipo. Eppure passare del tempo con Luca Marini non è solo un grande privilegio, è pure istruttivo e andrebbe fatto più spesso: lui risponde sempre sul serio, senza mediare, sa offrire un punto di vista diverso sulle cose. In breve, parlare di moto con lui è come finire nella stanza dello spirito e del tempo del motociclismo e finisce in un quarto d’ora impari abbastanza da poter tenere un corso sul motorsport per qualche disgraziato master universitario. Capisci perché i giapponesi di HRC abbiano voluto lui per riportare in alto il progetto per esempio, anche se Luca ammette che non si aspettava di partire così indietro. Abbiamo parlato del metodo Ducati, dell’anno prossimo quando avrà Aleix Espargarò come collaudatore (“A fare la differenza saranno sempre più gli ingegneri”), dell’arrivo di Liberty Media, di Valentino Rossi e di Luca Salvadori. L’unico silenzio, dietro a un sorriso, per i fischi a Marc Marquez sul podio di Misano.
L’anno scorso, quando abbiamo fatto la nostra chiacchierata, stavi per metterti la fede al dito. Come è andato questo primo anno da sposato?
“Da sposato? Benissimo! Si tende sempre a dire che non cambia niente, invece secondo me le cose un po’ migliorano. Alla fine hai quello slancio post matrimonio di due o tre mesi in cui è tutto bellissimo, rose e fiori… guardi le foto, i video, scegli le foto e rivivi tutti quei momenti lì. Poi questa cosa va un po’ scemando, però rimane comunque una bellissima sensazione, il ricordo del giorno più bello della tua vita”.
Ah, quindi lo ricordi come il giorno più bello della tua vita!
“Eh, se devi considerare le 24 ore sì. Adesso quando nascerà mia figlia, e spero di esserci, immagino sarà un altro momento indimenticabile, però lì sono state 24 ore perfette, vediamo come vivrò la nascita della bambina”.
Una volta da queste parti si diceva che un figlio ti fa prendere un secondo al giro. È perché una volta le corse erano tutto istinto e poca preparazione o, invece, perché tutti avevano in mente il concetto del pilota maschio?
“Diciamo che prima, tra gli anni Ottanta e i Duemila, il pilota era… adesso non voglio dire che non fossero degli atleti, però… c’era il professionismo vissuto in maniera diversa, con meno dedizione al lavoro e al sacrificio. Era così anche in altri sport e in altri lavori, mentre adesso c’è un’estremizzazione di ogni cosa e da quando abbiamo sei anni cresciamo con l’idea di essere atleti: ti devi allenare, mangiare bene, essere organizzato e migliorare te stesso ogni giorno, non basta salire in moto e dare il gas. Io ho avuto la fortuna di trovare una persona con cui sto molto bene, con la quale sono stato insieme dieci anni… so che le moto sono una parte fondamentale della mia vita e a cui dedico moltissimo tempo, però voglio anche vivere altre cose. Se non fossi stato con Marta probabilmente non sarei già diventato padre, ma se ci penso oggi non mi sembra sia successo presto, mi sento molto maturo e penso di averlo fatto al momento giusto, anche perché gli altri piloti che hanno figli fanno paura, magari avessero perso un secondo!
Luca Marini ride, beve un sorso di caffè e riprende a parlare.
"Col professionismo che c’è adesso, nel momento in cui sali sulla moto e chiudi la visiera, che tu abbia una famiglia o meno riesci a entrare in una bolla in cui sei solo. Puoi avere anche tutti i problemi del mondo a casa, ma in quel momento sei sulla moto. Sei te sulla moto, con la moto, nella pista con gli altri. Basta, finito. Se è bello quello che c’è fuori è ancora meglio, ma in quel momento non esiste”.
È un bel modo per spiegare cosa vive un pilota in griglia. Senti, tu e Valentino avrete due figlie coetanee, magari giocheranno assieme: ci pensate mai?
