Era arrivato a Milano come il Re Mida del cortomusismo: “Il calcio è semplice”, la prima frase sparata ai giornalisti da Sergio Conceicao. Musica per le orecchie dei tifosi rossoneri che, in piena contestazione, chiedevano il ritorno di acciughina Allegri, dopo mesi di conferenze stampa alla salsa di gioco dominante, esperimenti tattici da piccolo chimico, Terracciano centrocampista, esclusioni rumorose e quell’inadeguatezza che traspariva dal primo giorno di preparazione. Fonseca addio, questa era stata la decisione post natalizia in casa del Diavolo, per ribaltare una stagione grigia, che aveva visto la luce nel derby vinto con l’Inter e con il successo netto ai danni del Real Madrid di Carletto Ancelotti. Ma ora è nera, nerissima, e c’è già chi pensa di rispedire al mittente anche il secondo allenatore portoghese.

Faccia da duro, metodi severi e reazioni talvolta brusche, come abbiamo visto in campo con l’ex capitano Calabria, avevano posizionato Conceicao nella classe dei sergenti di questo sport. Un incrocio tra Mourinho e Conte, così perlomeno veniva descritto dalla stampa di settore. Nemmeno il tempo di sedere in panchina che era arrivato anche il trionfo dell’uomo forte. Due rimonte di garra contro Juventus e Inter che avevano fatto alzare la Supercoppa ai rossoneri. Sorrisi negli spogliatoi, grandi manifestazioni di fiducia da parte degli epurati da Fonseca, Theo e Leao, e la Danza Kuduro con il sigaro in bocca a strizzare l’occhio al contenuto utile per i social network. L’inizio di una nuova vita per il Milan? Manco per sogno. Un casino dopo l’altro, tanto fumo, niente arrosto e calciatori irriconoscibili. Su tutti Maignan e Theo, l’ombra di loro stessi. Per non parlare della società, rappresentata dal “capo” Ibrahimovic che in campo non si discute ma ne avesse beccata una da quando ha messo la giacca. “Noi siamo il rock and roll” ha dichiarato nell’ultima invertita rilasciata, anche se oggi abbiamo visto solo il ballo del qua qua di John Travolta a Sanremo.
Un management serio avrebbe detto al sergente di Coimbra di spegnere quel sigaro. Se siete il Milan l’immagine sgangherata del meme di Tony Montana, in serata dopo la cena del liceo, non serve a niente. Perché, finita la sbornia post Supercoppa italiana, il risveglio è stato devastante.
Mercato faraonico a gennaio (Walker, Joao Felix, Sottil, Bondo e l’attaccante tanto agognato, il messicano Santi Gimenez) e risultati da provinciale sottolineati dalla figuraccia in Champions League prima a Zagabria contro la squadra di Cannavano in piena contestazione, e dopo con il ko nel doppio confronto contro il Feyenoord. Infine la sconfitta contro il Torino in Serie A con distrazioni da oratorio che non possono passare come casi isolati. Ora sono troppe.
Questo Milan non esiste più, altro che muri sfondati e sfide da vincere che si leggono nell’intervista che Ibra ha rilasciato a GQ. Perlomeno con Fonseca due cose funzionavano: Pulisic e Reijnders. Ora anche loro sono irriconoscibili, danneggiati dallo schieramento con le tre mezze punte, più Gimenez, proposti allo sfinimento Conceicao Meravigliao. Un’ impostazione tattica che non ha né capo né coda e chi dice che il Milan perde perché è sfortunato, non ha capito nulla. Perché se voi siete ancora lì a cantare “Eh! Meu amico Conceicao”, io vorrei dirgli di ficcarsi quel sigaro nel culo.
