Sembra che Honda HRC non lasci grande margine di manovra ai propri piloti in questo 2024: c’è l’opzione 1, la caduta, che è la preferita di Joan Mir, oppure la 2, che invece sceglie spesso Luca Marini e che consiste nell’annaspare a fondo classifica con la flebile speranza di raccattare un paio di punti. Cosa che diventa impegnativa su circuiti con poco grip e addirittura difficilissima partendo dalle ultime posizioni in griglia. Che è esattamente quanto successo in Malesia, a Sepang, quando dopo essersi qualificato 19° ha chiuso 15° sia nella Sprint del sabato che in gara domenica: “Non è stato fantastico, abbiamo perso tempo venerdì per lo sviluppo, abbiamo provato delle cose che non sono state positive e così siamo tornati alla nostra base e siamo arrivati in qualifica senza essere pronti, quindi partivamo molto indietro”, ci ha raccontato nella sala stampa di Sepang la domenica pomeriggio.
Poi però parla anche delle Ducati di Marc Marquez e Franco Morbidelli, entrambi caduti a metà gara e poi al traguardo davanti a lui, rispettivamente in 12° e 14° posizione: “Con questo pacchetto più o meno è questo che si può fare, se parti da una buona posizione puoi provare a fare qualcosa, altrimenti stai indietro. Quelli che sono caduti sono ripartiti e mi hanno ripassato… neanche la fortuna di guadagnare le posizioni di quelli che cadono! Se casca una Ducati e riparte lo sai già che ti passa, ti sverniciano, vanno il doppio… siamo solamente dei birilli, loro ci vengono addosso senza paura perché sanno che tanto vanno il doppio. Ora la situazione è questa, speriamo che cambi il prima possibile”.
A questo punto gli chiediamo se questi piloti gli vengono addosso letteralmente, come è successo a Joan Mir in Thailandia, o se è più che altro la loro maniera di superare: “Letteralmente, sì. Siamo degli ostacoli. Ci prendono come degli ostacoli e siamo noi che li dobbiamo schivare se vogliamo stare in piedi. Però fa ridere questa situazione, è così, non c’è da arrabbiarsi. È normale quando uno si sente di avere la moto nettamente superiore faccia un po’ la voce grossa. Poi quando saremo tutti ad armi pari vedremo”.
Cose del genere si sperimentano nelle giornate per gli amatori nei circuiti di provincia, quando entri per la prima volta in pista mentre il più bravo è quello senza la targa e il rischio di farsi male per colpa di altri diventa concreto. Soprattutto però, è impressionante la gestione di Dorna di questi incidenti: se vengono ripresi dalle telecamere, come tra Joan Mir e Marc Marquez in Thailandia, segue una procedura di analisi e (forse) una sanzione, altrimenti rischia di non venirne fuori nulla e queste dinamiche si vengono a sapere dai diretti interessati.
Al netto di questo, Luca ci racconta anche che dai test di fine stagione (quelli che tradizionalmente si svolgono nel martedì dopo il GP a Valencia e che forse si disputerà a Barcellona) non si aspetta stravolgimenti, ma un approccio diverso da parte dei giapponesi: “Ci dovrebbe essere qualcosa, ma non sarà una rivoluzione: di rivoluzioni ormai non se ne fanno più, è un processo di sviluppo che dura tutta la stagione e ogni tot di gare quando arrivano i pezzi nuovi si provano per capire se andare avanti in quella direzione oppure no. All’ultima gara dell’anno non arriverà una moto totalmente nuova: cambierà il motore, il forcellone, il telaio… Andremo verso il compromesso migliore con l’obiettivo di fare qualcosa di veramente nuovo anche il prossimo anno”.
Nel frattempo, Yamaha (sempre più spesso nei dieci con entrambi i piloti) sembra sulla strada giusta per risorgere.