“Secondo me sarà una figata, avranno sicuramente un bellissimo rapporto e potranno giocare insieme per un bel po’”.
L’altro matrimonio che hai fatto l’anno scorso, altrettanto impegnativo, è con la moto. Come lo stai vivendo? Più dura del previsto, più complicata… oppure te l’aspettavi esattamente così?
“È bellissimo anche questo. Rientra un po’ tutto nelle mie aspettative, sapevo che sarebbe stato un anno complicato. Quello che non mi aspettavo era di partire così indietro, sapevo delle difficoltà della Honda e immaginavo che col progetto 2024 saremmo partiti un gradino più in alto, invece abbiamo fatto un passo indietro. Abbiamo lavorato tanto, tanti test, tante giornate, riunioni… nelle ultime settimane un po’ ci ho pensato: sono stati sei o sette mesi veramente intensi, in cui non mi sono mai fermato. Sono stato male prima di Misano e ho fatto i primi sei giorni di fila a casa, sul divano. È stata tosta, anche se è passata molto velocemente e con tanto divertimento: ho trovato una bellissima squadra con tante belle persone con cui sono riuscito a creare un bel rapporto sia professionale che umano. Questa cosa è andata anche oltre le mie aspettative, perché comunque lasciavo la VR46 che per me è stata incredibile e molto famigliare, con loro andavo a pranzo o a cena anche a casa, quando non c’erano le gare, e non era così scontato creare un bel gruppo nonostante tutte le difficoltà che stiamo vivendo”.
Yamaha punterà sul V4 e pare ci siano grandi aspettative su questa configurazione, che potrebbe essere un punto di svolta. Per voi, che il V4 lo avete già, cosa potrebbe essere la grande svolta?
“Ma perché il V4 dovrebbe essere il punto di svolta per loro?”
Bah, hanno un quattro cilindri in linea e sono gli unici a usarlo. Magari pensano di risolvere così.
“Ah guarda, non penso sia solo quello! (Luca Marini ride di gusto, ndr). Poi magari con il V4 troveranno la via, non lo so. Io, dopo tanti anni qui dentro, un’idea su quella che potrebbe essere la nostra svolta ce l’ho. La Ducati ha speso degli anni per strutturarsi in modo da creare un organizzazione precisa e perfetta attorno alle moto che vanno in pista. Il gruppo di ingegneri che c’è dietro oltre a quello che succede nel box è andato avanti anche quando Ducati ha esaurito le concessioni. Così analizzano dati, raccolgono i feedback dei piloti e li trasformano in sviluppo per costruire la moto del futuro. Questo secondo me è stato un ottimo punto che hanno sfruttato a loro vantaggio e su cui la Honda adesso sta lavorando. Le cose la Honda le sa fare, sono bravissimi, i giapponesi fanno paura. Dobbiamo riuscire a creare più ponti tra il Giappone e i box, riuscire a far arrivare prima le informazioni e che siano più precise. Adesso noi quattro piloti Honda chiediamo la stessa cosa e questo secondo me ha velocizzato i processi, così ci arrivano più cose che sono anche più interessanti. Questa penso che sia la chiave per farci arrivare prima al top. Oh, magari sono andato un po’ lungo... però il discorso è quello”.
L’anno prossimo avrete Aleix Espargarò come collaudatore. Se tu potessi avere chiunque come tester, chi prenderesti? E, soprattutto, quanto è rilevante avere un ottimo collaudatore?
“Questa è una domanda più interessante. Credo che ogni pilota in MotoGP sia fantastico, incredibile. Poi c’è quello che sa spiegare meglio, con termini più facili da comprendere per un ingegnere, e quello che magari non si riesce a capire molto bene. Il discorso alla fine è sempre quello, quando il pilota sale sulla moto - che sia il miglior tester della storia o quello che spegne il cervello e va soltanto forte - le sensazioni sono sempre quelle. Tutto sta nel come si esprime un concetto e in come lo percepiscono gli ingegneri. Più che il pilota, a fare la differenza è tutto il gruppo di lavoro intorno al pilota a fare la differenza. Però comunque Aleix è quello che ha più esperienza di tutti: ha visto la crescita della Suzuki, quella dell’Aprilia e tutti ne parlano molto bene. Perfetto, benissimo. Sono sicuro che sia l’uomo giusto da prendere. Però io prenderei altri ingegneri”.
