Roger Federer non usa quasi mai parole affilate. Stavolta sì. Ospite del podcast “Served with Andy Roddick”, il venti volte campione di Slam ha accusato i tornei di “uniformare” e rallentare i campi per facilitare la vita ai fuoriclasse del momento: Carlos Alcaraz e Jannik Sinner. Un’uscita che ha incendiato le conversazioni tra tifosi e addetti ai lavori, e che a molti è sembrata una vera e propria accusa di tennis truccato, o comunque manipolato.
Federer ha spiegato che “i direttori dei tornei hanno permesso che, con la velocità delle palline e dei campi, ogni settimana fosse praticamente la stessa. È per questo che puoi vincere Roland Garros, Wimbledon e Us Open giocando allo stesso modo”. Secondo lo svizzero, la scelta non è neutrale: avere superfici lente riduce le sorprese e spinge in alto le star, creando finali più appetibili per sponsor e tv.

Il suo ragionamento ha toccato un nervo scoperto. Negli ultimi due anni Sinner e Alcaraz si sono spartiti gli otto Slam in calendario: quattro titoli a testa dal 2024. Lo spagnolo ha mancato solo l’Australian Open, l’italiano non ha ancora conquistato il Roland Garros. Risultato: un duopolio che ricorda le grandi rivalità del passato, ma a quanto pare con un sospetto in più, quello dell’aiuto indiretto delle superfici.
Federer non si è fermato qui. Ha ipotizzato che “questo agisca da rete di protezione contro il giocatore più debole: deve tirare colpi straordinari per battere Sinner. Su campi veloci, potrebbe cavarsela con pochi colpi ben piazzati”. In altre parole: le condizioni odierne ridurrebbero le possibilità di exploit degli outsider. In realtà Roger è già stato parzialmente smentito dalla Laver Cup, dove Taylor Fritz (non proprio un outsider ma non uno del duo Sincaraz) ha sorpreso Alcaraz vincendo 6-3 6-2 e consegnando il titolo a Team World. Anche se è chiaro che non si tratta di uno slam né di un 1000 e che bisognerebbe pesare il vero impegno di Carlos.

La questione è stata sottoposta direttamente a Jannik Sinner, prima del suo debutto al China Open di Pechino contro Marin Čilić. L’altoatesino, non proprio a sorpresa, ha scelto la linea della diplomazia: “I campi duri, a volte, sono molto simili. Ci sono piccole differenze. Indian Wells, per esempio, è un po’ diverso perché la palla rimbalza più alta. Ma sì, spesso troviamo situazioni di gioco più o meno uguali”.
Una mezza ammissione? Sinner ha aggiunto: “Non so se ci saranno cambiamenti o meno. Io cerco di adattarmi nel miglior modo possibile. Penso di star facendo un buon lavoro”. Nessuna smentita frontale, solo il richiamo al dovere del giocatore: adeguarsi. Basterà a spegnere la polemica e a cancellare il dubbio?