Ma vi immaginate quanto sarebbe bello speculare sul sogno di giovani ragazzi provenienti dalle zone più povere del mondo? Se proprio non ci riuscite, non disperatevi, perché la Lega Serie A ci ha pensato per voi, annunciando nella giornata di ieri il lancio di un nuovo reality show, The Italian Dream, in collaborazione con StarzPlay, broadcaster del Medio Oriente e Nord Africa. Il format è semplice: per un periodo di tre mesi, le telecamere seguiranno le gesta e le vite di un gruppo di giovani atleti provenienti dalle zone della MENA, mentre prenderanno parte a una serie di sfide eliminatorie per decretare un unico vincitore. Il premio: un contratto con la primavera di un’indefinita squadra di Serie A Tim. La trasmissione parrebbe addirittura essere un prodotto confezionato esclusivamente per le zone della MENA, stando a quanto dichiarato dal CEO di StarzPlay, Maaz Sheikh: “Analizzando i dati sugli spettatori, abbiamo visto che lo sport è un elemento chiave per il pubblico del Medio Oriente e del Nord Africa, dove il calcio è lo sport più amato. Visto il grande seguito delle partite della Serie A in diretta su StarzPlay è nata l’idea di “The Italian Dream.” Dichiarazioni a cui hanno fatto seguito quelle di Luigi De Siervo, CEO della Lega Serie A, che ha affermato come questo progetto “consentirà di rafforzare il legame quotidiano tra la Serie A e i tifosi di calcio di questa zona del mondo in cui oltre il 50% del pubblico ha meno di 30 anni”, aggiungendo che “questa serie rappresenta soprattutto il desiderio della Lega Serie A di investire nei talenti presenti nella regione MENA.”
Il presupposto su cui si basa il reality, tuttavia, è vano: il premio, il famigerato contratto in primavera, viene fatto passare per qualcosa di straordinario, quando la realtà è ben diversa. È ormai noto come i club europei cerchino in lungo e in largo per il globo calciatori su cui investire, promettendo una vita nuova a decine di ragazzi e famiglie, per poi selezionarne pochissimi e sparire nel nulla. Trarre conclusioni ora è sicuramente affrettato, ma, al momento questa non sembra altro che l’ennesima trovata della Lega Serie A di riempirsi il più possibile le tasche, per poi potersi lamentare con la Federazione delle disfatte a livello internazionale. Sì, perché mentre si consolidano sempre più i rapporti con il Medio Oriente, in Italia si continua a guardare dall’altra parte rispetto allo stato del nostro calcio, con stadi sempre più fatiscenti, a cui potrebbero giovare gli introiti di eventuali finali o eventi di grande rilevanza internazionale - che vengono invece giocate in Arabia Saudita o, comunque, nelle piazze che già godono di buona salute. Nei settori giovanili, invece, vengono imposte regole sempre più stringenti riguardo l’impiego di giovani nazionali, che però sono solo di facciata, perché mancano gli investimenti. Di conseguenza, per squadre più facoltose che possono permettersi di formare talenti in casa, ce ne sono altrettante che, invece, puntano al breve termine – come la favola del Lecce, che ha dominato l’ultimo campionato primavera, schierando però una squadra composta al 98% da stranieri. Da questo punto di vista sembrano giovare maggiormente al movimento calcistico italiano realtà come La Giovane Italia – che da anni punta a mettere in luce il panorama giovanile e i migliori talenti nostrani piuttosto che gli organi ufficiali preposti alla gestione del settore calcistico, troppo occupati a millantare progetti basati sul modello inglese. Peccato che mentre nel Regno Unito ci siano competizioni come la FA Cup, che permettono la partecipazione alle squadre di tutta la nazione, giovando alla crescita dell’intero movimento, in Italia abbiamo la Coppa Italia, in cui le squadre minori giocano al massimo una partita fantasma, in stadi vuoti e senza copertura televisiva.