L’obiettivo è chiaro. E stavolta Simone Tartarini non lo lascia nemmeno sottintendere. Vuole portare Lorenzo Musetti in Top 5. Non tra dieci anni, ma nel giro di un paio. E lo dice con lucidità e concretezza, in un’intervista al Corriere dello Sport, dove affronta tutto: il percorso fatto, le critiche incassate, le difficoltà, i miglioramenti, e ovviamente la sfida imminente con Daniil Medvedev, sul rosso del Foro Italico. “Portare un bambino a tennis a fare il professionista è già una vittoria. Ma vi dico, già dopo la medaglia olimpica avrei potuto appendere la racchetta al chiodo. Ho visto tanti film su atleti che sognano anche solo di arrivare ai Giochi. Noi siamo saliti sul podio. Adesso siamo entrati nel salotto della Top 10, ma Lorenzo ha 23 anni e non è il traguardo finale”. Un allenatore che conosce il peso delle parole e non si accontenta di un buon piazzamento. Perché Musetti oggi è più di un talento con il rovescio in slice. È un uomo concreto, finalmente solido, con una base tecnica affinata e una testa che regge meglio. “I picchi li ha sempre avuti, adesso è arrivata un po’ di continuità. Ha vinto due buonissimi match. All’esordio era teso e non ha espresso un buon tennis, ma ha sempre tenuto l’avversario a distanza. Contro Nakashima è salito di livello. Non siamo arrivati a destinazione, ma vediamo i risultati del lavoro degli ultimi tre anni. Lorenzo sta capendo che può vincere anche senza piacersi”.

E proprio questa è la svolta: vincere anche quando il tennis non è spettacolare. Vincere con la testa, con la gestione dei momenti, con una nuova consapevolezza. “Statisticamente è più indietro sul cemento, ma ha tutti i mezzi per giocarci bene. Tatticamente era ancora un po’ conservativo, ma la speranza è che il processo in atto dia i frutti. Quindi non servono stravolgimenti, dobbiamo consolidare un atteggiamento che lo porti a gestire le emozioni nel modo giusto. Sono migliorati i colpi di inizio gioco: sul servizio la nuova preparazione lo ha portato a servire meglio. Nei momenti difficili la prima non entrava mai, adesso invece salva la palla break con l’ace”. L’ambizione è dichiarata. La strada è tracciata. “Lui è razionale, ma è anche sempre stato precoce come giocatore. È stato numero 1 junior molto presto ed è da 3 anni tra i primi 30. Adesso ci sono otto giocatori davanti a lui: non sono tanti, ma neanche pochi. Per raggiungere la Top 5 e aspirare a qualcosa di più dobbiamo migliorare tatticamente sul veloce. Per il numero 1 però si devono combinare dei fattori ed è un posto per un solo giocatore, in questo momento Jannik. Ma la Top 5 possiamo raggiungerla nel giro di un paio d’anni”. E a proposito di Sinner, Tartarini è netto: “È stato un fenomeno nel gestire le pressioni derivanti da una situazione molto particolare. Nei tre mesi si è allenato, ma la partita è la partita. Al rientro un po’ di fatica si fa, è stato così anche per lui. Ma ha superato bene l’esordio e ovviamente ha i margini per crescere”.

Nel frattempo, Roma si fa sentire. Dentro e fuori dal campo. “È impegnativo. Il pubblico è calorosissimo e in campo ti aiuta, ma fuori triplicano le interviste e i tifosi ti chiedono tante foto e autografi. Nell’arco di due settimane le energie vanno gestite bene perché le giornate sono pesanti. Due giorni fa siamo arrivati alle 8 per il singolare e siamo andati via a mezzanotte dopo il doppio”. E ora la sfida con Medvedev. Uno che nel 2023 lo ha battuto due volte nel giro di pochi giorni. Ma sulla terra, è tutta un’altra storia. “Nel 2023 ci giocammo due volte in una settimana e mezzo perdendoci. Sulla terra però è un altro sport, ma anche qui dovremo giocare parecchi scambi, lui parte da lontano e gradisce il punto lungo. Lorenzo deve accettare questa situazione ma allo stesso tempo deve provare a far gioco, portando Daniil sul dritto dove risulta meno fastidioso. Serviranno anche variazioni e smorzate. Sarà una partita dura, ma è nelle nostre corde e si andrà per vincere”. Non è solo strategia. È un messaggio. Musetti oggi ha il gioco, la testa e il team per restare. E soprattutto per salire. Non è più una questione di “se”, ma di “quando”.