Non ha avuto neanche il tempo di godersi la vittoria dell'Europeo con la sua Spagna che Alvaro Morata si è ritrovato catapultato in un altro mondo: non più la Liga e l'Atletico Madrid del Cholo Simeone, ma il cantiere aperto del Milan di Paulo Fonseca. I giornali danno per fatta la trattativa. Nelle prossime ore l'attaccante effettuerà le visite mediche e firmerà un quadriennale con il Diavolo.
Corsi e ricorsi storici: il 16 luglio 2008 i rossoneri acquistavano Ronaldinho dal Barcellona, oggi devono accontentarsi di Morata. Un giocatore che conosce molto bene l'Italia, che ha un suo perché ma che, suo malgrado, non può soddisfare le aspettative dei tifosi (sempre più imbestialiti) del Diavolo.
Il problema del Milan è infatti lontano dai campi di gioco e dal calciomercato, dagli attaccanti in rosa e dagli allenatori. Deriva dal modello di business che ha in mente il proprietario del club, Gerry Cardinale, un americano abituato ad investire, fare affari e sviluppare le proprie aziende come fanno gli americani. E cioè lontano anni luce dalle abitudini nostrane.
Che cosa significa? Semplice: prima vengono i risultati economici, poi quelli sportivi. E così scopriamo che una squadra che ha terminato l'ultimo campionato come ha fatto il Milan, al secondo posto dietro i rivali dell'Inter, con sei derby persi di fila sul groppone; l'eliminazione alla fase a gironi di Champions League e, in seguito, ai quarti di Europa League; con stelle quasi svogliate – da Theo Hernandez a Rafa Leao – e un allenatore, Stefano Pioli, diventato il capro espiatorio di ogni problema... dicevamo: scopriamo che una squadra del genere può comunque aver effettuato una stagione positiva.
Per quale motivo? Basta leggere cifre e numerini. Dopo il risultato netto positivo pari a 6,1 milioni di euro nella stagione 2022/23, il Milan dovrebbe aver chiuso l'ultima annata con un utile compreso tra i 10 e i 20 milioni di euro (fonte: Calcio e Finanza). Si tratta del secondo bilancio consecutivo in utile: un miraggio o quasi, visto lo sprofondo rosso in cui era finito il Diavolo dell'ultima gestione Berlusconi e ai tempi dei cinesi.
Le stime parlano poi di un fatturato oscillante tra i 435 e i 440 milioni di euro, in crescita di oltre 30 milioni rispetto ad un anno fa. I ricavi commerciali hanno portato ulteriore benzina in una macchina del marketing, grazie ai contratti con Puma ed Emirates dal valore di circa 30 milioni a stagione ciascuno.
Sui social i profili ufficiali del Milan continuano intanto ad accumulare follower preziosi, da trasformare in potenziali clienti. Magliette, divise e gadget strizzano l'occhio alla generazione Z e sperano di intercettare gusti e tendenze globali. Se, poi, Cardinale dovesse davvero riuscire ad inaugurare un nuovo stadio, i tifosi più tradizionali si mettano pure l'animo in pace: sarà un impianto modello americano.
Altro che modello inglese, con stadi caldissimi e tifosi appassionati. Il rischio è che il Milan imiti il peggio dell'abbecedario britannico e lo fonda al modus operandi americano. Dalla Premier, infatti, potrebbe arrivare il profilo del tifoso usa e getta: non più aficionados disposti a macinare chilometri su chilometri, bensì uomini di mondo intercambiabili pronti a sborsare qualsiasi cifra pur di godersi una partita dal vivo. Dagli Usa, invece, è già arrivato il marketing aggressivo.
Manchester United e Chelsea sono due club contagiati dalla "doppia malattia" citata: entrambe le squadre hanno enormi disponibilità economiche, acquistano top player a raffica, sono conosciute in tutto il mondo ma non riescono più a vincere. Il Milan è ancora allo stadio precedente ma potrebbe presto fare il definitivo salto verso il calcio del futuro: un calcio sempre più elitario e attento ai conti.
E la coppa? “I tifosi ovviamente vogliono vincere sempre. L’ironia nello sport è che se vinci ogni anno rendi la competizione meno interessante”. Pensiero di Gerry Cardinale.