Per provare a fermare Carlos Alcaraz, serviva il miglior Lorenzo Musetti. Quello del Foro, quello delle smorzate poetiche, quello che aveva steso Medvedev e conquistato il pubblico romano. Ma nel venerdì di semifinale, sotto il sole intermittente del Centrale, quel Lorenzo non si è visto. O, almeno, si è visto solo a tratti. Il resto l’ha fatto Carlos: senza nemmeno essere nella sua versione più scintillante, è bastato il miglior Alcaraz “di gestione” per chiudere il match 6-3 7-6 e volare per la prima volta in carriera in finale agli Internazionali d’Italia. Musetti esce di scena a testa alta, ma con la consapevolezza amara di non aver colto l’attimo. “Anche quando stavo avanti di un break nel secondo set, anziché guardare il tabellone ero troppo concentrato sulle cose negative. Il vento, il terreno, le ombre del campo, i miei errori. Troppi alibi”, ha ammesso. A tradirlo non è stato solo l’avversario, ma l’emozione, la tensione, la pressione di un giorno troppo grande vissuto a metà. “Mi sentivo immobile, ero in confusione. Carlos è stato più solido e tranquillo. Nessuno dei due ha giocato il miglior tennis, ma lui ha gestito meglio”.

È stato il terzo traguardo pesante in un Masters 1000 per Musetti, dopo Montecarlo e Madrid, ma anche la conferma di un limite ancora non superato: Alcaraz, Sinner, e per assurdo anche Draper sono gli unici top ten che Lorenzo non ha ancora battuto. Lunedì sarà numero 8 del mondo, nuovo best ranking, e questo racconta comunque una stagione eccezionale. Ma è proprio quella posizione che ora lo obbliga a una nuova fase: maturare anche nelle partite in cui l’attesa e il peso emotivo diventano paralizzanti. “Se voglio vincere tornei di questo livello devo battere i migliori”, ha detto. Sì, Musetti oggi non è ancora Sinner. Non lo è per tenuta mentale, per killer instinct, per capacità di esprimersi ad alto livello nei momenti che contano. Jannik quei brividi da pressione se li è scrollati di dosso tempo fa, anche nei giorni peggiori. Lorenzo ci sta lavorando. Lo sa. Lo dice. E ha il merito di non nascondersi: “Sono un po’ deluso. Non tanto per la sconfitta, che contro Alcaraz ci sta, ma per non essere riuscito a godermi la partita. Mi servirà da lezione”. Ora Lorenzo si fermerà: niente Amburgo, testa e gambe verso il Roland Garros. “Sui cinque set mi sento pronto. È una distanza che mi aiuta, ho la tenuta fisica e mentale per esprimermi meglio”. E forse proprio lì, senza l’assillo del risultato immediato, potrà finalmente vivere una grande partita anche contro uno come Alcaraz. Perché il tennis che ha, e che ha mostrato negli ultimi mesi, è già da top ten. Ma per diventare davvero un rivale di Sinner, serve qualcosa in più. Serve il coraggio di reggere lo sguardo, quando l’Olimpo ti fissa negli occhi.