È lunedì mattina. L'Inter ha giocato domenica sera, vittoria di misura (e con autogol) in casa contro il Sassuolo (2-1). Guardi il telefono. Su Facebook compare un post di Dazn, un video celebrativo dedicato a Pio Esposito (con caption carica di emoji su "Fisicità e potenza - Pio Esposito-Cam - Le giocate contro il Sassuolo "). Lo lasci partire, vedi dei movimenti, un tiro alto, un tiro fuori, una mezza rovesciata centrale parata. E poi? Poi basta. Gol? No. Assist? Neanche. Apri la homepage della Gazzetta. Il titolo di apertura? "San Siro spento? Lo accende Pio Esposito. Così ha stregato la Milano nerazzurra". Cazzo, allora nel video dedicato da Dazn mancava qualcosa? Un tiro all’incrocio da quaranta metri? Esposito che danza sul cadavere del Sassuolo con la folla che lo porta in trionfo? Lo riguardi, accendi l'audio, senti i commentatori estasiati che celebrano il talento, la forza e le capacità di Pio. Ma non manca niente. Perché a parte quelle azioni finite con pallone in curva o in bocca al portiere, non c'è niente. E allora?

Nell'articolo della Gazzetta si legge dei “(pochi) tentativi di Pio finiti lontani dalla porta del Sassuolo, la speranza generale che almeno una di quelle sberle da fuori trafiggesse Muric, il nemico di giornata. Specialmente una, l’unica da dentro l’area neroverde, quella rovesciata che ha fermato lo spazio e il tempo: palla dentro verso il secondo palo, tocco di Dimarco a rimettere in gioco un cross sbilenco, rovesciata di Pio e miracolo del portiere del Sassuolo. Lì San Siro si è «freezato», come il cuore di Esposito pronto ad esplodere di gioia". "Freezato", perché scrivendo in italiano si rischierebbe di far capire come stanno davvero le cose, di trasformare la percezione di una prestazione cool nella realtà di una vittoria di cul. "Miracolo del portiere" perché le parate normali o i tiri non irresistibili quando si parla di predestinati non esistono. Quindi tutto bellissimo, ma non è successo nulla. La stessa Gazzetta dà a Pio un voto che supera di poco la sufficienza, 6.5. Cioè anche per la stessa Gazza pare che il Pallone d'oro possa attendere almeno un po'.

L'impressione è che il fenomeno Esposito sia pompato, anche e soprattutto dai media (per tifo mal celato o per convenienza), al di là della sua effettiva misura. Il ragazzo sembra essere forte, "di belle speranze" si sarebbe detto una volta, ma è appena arrivato in Serie A e non ha ancora fatto nulla che potesse essere messo a tabellino. Solo delle buone piccolo cose e molto hype. Certo, per il calcio italiano, messo così male da dover naturalizzare Retegui per avere un numero 9 qualsiasi da buttare in campo con la divisa azzurra (o da rievocare il fantasma di Balotelli), sarebbe positivo trovare un nuovo bomber, anche per la Nazionale (al di là delle velenose e avvelenate tifoserie di club). Ma è presto, tremendamente presto. Pio Esposito va lasciato crescere, va lasciato giocare, anche sbagliare. E invece, suo malgrado, è pompato, pompatissimo (non per colpa sua, non da sé stesso, da altri e per colpa di altri).

Il risultato? Vista la sproporzione tra racconto e resa, sotto ognuno di questi post o articoli celebrativi si scatenano orde di commentatori che demoliscono il giocatore, che ironizzano sul suo valore, che (anche giustamente) fanno notare che Kenan Yildiz – ventenne coetaneo di Esposito – è già da tempo protagonista assoluto in Italia e in Europa con la Juve e con la Turchia, mentre stando ai media italiani il campione tra i due parrebbe essere Pio, appena uscito dall’uovo della Serie B. Magari sarà così, magari diventerà anche lui un grande giocatore. Ma non adesso, adesso ha appena iniziato, e caricarsi (e caricarlo) di aspettative non può far bene a nessuno, in special modo al ragazzo stesso. Tutte queste cose i media le sanno: ma e più importante fare engagement che dire la verità o tutelare un giovane sportivo. Perché se è vero che il calcio vive di emozione, è altrettanto vero che bruciare i giovani nel forno del clamore è il modo migliore per condannarli a un destino di rimpianti. E allora calmatevi. Lasciatelo provare e mettersi alla prova, senza santini né crocifissioni. Che il tempo, e solo il tempo, dica se Pio Esposito sarà davvero quello che ci raccontano oggi.