Se l’America e l’Nba oggi sembrano più vicine è anche grazie al lavoro dei giornalisti che, come Mauro Bevacqua, seguono ogni giorno, minuto per minuto gli sviluppi della lega basket più importante del mondo. Bevacqua lo definì così il campionato Nba: “il più bello del mondo”. Lo scrisse in un articolo pubblicato più di dieci anni fa, ma oggi non cambierebbe il suo giudizio. Troppi i campioni, troppe le stelle e non solo quelle americane. Un modello sotto molti punti di vista: per competitività, capacità di rinnovamento e per i risultati, anche economici. Gli accordi con i media di tutto il mondo supereranno i cinquanta miliardi nei prossimi anni: cifre impensabili per lo sport europeo, figuriamoci quello italiano. Se, come ci dice lo stesso Bevacqua, “l’imitazione è la prima forma di ammirazione”, perché non prendere spunto dai meccanismi dello sport americano? Non si tratta di inserire in maniera verticale un tetto ingaggi (il salary cap), spesso sbandierato in Italia. Quello che rende superiore il mercato statunitense è un sistema ben oliato, che funziona da anni e che programma con un respiro ampio: “Ci vuole la capacità di mettere le mani sul prodotto, di non considerarlo immutabile”. Gli americani no, non hanno paura di cambiare regolamenti, modelli di business e giocatori. L’ultima delle stelle che troverà posto nel cielo del basket è Victor Wembanyama: basta un colpo d’occhio per capire che il fenomeno francese sarà uno di quelli che cambierà per sempre la pallacanestro. “È irreale pensare che uno così alto finisca per giocare in quel modo”, sottolinea il giornalista. Se lo dice uno come Bevacqua, che ha diretto la Rivista Ufficiale Mensile Nba per 12 anni, dobbiamo per forza crederci. Il sogno? Vederlo contendersi l’anello con Giannis Antetokounmpo, l’altro fenomeno (un “freak” come lo chiamano negli Stati Uniti) che con le sue braccia ha raggiunto il vertice. Quelle di Wembanyama sono lunghe 2,40 metri e già spaventano gli attaccanti di tutto il mondo. Stanotte ha giocato (e perso) la sua prima partita Nba della carriera, ma la rivoluzione del basket è appena iniziata e noi siamo tra i fortunati che potranno godere di un giocatore mai visto prima, in una lega che ha molto da insegnare allo sport internazionale: “Basterebbe avere forse un po’ di umiltà e copiare”. A meno che non si tratti di Victor Wembanyama: lui sembra già inimitabile.
Mauro Bevacqua, dieci anni fa hai scritto che l’Nba era il campionato migliore del mondo. Lo scriveresti di nuovo?
Sì, lo farei di nuovo, anche perché è sempre più il campionato che riunisce i migliori di tutto il mondo. Gli ultimi cinque Mvp sono stati i giocatori internazionali: due volte Giannis Antetokounmpo, due volte Nikola Jokic e una volta l’anno scorso Joel Embiid, che è camerunense. Ieri è iniziato il campionato con il nuovo numero record di giocatori internazionali. I migliori vogliono andare a giocare lì e quindi direi che sì, è il miglior campionato al mondo.
Questa estate c’è stata la polemica sul titolo Nba che in America viene considerato come la Coppa del mondo, tu cosa ne pensi?
La polemica ovviamente era legata alla nazionale e io credo sia giusto, a rigore, considerare i tedeschi i campioni del mondo perché hanno vinto il mondiale ed è giusto che sia così. Detto questo, se si parla di una lega non credo che ci siano molti dubbi che l’Nba sia il miglior campionato di basket al mondo. Poi che loro si vogliano chiamare “World Champion” è probabilmente un’esagerazione un po’ americana. Però non è neanche così lontana dal vero.
Lo sport italiano ed europeo cosa può imparare dall’Nba?
Mi verrebbe da dire tantissimo, però sono anche due realtà molto diverse e non è neanche semplice dire: “bisogna fare come l’Nba”. È ovvio che la prima cosa che si nota è che in America hanno messo in piedi un sistema di equilibrio competitivo: le ultime cinque squadre che hanno vinto gli ultimi cinque titoli sono tutte diverse. Questo è successo solo un’altra volta nella storia della lega. Adesso vedremo se quest'anno vincerà una sesta squadra oppure se qualcuna di queste cinque che hanno vinto negli ultimi anni tornerà in vetta. Poi c’è il famoso tetto ingaggi imposto alle squadre, il “salary cap” che spesso in Italia viene un po’ sbandierato.