Ah, spenderesti sui tecnici.
“Sì, è quello che fa la differenza nonché quello che in futuro, tra 10 anni, farà ancora più differenza: immagino che i piloti verranno pagati sempre di meno e gli ingegneri sempre di più, come succede in Formula 1 che c’è Adrian Newey che prende come uno dei piloti migliori. Ma se è lui a fare il risultato è giusto così”.
Sei, assieme a Joan Mir, l’ultimo pilota Repsol Honda della storia. Ti fa un po’ effetto essere entrato in quel piccolo club di piloti che probabilmente ha chiuso per sempre?
“Ah, averne fatto parte è figo. Repsol ha fatto la storia di questo sport, ci sono cresciuto. Quando riguardi le cassette, i video vecchi… è sempre quella livrea lì. È stato bello farne parte, ma ora queste strade si divideranno ed è normale che ognuno faccia il proprio business. Sinceramente poi Honda è Honda, è quasi più una questione sentimentale perché l’azienda può farcela sia con altri partner che da sola”.
Pare che l’arrivo di Liberty Media porterà più show in MotoGP, magari per voi piloti non è troppo facile da mandare giù come concetto. Tu come la vedi?
“Ho sentito spesso i piloti di Formula 1 lamentarsi dello show, anche quando ti devi schierare in griglia e c’è questo gran cinema prima della partenza. Sicuramente sarà qualcosa a cui noi piloti dovremo abituarci, il mondo sta andando in questa direzione e dobbiamo adattarci cercando di far funzionare al meglio questo sport. Abbiamo bisogno di sempre più appassionati e la Formula 1, che per quanto bella e incredibile possa essere è molto noiosa, è riuscita a creare un contorno incredibile nonostante il prodotto sia inferiore”.
I fischi a Marc Marquez a Misano 1, con Pecco Bagnaia che cerca di far smettere i tifosi: se non chiedessi a te un’opinione avrei sbagliato mestiere.
“Allora meglio non rispondere, perché se no viene fuori un casino enorme!”.
Quindi non dici niente, no comment?
“Dico che spero di essere presto sul podio per farti sapere. Con o senza Marc Marquez? È indifferente, basta essere sul gradino sopra”.
Chiudiamo con un pensiero a Luca Salvadori: pensi che le corse su strada siano troppo pericolose? Andrebbero limitate? Un’altra cosa che si sente in giro è che se fai sia i contenuti che il pilota sei troppo distratto.
“Ma valà. No, assolutamente. Ma poi da quanto ho capito non è stata neanche colpa sua. Invece a proposito delle gare su strada… che ci vuoi fare? Lo sappiamo e finché ci sono piloti che voglio correrci, e immagino che sia così perché non sono obbligati… finché c’è chi vuole fare l’Isola di Man, finché ci sono i campionati su strada e la gente si iscrive cosa vuoi dire? Questi ragazzi vivono per la loro passione, è una passione pericolosa. Mi dispiace moltissimo che sia successa questa cosa e tutto il mio affetto va alla famiglia e a tutti i conoscenti perché è stato veramente un grande shock. Mi spiace davvero tanto. L’unica cosa che amo pensare è che stesse facendo qualcosa che lo riempiva di gioia, col sogno futuro di andare a correre nel Tourist Trophy. Le gare su strada sono pericolose, però lo sappiamo. Ma è anche pericoloso correre in MotoGP e ogni giorno cerchiamo di rendere il nostro sport il più sicuro possibile”.