Certe cose non si dimenticano. Come quel gesto del “too small” con cui, ad agosto 2024, Frances Tiafoe aveva irriso Musetti dopo averlo battuto sul cemento. Lo aveva guardato, indicato, deriso, mimando con le mani quel simbolo tipico da playground americano: troppo piccolo per giocare con me. Ma stavolta il campo era diverso, e pure la storia. Perché a Parigi, nella bolgia elegante del Philippe Chatrier, Lorenzo non ha risposto con le dita. Ha risposto col rovescio. Quasi tre ore, quattro set, e una vendetta che non ha bisogno di teatrini. Musetti si prende la prima semifinale in carriera al Roland Garros, la seconda in uno Slam dopo Wimbledon 2024, battendo Tiafoe. Lo ha fatto sulla sua superficie, quella che conosce a memoria, quella che restituisce al suo tennis il peso che merita. Non sul cemento, dove forse oggi l’americano potrebbe ancora imporsi. Ma qui no. Qui è Musetti a dare lezione.

E se il primo set è un capolavoro, il secondo si complica per colpa del vento e di qualche errore gratuito. Il terzo diventa una guerra di nervi, poi Musetti trova la chiave, sale di livello, e nel quarto vola via. Lo ammette lui stesso a fine match: “Non ho iniziato come volevo, c’era tanto vento, era difficile giocare bene, non era semplice fare le scelte giuste. Nel terzo è stata una battaglia, ero un po' stanco, ma sono riuscito a trovare l'energia per vincerlo. Il quarto è stato il migliore come qualità del gioco”. Ma oltre ai colpi, stavolta Musetti ci ha messo qualcosa di nuovo. Consapevolezza. Quella che forse gli era sempre mancata nei momenti decisivi. E che oggi ha un nome ben preciso: famiglia. “Cosa è cambiato negli ultimi 12 mesi? Un po’ tutto: il processo di crescita, dentro e fuori dal campo. Sono diventato papà, penso che mi abbia reso più responsabile. Ora approccio le cose in maniera più professionale, la routine quotidiana, gli allenamenti, anche il tempo libero. Mi godo i momenti con la famiglia, anche se non sono qui fisicamente lo sono sempre nel mio cuore. Questa vittoria è anche per loro”.

Difficile non vedere il salto. Fino a un anno fa, Lorenzo era quello dal talento sublime ma dalla tenuta fragile. Quello che si spezzava sul più bello. Oggi invece è lì, in semifinale a Parigi, dopo aver battuto il numero 13 del mondo, il più spettacolare del circuito, e aver rimesso al suo posto chi lo aveva irriso con sufficienza. Senza dire una parola. Solo con un dritto incrociato. O con un rovescio a una mano che sembra danzare. Adesso il Muso attende il vincente tra Carlos Alcaraz e Tommy Paul. Cioè, come da pronostico, lo spagnolo, che ha liquidato in tre set l'altro americano. Sarà il capitolo successivo di una rivalità ancora acerba, ma già incandescente. Con Jannik Sinner dall’altra parte del tabellone, l’Italia del tennis sogna ad occhi aperti: due azzurri in semifinale al Roland Garros. Uno già numero 1, l’altro finalmente uomo. Perché Musetti, oggi, è diventato grande. E quel “too small”? Stavolta lo fa tornare in tasca a Tiafoe. Con gli interessi.