Secondo te questo strumento è impossibile da adottare in Europa?
Non lo so, ma non è neanche l’unica cosa. C’è anche il Draft, per esempio: un meccanismo che automaticamente cerca di riequilibrare la bilancia della forza della lega, perché le squadre che sono arrivate in fondo alla classifica di solito scelgono i migliori talenti provenienti dai college. È difficile dire che mettendo il salary cap allora cambierebbero le cose. Si tratta di un sistema di fattori molto ben costruito e su cui si lavora costantemente.
Quest’anno è cambiato qualcosa?
Sì, sono intervenuti pesantemente su quello che ritenevano un problema: molte superstar saltavano troppe partite per arrivare freschi ai playoff. Da quest’anno hanno imposto un numero minimo di presenze per poter ottenere i premi di fine stagione. Questa sembra una cosa un po’ ridicola, ma i bonus economici e i massimi contrattuali vengono calcolati anche su questo. Quindi, va bene il salary cap come inizio, ma non è solo quello. Poi c’è da dire che là i palazzetti sono pieni e lo spettacolo è esportato in tutto il mondo: si parla di un accordo media entro il prossimo anno che secondo alcune stime sarà tra i 50 e i 75 miliardi di dollari. Cifre del genere si spiegano da sole.
La Superlega andava in quella direzione?
Non ho seguito bene la vicenda, però il concetto era quello: l’Nba è una lega chiusa, non ci vai per meriti sportivi. Ogni franchigia che ci vuole entrare deve presentare un piano economico di un certo tipo, deve presentare un numero minimo di abbonamenti. Poi non ho le competenze, devo essere sincero, per conoscere in dettaglio qual era il progetto, che venne fuori in maniera repentina. Comunque sì, era un principio che tiene un po’ meno conto del valore sportivo e un po' più del valore economico.
La vera attrazione dell’Nba di quest’anno è sicuramente Victor Wembanyama. Cosa lo rende diverso da tutti gli altri?
Ovviamente questa è una domanda che si sono fatti tutti. Direi che sono 224 centimetri che però giocano come un esterno. Questa preseason Nba ce l’ha confermato: ha segnato dei canestri incredibili, portando la palla in mano fronteggiando il canestro. È irreale pensare che uno così alto finisca per giocare lontano dal canestro mantenendo quelle che sono le vecchie concezioni della pallacanestro. Oggi il basket è completamente cambiato, si chiama “basket senza posizioni”. Cioè quello che negli anni Ottanta era Magic Johnson, che era 2,05 metri e faceva il playmaker, poi è diventato Kevin Garnett che a 2,11 metri riusciva comunque a fare delle cose incredibili. Poi sono arrivati Kevin Durant, che forse è anche più alto, e Giannis Antetokounmpo, che è stato due volte il miglior giocatore dell'Nba. Tutti giocatori che hanno spostato sempre più in alto l’asticella.
Qual è la vera rivoluzione di Wembanyama?
Lui ha saltato due, tre step nell’evoluzione del gioco: ha una mobilità, una capacità di mettere palla per terra, di tirare da tre punti… Ci sono comunque tantissime incognite: la capacità di reggere un campionato lungo, di reggere il contatto fisico contro dei giocatori che sono molto ben prestanti e, ovviamente, l’adattamento a una pallacanestro diversa.
È finito nella squadra giusta?
A San Antonio c’è Gregg Popovich che è un allenatore veteranissimo e meraviglioso. Durante il primo anno ci sta che possa avere qualche passo falso e la squadra può anche permetterselo da un certo punto di vista, dato che arriva da anni molto difficili e punta ad avere successo nel lungo periodo. L’unica vera incognita, come sempre nello sport, sono gli infortuni.
Anche la difesa è uno dei suoi punti forti, giusto?
Sì, io credo che l'impatto sia più difensivo che offensivo: l’apertura di braccia è di circa 2,40 metri e i giocatori devono cambiare le parabole di tiro se c’è lui. Basta vedere la foto che ha fatto il giro del mondo per capirlo: quella in cui stoppa Andrew Wiggins. Alcune cose fai veramente fatica a spiegartele.
Alcuni dicono che cambierà il basket come ha fatto Stephen Curry, sei d’accordo?
Curry ha senz’altro rivoluzionato il gioco, ovviamente non come potrebbe rivoluzionarlo Wembanyama da un punto di vista fisico: quest’ultimo si vede a occhio che è un giocatore diverso da tutti gli altri. Sono due modi differenti, ma il francese può davvero cambiare le cose. Attenzione, non sono tanti quelli che hanno cambiato il gioco: questo va al di là del fatto di essere forti.
