Che Conte vivesse per il calcio si sapeva, amici dell’Inghilterra mi hanno sempre raccontato quanto per Antonio vincere o perdere sul campo influisse realmente anche sulla sua vita privata, ma che ci portasse fino a ‘sto punto non era scontato; fanculo a chi dice che non dovremmo soffrire! Che non possiamo soffrire con il Parma, che non dovevamo pareggiare col Genoa, e che abbiamo fatto meno partite delle altre, chi parla così non ha mai vinto un cazzo e non sa neanche cosa significa il successo. Ma come? tu arrivi fino in fondo, ti giochi lo Scudetto, duelli con l’Inter e non vuoi neanche soffrire? Ma soffrire fa parte del percorso, perché nessuno parla di quanto il Napoli ha la forza di continuare a raschiare fino in fondo, ancora e ancora? Quindi da buona napoletana a me invece ‘nu poc me piac ‘e suffrì” mi attiva, mi fa sentire viva e mi ricorda quanto tengo alle cose. Questa fine campionato non è come due anni fa, non sono passati 33 anni, lo Scudetto non si è chiuso prima, e lo stesso campionato è stato alquanto modesto, anche tecnicamente, con il punteggio finale in classifica mai così basso in almeno una dozzina d’anni. Io stessa ho dedicato molto meno tempo quest’anno al Napoli, e anche per questa fine di campionato non sono organizzata come due anni fa, ma questo mi fa capire che siamo un grande club ora, che deve essere normale per la città trovarsi in questa situazione, e che ogni anno può essere quello buono per vincere. Certo non saremo mai come gli juventini che ogni Scudetto che vincevano scendevano sempre meno persone in piazza quasi assuefatte alla vittoria, come se proprio a loro fosse dovuto lo Scudetto. Beh noi come loro non saremo mai, ma il nostro cuore ora sa che è possibile ripetersi.

Ma vediamo un po’ gli elementi fondamentali oltre a Conte, di questa seconda parte di campionato a cui dobbiamo tanto:
⁃ il tridente napoletano in prestito agli altri club (Orsolini Soulè e Pedro) che ha sostituito bellamente Osimhen e Kvara soprattutto;
⁃ il buon Mc Fratm, passato dalle cornamuse e i kilt al folklore napoletano ambientandosi benissimo, con quella bella faccia pallida con le gote rosa da bravo ragazzo, è stata la vera svolta, molto targata McTominay;
⁃ il soldato Politano;
⁃ Raspadori che ha portato a casa goal importanti, tra cui il goal vittoria a Lecce;
⁃ Anguissa che ha ritrovato lo smalto del 22/23;
⁃ e infine il buon Aurelio De Laurentiis che vende vende vende, e alla fine ha sempre ragione lui.
Ci sarebbero delle analogie tra il 22/23 e il 24/25 per quanto riguarda proprio acquisti e cessioni, due anni fa ci furano i saluti di Fabian Ruiz, Mertens, Koulibaly e Insigne, si dimezzò il monte ingaggio e poi il resto è storia, quest’anno togliersi Osimhen prima e in inverno Kvaratsheila ci ricorda un po’ la stessa dinamica… La differenza sostanziale con due anni fa è che nel 2023 c’è stato il calcio predominante del Napoli, a febbraio i giochi erano quasi chiusi, quest’anno “punto a punto” ci ha messo nella condizione di vivere un affare di cardiologia più che di calcio. Una cosa è certa, questa è un Napoli che parla di una Napoli del futuro, non di una Napoli degli stereotipi, e forse questo legame tra la squadra e la città che è tipico solo di quei popoli che perimetrano la loro identità anche con la fede calcistica. Con la tachicardia, l’ansia, i cornicelli nelle tasche, la scaramanzia, e la pazzaria, Sempre Forza Napoli, ‘anfin a che murimm. Sempre.