Cosa intendi?
Per dire, il più forte di tutti i tempi forse è Michael Jordan, ma è difficile dire che Jordan abbia cambiato il gioco: era una guardia di 1,98 metri e c'erano stati altri capaci di dominare con quel tipo di abilità fisiche. I giocatori che proprio rivoluzionano il basket sono quelli che fanno vedere qualcosa di mai visto: Magic Johnson, che per primo ha giocato da playmaker pur essendo 2,5 metri, e oggi un Curry. Wembanyama potrebbe veramente essere uno di questi.
Secondo te Wembanyama cambierà la percezione che c'è di questo campionato anche in Europa?
Può essere, anche se l’Europa e la Francia in particolare sono già mercati molto solidi e consolidati. L'Nba torna spessissimo in Francia: lo farà anche quest’anno a gennaio con una partita di regular season. Per cui, se Wembanyama sposta un mercato, ovviamente sposta principalmente quello francese che, come dicevo, non ne ha neanche troppo bisogno. Poi io credo che un personaggio del genere, anche se fosse nato in Ohio, alla fine avrebbe aumentato comunque il grado di interesse in giro per il mondo. Anche chi passa per strada, secondo me, se ne accorge.
Quindi non sarà quello che Yao Ming è stato per la Cina?
È difficile pensarla in quei termini. Il mercato cinese con Yao Ming è stato come il mercato americano con Michael Jordan. In quei casi c’è stata la congiunzione di momenti incredibili, con Michael Jordan che diventa il fenomeno del marketing sportivo anche grazie a un paio di mosse straordinarie: la connection con Spike Lee, le scarpe Jordan, il brand e l’atleta stesso ci ha messo del suo, ovviamente. Yao Ming idem: la Cina iniziava ad aprirsi un po’ al mondo nel periodo in cui lui è stato prima scelta assoluta e in più stiamo parlando di un mercato di più di un miliardo di persone.
L’Nba è forte anche nella gestione dell'immagine di questi fenomeni, forse anche da questo c’è da imparare, no?
Su questo sono maestri totali: hanno la capacità di vendere il loro prodotto in una maniera che sarebbe da studiare. Anche il nostro sport, comunque, va in quella direzione: cerca di fare qualcosa senza inventare. È giusto secondo me e non parlo solo di Nba: anche la Nfl, per esempio, fa delle cose straordinarie da un punto di vista di comunicazione del proprio brand. Io penso sempre che non sia necessario inventare, basterebbe avere forse un po’ di umiltà e copiare.
Facci un esempio.
L’Eurolega per anni si è ispirata all'Nba e l'ultima conferma è il fatto che da quest'anno adotterà il play-in, che è una novità abbastanza recente del basket Nba, utile ad allargare le squadre che possono puntare ai play-off e quindi generare ancora più interesse. Se si vede un modello che funziona io credo che non ci sia niente di male a imitarlo, anzi. Si dice che l’imitazione è la prima forma di ammirazione e io sono totalmente d’accordo. Poi ci vuole la capacità di mettere le mani sul prodotto, di non considerarlo immutabile.
Con chi vorresti che si confrontasse Wembanyama in una serie di ipotetiche Finals: contro LeBron, Curry o un altro nome meno scontato?
Tecnicamente mi piacerebbe vederlo contro Antetokounmpo che, forse, è il “freak” (nel senso di qualcosa fuori dal comune ndr), come il suo soprannome, più freak che avevamo visto fino a oggi. Adesso invece c'è questo che, come soprannome, ha “L’alieno”. Io credo che sia azzeccatissimo perché qua stiamo parlando di un'altra cosa, di qualcuno che sembra venire da un altro pianeta. Allora il freak contro l'alieno secondo me potrebbe essere una bellissima sfida da vedere.
Kobe Bryant lanciava le sfide ai giocatori della lega su Twitter per stimolarli, quale avrebbe dato a lui?
Stiamo parlando di un giocatore che ha un potenziale illimitato. Non sarei sorpreso se diventasse già parte dell’All-Star Game alla fine di quest’anno: credo che sarà difficile resistere, se lui giocherà in un certo modo, alla tentazione di incoronarlo subito tra i grandi. Il fatto che questo dipenda da un voto popolare probabilmente aiuterà. Anche se stiamo parlando di nulla: Wembanyama ha giocato in un campionato neanche tra i primissimi in Europa fino all’altro ieri, per cui è tutto da scoprire. Però ce lo godiamo, questo è certo.